Pensieri Sparsi

Lasciare andare


E’ sempre stato estremamente complicato per me, eppure non ho scelta questa volta.
Anzi una scelta ce l’ho, in fin dei conti l’ho sempre avuta: me stessa.
Ho scoperto che la mia non è mancanza di empatia, si chiama amore per me stessa quello che non mi consente di essere semplicemente un di più.
L’ho capito nel momento stesso in cui è stato chiaro che se devo chiederlo, non lo voglio più. Se devo chiederlo, non mi serve. Se non è reciproco, non lo voglio.
Comprensiva non lo sono mai stata. Ma chi dice che questo sia un difetto? 
Non voglio comprendere i cambi d’umore, a meno che non siano i miei, nè le scuse o la stanchezza del lavoro che mi assorbe così tanto da atrofizzare le mie dita e impedirmi di formulare anche una semplice frase: buongiorno, sono vivo.
No, la comprensione proprio non è arte mia e mi spiace se ho illuso qualcuno del contrario. Non sono mai stata brava ad essere messa da parte, ad essere un accessorio e non una priorità; non ne sono capace e non me ne dispiace. Mi rammarico di esserlo diventato di colpo per chi per troppo tempo è stata una mia priorità, nonostante tutto. Nonostante tutti.

Succede. Anche ai migliori capita di prendere un abbaglio e, in fin dei conti, chi sono io per non potermi permettere il lusso di sbagliare? Avrei dovuto ascoltare di più, te ne do atto. Sono settimane che tra stupide emoji a forma di cuore e parole urlate al telefono che, a modo tuo, hai provato a dirmelo ma ho scoperto di avere la sindrome di Blanco e non ho dato ascolto a quello che, in fin dei conti, ho sempre saputo.

Se mi dici che non faccio più parte delle tue priorità
Cerco di capire se la tua bugia è la verità.

Sapevo ci fosse un motivo se queste parole le sentivo mie; ma sono stonata come una campana e le mie emozioni non mi porteranno sul palco di Sanremo a distruggere rose per placare la mia rabbia. Forse anche di questo mi rammarico.

Lasciare andare. Smettere di guardare il telefono aspettando che suoni di nuovo, mille volte come accadeva non più tardi di qualche giorno fa. Lasciare andare. Non aspettare messaggi e stranamente non dover sedare l’istinto di scrivere ancora una volta le stesse parole. Mi aspettavo che tu facessi…non aspetto più nulla.

Non mi importa più; lo ripeterò fino a quando sembrerò sincera, dicono che dovrebbe funzionare. Forse hanno ragione, o forse no, ma neanche questo ha più importanza; come non ne ho più io…come hai smesso di averne tu.

Passerà. Sorrido nel pensare a questa parola che racchiude in sé il sunto di mesi interi di vita vissuta. Passerà. E anche questa volta mi sento un po’ Blanco, dovrei iniziare a pensare di darmi alla musica per esorcizzare le nuvole che si addensano nella mia testa mentre quella voce così familiare diviene un flebile eco che fatico a riconoscere. Passerà e resteranno solo i ricordi, fino a quando sbiadiranno anche quelli e tutto tornerà ad essere un immenso nulla. 

Lasciare andare, la più grande forma di egoismo. La più pura forma d’amore.

Pensieri Sparsi

Ci si perde nel silenzio.


Ci si perde nel silenzio.

Lentamente come lo scorrere del tempo che dilata ogni residuo di sentimento.

Incessantemente, come quelle promesse disilluse che svaniscono nel vento.

Inesorabilmente, come ogni telefonata attesa e mai arrivata in tempo.

Ci si perde in silenzio.

Tra le parole che non ha più senso pronunciare, tra le scuse che ti sei annoiata di sentire e quelle pezze colorate che non ti fanno sorridere più.

Tra le inutili parole di chi pensa di sapere cosa sia giusto per te senza capire minimamente cosa tu possa avere nella testa.

Ci si perde. Semplicemente.

Pensieri Random di una 15enne · Pensieri Sparsi

Polizia della ciacionità…


Che ultimamente io abbia avuto problemi con i ciacioni è cosa ormai nota, ma qui credo che si stia esagerando. Ognuno di noi ha bisogno di una isola felice in cui i pensieri si vanno a riposare e la mia, da oltre più di metà della mia vita, è sempre stata una bella isola morbida e bionda.

Un po’ come una certezza, nonostante gli anni che inesorabilmente passano e che ci costringono a crescere, nonostante i problemi della vita che ci costringono a cambiare prospettiva, nonostante tutto insomma la mia isola felice è sempre stato un unico punto fermo nella mia vita da adolescente troppo cresciuta.

Bellino eh? Il termine di paragone contro cui ogni uomo passato nella mia vita si è dovuto ingiustamente scontrare: come puoi anche solo immaginare di vincere un duello contro la perfezione? Come ci si può avvicinare al Sole? Spoiler Alert: semplicemente non puoi.

Ho sempre difeso il sacrosanto diritto di perdersi nella bellezza di un sogno, di vivere nell’illusione della perfezione di un’illusoria ed eterea realtà frutto di una fantasia ancora adolescenziale che non ha smesso di donare un bagliore aureo alla fonte delle sue fantasie primordiali.

Eppure poi esiste lo scontro frontale con la realtà (e anche con l’idiozia delle fans di questo uomo, ma questa è un’altra storia).

L’8 Marzo 2023 i miei ormoni sono suicidati!!!

Visibilmente ingrassato e ritratto in una pessima postura mentre beve vino e fuma come un qualsiasi 60enne pensionato che si gode la vita sul suo yacht. Va beh lo yacht non è il suo, si tratta di un charter di lusso in Australia; non sono sicura che stia bevendo del buon vino o di cosa stia fumando (e neanche mi interessa), per arrivare ai 60 anni ne deve vivere altri 17. Ma questi sono dettagli.

Il mio sguardo si perde fissando questa ultima foto e mi domando dove sia finito l’uomo perfetto dei miei sogni ma soprattutto dei selfie patinati e levigati dalle luci e dai filtri con cui lui stesso riempie il mondo avido dei social (quando smette di ammorbarci l’anima con stucchevoli post sulla famiglia). Osservo triste questa immagine e le mie orecchie riescono ad immaginare il suono immondo del rutto che sembra essere in procinto di smollare da qui a poco e, non so e

Una volta mi piaceva Nick Carter…poi è diventato così!!!

Il mondo è un posto veramente triste! 🥺

…almeno fino al prossimo selfie fintamente perfetto!!!

Pensieri Sparsi

/do·màn·de/


𝙷𝚘 𝚜𝚖𝚎𝚜𝚜𝚘 𝚍𝚒 𝚏𝚊𝚛𝚎 𝚍𝚘𝚖𝚊𝚗𝚍𝚎 𝚚𝚞𝚊𝚗𝚍𝚘 𝚑𝚘 𝚌𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘 𝚍𝚒 𝚊𝚟𝚎𝚛𝚎 𝚝𝚞𝚝𝚝𝚎 𝚕𝚎 𝚛𝚒𝚜𝚙𝚘𝚜𝚝𝚎. 🌻

Il vero problema è che, anche quando tutto è palesemente chiaro di fronte ai nostri occhi, ci ostiniamo a non voler vedere la realtà, anche quando è così cristallina da non aver bisogno di interpretazioni. Facciamo domande stupide aspettando di ascoltare quelle bugie che placheranno quella vocina che lucidamente ti sussurra la verità; quando le bugie non arrivano continuiamo a fare domande quasi fino a sfiorare il ridicolo. Ma le risposte sono tutte lì. Sono sempre state lì.

Pensieri Sparsi

365 giorni – Addio 2022


Mi ero ripromessa di non infliggermi l’ultima tortura di quest’anno ritrovandomi di fronte ad un foglio bianco a passare in rassegna gli ultimi 12 mesi appena trascorsi. 
Abbiamo capito che la coerenza non è propriamente il mio forte.

Ci sono anni talmente ricchi di meraviglia che pensare di racchiuderne l’essenza a parole è una sfida dal sapore dell’impossibile, sono quegli anni che racchiudono nelle loro ultime ore una profonda malinconia, quelli che vorresti non finissero mai per paura che la loro buona stella possa smettere di splendere di colpo allo scoccare della mezzanotte, quelli che saluti con gli occhi lucidi di emozioni e speranze, quelli che rivrivesti come in un magico rewind. 

E poi ci sono gli anni come questo 2022 in cui conti i minuti che mancano alla sua fine, come se il dodicesimo rintocco potesse annullare il sortilegio di cui, per forza di cose, siamo stati vittima per gli infernali dodici mesi trascorsi.

Come ogni anno, quando mi appresto a dare un senso al tempo trascorso, dedico del tempo all’archivio delle mie stories di instagram e mi perdo tra le immagini dei giorni passati, le immagini che ho deciso di mostrare quelle del racconto che ho deciso di condividere non quelle che narrano la vera storia.

E’ così strano come delle migliaia di foto pubblicate io ricordi ogni minuscolo retroscena; è proprio nel non detto e non mostrato di quelle immagini che ritrovo me stessa ed i miei pensieri, i miei sorrisi finti e gli occhi spenti, i cuoricini nascosti e le parole delle canzoni frivole che in realtà parlavano di me, di quello che era successo poco prima o sarebbe successo poco dopo, la serenità di un gelato, l’ansia nascosta dietro gli occhiali da sole. Forse solo io scorgo la vera me in quel mucchio di foto simpaticamente instragrammabili.

365 infiniti giorni in cui ho ricominciato a viaggiare, i concerti non sono stati più un malinconico miraggio, gli abbracci sono tornati reali e Nick Carter mi ha dimostrato che dopo anni ancora si ricorda di me. 

365 infiniti giorni in cui ho capito l’importanza di un abbraccio, delle chiacchiere di notte seduti sugli scogli fissando la luna, delle telefonate fatte di silenzi, degli aperitivi al tramonto, dei gelati grandi come la mia faccia, del tempo sottratto alla ricerca di un sorriso, dei baci rubati quando il mondo è troppo distratto, delle chiacchiere leggere, delle giornate passate al mare, del messaggio del buongiorno del mattino.

365 infiniti giorni che hanno cambiato la mia percezione della vita mostrandomi la fragilità dell’equilibrio su cui viviamo, rivelandomi la finzione dei rapporti vuoti di cui mi ero circondata, quelli che svuotato l’ennesimo bicchiere si sono dispersi come fumo.

365 infiniti giorni in cui ho dimenticato tutto quello che avevo imparato sulla gestione delle emozioni, ho sentito troppo o troppo poco mentre il mio umore era imprigionato in una costante montagna russa che mi ha lentamente sfinito.

365 infiniti giorni in cui ho imparato a contare le amicizie sulle dita di una mano e a smettere di voler giustificare gli atteggiamenti di chi non ha rispetto per il mio dolore e la mia felicità, a lasciar andare via i pesi morti senza voler per forza dare un senso al fallimento della fiducia a loro donata, a smettere di rincorrere chi non ha tempo da dedicarmi.

365 infiniti giorni che mi hanno logorato lentamente frantumandomi in minuscoli pezzettini che sto ancora imparando a tenere insieme, che hanno spalancato quelle crepe da cui le nubi nere hanno ripreso ad invadere la mia testa fino a togliermi il respiro, che mi hanno fatto dimenticare chi sono.

365 infiniti giorni che hanno ripreso a far battere fin troppo forte il mio cuore stringendomi la gola, che mi hanno costretta a combattere di nuovo contro quei demoni che credevo sepolti, che mi hanno ricordato che anche se sono stanca non mi posso permettere di mollare.

365 infiniti giorni di un anno a cui sono sopravvissuta…anche grazie a te.

Pensieri Random di una 15enne · Pensieri Sparsi

ᴅᴇᴠᴀsᴛᴀɴᴛᴇ


Che la vita fosse imprevedibile quest’anno avrei dovuto impararlo in diversi modi. Eppure anche questa volta mi sono scoperta impreparata al flusso di emozioni che mi hanno travolto.
Ci sono viaggi che semplicemente nascono storti; le quasi 9 ore di ritardo dell’aereo alla partenza avrebbero dovuto essere un buon segno. Beh anche la fenomena che, incapace di affrontare una discussione, ha tirato fuori dallo zaino il distintivo pensando che cambiassi i miei toni al suono della parola carabiniere come segno non era niente male a pensarci bene.

Storta va, diritta viene!

Ho iniziato a ripeterlo come un mantra per placare la mia ansia crescente e staccarmi quella sensazione negativa che mi si era appiccicata addosso da qualche giorno. L’ho ripetuto mentre imprecavo in duplice lingua contro Booking perché mi avevano annullato la prenotazione del taxi che ci avrebbe portato in albergo. L’ho ripetuto quando, nel bel mezzo di una turbolenza, l’aereo ha iniziato a sobbalzare violentemente e, per la prima volta dopo decine e decine di voli, ho dovuto chiudere gli occhi e respirare a fondo per combattere il panico che mi aveva iniziato a spezzare il respiro dal profondo della mia essenza. L’ho ripetuto anche quando, con sorriso stanco, ho notato che l’autista di Uber si stesse accertando che fosse tutto ok con l’albergo ed è andato via solo dopo essersi assicurati che il receptionist di turno alle 5 del mattino avesse aperto le porte per farci entrare. 
L’ho ripetuto così tante volte da aver costretto la mia testa a crederci fino ad ignorare la doccia fin troppo tiepida del mattino seguente.


Ho iniziato ad immergermi nell’ultima città del piccolo tour di questo autunno, inseguendo spot Instagrammabili e foliage autunnale in palette con il mio outfit. Si dice che Londra sia sempre una buona idea (o forse era Parigi?) e, nonostante la fastidiosa pioggerella che sembrava mettersi in pausa giusto il tempo di scattare qualche foto, non avrei potuto assolutamente non essere d’accordo con questa affermazione. Nonostante continuassi a lottare silenziosamente contro quella fastidiosa sensazione che sembrava non volesse proprio abbandonarmi, la giornata è trascorsa piacevolmente. 
Forse questa volta mi sbaglio: andrà tutto bene.

Ore 20:57
Una notifica di whatsapp: una foto. Uno screenshot, volendo essere precisi.
Non ci credo. Ma è vero?

Mi piacerebbe raccontare di aver avuto una reazione diversa, farebbe di me una persona migliore probabilmente. Ma sarebbe una stupida bugia mal raccontata: che la fine di Aaron Carter fosse tristemente già scritta lo sapevamo tutti, che quella fine dovesse arrivare in quel momento un pò meno. Seduta sul divano di casa mia probabilmente avrei provato d’impeto più empatia per la tragica fine di un uomo di appena 34 anni; immersa nelle luci di una città a me straniera ho provato, egoisticamente, solo tanta rabbia. Le mie sensazioni non sbagliano mai.
Il mio viaggio a Londra aveva mille e più significati per me: non rappresentava solo la fine di quel tour che mi aveva riavvicinato alla vita che il Covid mi aveva portato via, non era solo l’ultima possibilità di abbracciare il mio Ciacione prima che tornasse dalla parte opposta del mio mondo, non era solo un viaggio di famiglia, non era solo  la sorpresa che dopo 24 anni avrei voluto fare a mia madre. Era la dimostrazione che per quanto la vita ci provi a buttarti giù, c’è sempre il sole dopo la pioggia. E Aaron Carter aveva portato la tempesta.

Sul mio telefono è iniziato un susseguirsi di messaggi, di fastidiose supposizioni su come si sarebbero svolti gli eventi, di ipotesi odiose in cui tutti sapevano cosa sarebbe accaduto, quale sarebbe stata la cosa migliore, ma nessuno sapeva un cavolo. Me compresa. Tutti soffrivano per una perdita che non gli apparteneva mentre io scorrevo con gli occhi quelle parole che asetticamente mi parlavano di rimborsi. 
Quando una notizia ti colpisce in faccia come uno schiaffo a man rovescio ci metti un pò per assaporarne davvero l’essenza; razionalmente so cosa avrei dovuto provare, ma sfido chiunque a riuscire ad elaborare pensieri diversi da quelli che si sono affollati nella mia testa in quelle ore.
Tornata in albergo ci ha pensato l’assenza di acqua calda in tutto l’edificio a darmi il colpo di grazia: qualcuno me la stava palesemente tirando. E a sto giro gli stava riuscendo anche piuttosto bene. Sono andata a letto spegnendo totalmente i pensieri: non avrei potuto in alcun modo avere controllo sugli eventi del giorno dopo, ma sulla mia reazione ad essi si.

Al mio risveglio, il mattino seguente, ho controllato in maniera ossessiva la casella mail e Twitter alla ricerca di ogni piccolo indizio che mi avesse suggerito come sarebbe stata la giornata: il nulla cosmico! Frasi inutili scorrevano l’una dietro l’altra: cordoglio, illazioni, lamentele, supposizioni, selfie con frasi struggenti per attirare l’attenzione, liti inutili sulle sensazioni da provare. Il nulla più assoluto. Gente che non sapeva se lasciare casa per recarsi al palazzetto, gente che, seduta sul divano di casa propria, inveiva contro chi si stesse domandando se il concerto sarebbe stato annullato. Chiacchiere vuote ed inutili.
Il problema di fondo è sempre lo stesso: tutto si riduce alla prospettiva da cui vedi le cose, quella prospettiva che ti regala solo una piccola visione dell’intera vicenda.
Un uomo di 34 anni era morto da poche ore. Il fratello dell’uomo che da anni mi regala sorrisi era morto da poche ore e io continuavo a pensare allo stipendio speso per vedere mia madre emozionarsi come avevo fatto io mille volte; al momento di felicità che quel destino infame mi stesse negando dopo un anno che tutto era stato fuorché facile. E no, non mi sentivo egoista neanche un po ‘.

Dovrebbero annullare le ultime date del tour.

Altisonante risuonava questa frase sui social ed io avevo iniziato ad accarezzare l’idea che con tutti i soldi che mi avrebbero dovuto rimborsare alla fine di questo viaggio avrei potuto tranquillamente andare dall’altra parte del mondo per riabbracciare il mio Ciacione e concedermi tanto shopping terapeutico. Non tutti i mali vengono per nuocere se affrontati con il giusto mood e io il giusto mood avevo intenzione di ricercarlo. Ho riposto in valigia il vestito fuxia che avrebbe dovuto accompagnare il caffè del pomeriggio e ho remixato uno degli outfit jeans e maglioncino: nessun vestito dovrebbe essere sprecato quando hai la possibilità di fare belle foto. 

Ho trascorso la mattina ignorando il peso che sentivo sullo stomaco, incapace di smettere di controllare come un’ossessa se ci fossero aggiornamenti ho dissimulato una tranquillità che probabilmente mai avevo avuto in questo viaggio. Colazione, passeggiata, foto, shopping, foto e infine pranzo domenicale. Tutto sempre ricoperto da quella pioggia che, sempre più insistente, martellava nel mio cervello quasi più dell’assenza di notizie (o forse del ridicolo susseguirsi di ipotesi rincorrendo stories di un Dj a cui forse non era ben chiaro cosa si potesse o non potesse dire).
Indossare l’outfit per il Meet & Greet non è mai stato così mestamente ansiogeno: ho risistemato il trucco cercando di ricordarmi di sorridere e non rischiare di unire il broncio alle mie solite rughe di espressione. Venire bene in foto è un lavoro faticoso e il sarcasmo con cui affronto il tutto è la mia arma vincente. Il tragitto fino all’O2 Arena mi è sembrato infinito; un misto di emozioni contrastanti ha pian piano preso possesso della mia testa rendendomi impossibile anche solo lontanamente il restare lucida. La triste consapevolezza che non avrei ricevuto un suo abbraccio faceva a cazzotti con la paura di trovarmi di fronte i suoi occhi pieni di dolore: cosa avrei realmente affrontato al meglio? 
Forse solo in quel momento me ne stavo rendendo davvero conto: a quale delle due ipotesi ero meno preparata? Lo avrei scoperto di lì a poco, in realtà.

Eravamo in fila, nella speranza che il gate fosse quello giusto, quando con un’espressione mestissima è comparso Eddie:
Nick non sarà presente al Meet & Greet. Dovrebbe esserci stasera al concerto. Se volete, potete chiedere il rimborso.
Sono convinta di non avere avuto reazioni, in fin dei conti sapevo che questa sarebbe stata la cosa più ovvia (e giusta) che sarebbe potuta succedere in quel momento eppure il sorriso sul mio viso deve essersi spento di colpo. Potete chiedere il rimborso. Vorrei poter ammettere di non aver neanche lontanamente accarezzato l’idea; mentirei consapevole di mentire. Quante volte ho ironizzato sul fatto che se non ci fosse stato il Ciacione non avrebbe avuto alcun senso  un evento e avrei preteso il rimborso? Sarebbe stato un mio sacrosanto diritto. Questa volta però non si parlava solo di me! Fino a qualche istante prima con mia madre stavamo facendo la prova del sorriso, immaginando come avrebbero reagito le sue amiche nel vedere la sua foto con i Backstreet Boys e, nonostante lei continuasse a ripetere di accettare la restituzione dei soldi, non avrei mai potuto sottrarle questa esperienza. Non avrei potuto privarla di questa emozione. 

Ho incontrato i 4 tizi che cantano con Nick Carter. Ehm ho incontrato i Backstreet Boys.
Ed è stato stranissimo!!!
La sequenza in cui era disposti era sempre la stessa. O quasi.
Varcato il pannello di separazione, i miei occhi non hanno trovato subito il Sole ed il suo sorriso ad accogliermi. 
Il primo al mio cospetto è stato Howie. Questa volta l’ho guardato davvero e, forse per la prima volta, non mi ha fatto tanto simpatia il suo atteggiamento quasi distaccato. Alex mi ha abbracciato con delicata gentilezza e, davvero, per la prima volta mi sono concentrata sulla carineria dei suoi gesti. Poi un colpo al cuore, quel vuoto così grande da togliere il fiato. La percezione che quel momento non avrebbe mai avuto lo stesso magico sapore. È stata frazione di secondo, quella che serve per cambiare una consolidata routine e farmi ritrovare di fronte a Kevin con il suo solito abbraccio stritolante. E infine un raggio di luna: Brian. Ma è sempre stato così bello? Mi ha abbracciato forte (e con quei braccioni è davvero tutto un dire) e mi ha sorriso; ha preso in mano le redini della questione trascinandomi al centro per avere una foto ben centrata. Ho percepito la tenerezza nei suoi gesti e questo mi ha confuso parecchio.  Perché non avevo mai notato tutti questi dettagli? Sono stati l’amore, dovrei essere fulminata se solo pensassi il contrario eppure non è stata la stessa cosa. Mancava lui: la sua assenza era la maggior presenza che potessi percepire. 
Solo chi sa di cosa io stia parlando può comprendere il mio delirio e capire la malinconia di una giornata grigia senza Sole.

Poi è entrata la mia mamma e tutto ha cambiato colore.
La hanno accolta come si fa con una persona a cui tieni tantissimo, circondandola di attenzioni e gentilezza; continuavano a chiamarla mamma e a ringraziarla per l’aver condiviso quel momento con me, rendendo quegli istanti un ricordo speciale che conserverà per sempre nel suo cuore. Non l’ho mai vista sorridere ed emozionarsi in quel modo. Ha percepito un poco di quell’amore che mi porto sempre via ogni qualvolta che li vedo, ha capito i miei piccoli istanti di felicità, ha capito che i sogni si realizzano e la vita può essere piena di piccoli istanti di magia.
Sono troppo belli. Quando sei li, non vuoi più andare via. Quando possiamo vederli di nuovo?
Non era stato proprio come lo avessi immaginato, eppure era stato bellissimo. Un’emozione che difficilmente trova voce in delle semplici parole. La magia aveva avuto effetto anche su di lei, seppure senza Sole.

Un unico interrogativo ha turbato le successive ore fatte di un giro al centro commerciale, una pizza che poi non era così da schifo, messaggi vocali alle amiche di sempre per condividere le emozioni e chiacchiere con sconosciute in fila per il bagno:
Lui ci sarebbe stato su quel palco? 
La risposta è arrivata poco dopo quando, con il cuore che batteva sempre più forte man mano che le stesse immagini ormai imparate a memoria scorrevano sul maxischermo, sono comparsi sul palco: tutti e cinque. L’arena è esplosa. Mai come in quella frazione di secondo ho sentito le urla raggiungere una potenza del genere: era un abbraccio rumoroso, un chiassoso ringraziamento verso chi, nonostante il dolore, aveva scelto di essere sul quel palco e metterci anima e corpo. Questo lo avremmo visto solo poco dopo, ma la sua presenza era bastata per innescare una bomba di energia a cui mai avevo assistito prima di quella serata.

Era il mio nono concerto di questo tour iniziato nel 2019: Milano, Zurigo. Praga, Los Angeles, Anaheim, Amsterdam, Bologna, Cracovia e infine Londra. Ogni tappa ha lasciato un ricordo particolare dentro di me, ma mai nella vita potrò dimenticare le emozioni devastanti provate quella sera del 6 Novembre
La piccola crepa che la sua presenza sul palco ha creato nella mia essenza è diventata uno squarcio nota dopo nota, canzone dopo canzone; i miei occhi si sono riempiti di lacrime che non sono riuscita a controllare per tutta la durata dello spettacolo. Ancora oggi, scrivendo questo resoconto, sento quella sensazione di pugno allo stomaco che mi ha colpito con violenza quella sera: nell’aria c’era rabbia e dolore, amore e compassione, cordoglio e gioia di vivere. Il tutto e il niente. Essere con mia madre, percepire l’importanza della famiglia, ha moltiplicato quelle emozioni che da tempo avevo iniziato a temere di aver perso per sempre. Quando per l’emozione gli si è strozzata la voce ho sentito un pezzo del mio cuore frantumarsi in mille frammenti che si sono conficcati violentemente nella mia anima. Il suo dolore era il mio, la sua sofferenza era la mia, la sua rabbia la percepivo fino al centro del mio midollo. La forza delle emozioni che mi hanno travolto come una valanga mi ha devastata.

Potrei spendere migliaia di parole per spiegare come si possa condividere il dolore di un perfetto sconosciuto al punto tale di percepire un concerto quasi come se fosse un funerale, ma sarebbero parole sprecate. Solo chi sa davvero di cosa io stia parlando può capire questo amore profondo ed innaturale che mi porto dentro da praticamente tutta la vita; un amore che confonde la mia essenza e manda a puttane la mia razionalità. Sono passati dieci giorni e ancora sto elaborando le emozioni di quella sera.

You think you know, but you have no idea.

Pensieri Sparsi

E tu lo senti che è arrivato l’inverno?


Le foglie ingiallite del foliage autunnale le abbiamo osservate cadere intorno a noi fino ad avvolgerci completamente con i loro toni caldi. L’azzurro del mare ha abbandonato i nostri occhi ormai da un pò, lo sciabordio delle onde che si infrangono è divenuto eco nella memoria del nostro udito. Tutto lasciava presagire il ritorno dell’inverno. Ci siamo preparati da sempre per questo momento, eppure ci ha colti impreparati. Ancora una volta. Mi ha colta impreparata, in fondo ho sempre amato l’estate.

La bella stagione è finita. L’autunno ci ha risucchiato…ed inesorabilmente l’inverno è tornato. Ancora una volta.

Nessun melodramma accompagnerà questo cambio di stagione. Osservo la valigia già pronta per essere riempita per il prossimo viaggio che lentamente mi fagociterà nella mia vecchia vita mentre tu farai ritorno al tuo porto sicuro. Le ultime note della melodia delle nostre anime che si incontrano sfumeranno insieme al vento che ci porterà lontano.

Gli addii non sono per sempre. Gli addii non sono la fine.
Significano semplicemente che mi mancherai fino a quando ci incontreremo di nuovo.

Pensieri Sparsi

One phone call


L’ho aspettata quella telefonata. Ho guardato il telefono come una teenager degli anni 90 aspettando che suonasse da un momento all’altro. Seduta su quella chaise-longue, circondata da sconosciuti, ho lasciato i pensieri finalmente liberi di vagare in attesa dell’apertura del gate che mi avrebbe portato nuovamente nel frullatore della mia vecchia vita.

È cambiato tutto o non è cambiato niente?

Il tuo volto sul mio schermo. Il mio sorriso, e di rimando il tuo. L’apertura del gate, la mia vecchia vita mi ha strizzato un occhio.

Non è cambiato niente. È cambiato tutto.

Pensieri Sparsi

Esserci.


Ho sempre immaginato che quando qualcosa di veramente brutto accade nella tua vita il resto perdesse di importanza, come se di colpo tutto il superfluo svanisse e non riuscissi a vedere oltre quello necessario. Mi sbagliavo. Quando la tua vita viene travolta da una valanga che ancora non riesci a comprendere, la prima cosa che cerchi di fare è restare a galla provando a ricordare come si facesse a respirare; subito dopo i tuoi occhi iniziano a muoversi freneticamente alla ricerca di chi hai intorno, della mano tesa che ti offre aiuto, della spalla su cui riversare le tue lacrime, del sorriso che riscalda la solitudine che la sofferenza porta con sé.

Ti ritrovi ad odiare tanto il rumore quanto il frastuono del silenzio assordante di cui ti circondi; temi che il vuoto che senti dentro possa risucchiarti lentamente fino a farti scomparire e che la rabbia che ti logora possa mutare il colore dei tuoi occhi tingendo di nero la tua anima. Sai che devi essere forte, se lo aspettano tutti da te, ma ti senti così debole e spaventata che a volte, per quanto possa ucciderti dentro, lasci vincere la paura e finisci per guardarti intorno e, con un grande stupore, ti rendi conto di quanto importante e diverso sia lo scenario che ti circonda. Almeno questo è quello che è accaduto a me.

Sono passate ormai tre lunghe settimane da quando, come nei peggiori incubi, la mia vita è finita in un frullatore. Ma questa non è la maxi storia di come la mia vita è cambiata, capovolta sotto sopra sia finita, per quel racconto li penso di avere bisogno di tempo, tanto tempo, per metabolizzare quanto successo. Questo è semplicemente la fotografia di quello che, nel momento peggiore della mia intera vita, ho trovato di fronte a me, di quello che mi ha scaldato il cuore e di quello che mi ha deluso nel profondo.

Quando le brutte notizie arrivano in piena notte, il primo nome da chiamare che compare nella tua mente è, senza ombra di dubbio alcuno, quello della persona di cui più ti fidi al mondo. L’unica a cui sei certa non servano troppe spiegazioni per essere accanto a te: la mia persona vive letteralmente dall’altra parte del mondo. Un messaggio con un’unica parola, Tesor, ed il mio telefono ha iniziato a squillare perché sono certa che ti sia successo qualcosa. E’ stata la persona che ha accolto le prime parole sconnesse e le amare lacrime che hanno bagnato i miei occhi, quella che ha abbracciato il mio sgomento facendolo un po’ suo, quella che calmato i miei singhiozzi provando a razionalizzare l’irrazionalizzabile. Il sostegno emotivo senza il quale sarei stata persa in questi giorni.

Il secondo nome è quello della persona di cui hai bisogno: la mia persona era forse quella più sbagliata, quella che su carta non mi avrebbe dovuto un bel niente figuriamoci starmi vicino in un momento del genere, quella che ho provato fallimentarmente ad allontanare per tutto l’inverno, la stessa che al mio messaggio sbigottito ha reagito con una telefonata fottendosene di tutto il resto. La persona che in questi giorni mi ha dato tanto, forse troppo, e anche di più, senza lasciarmi sola, anche quando non poteva fisicamente essermi vicino o quando, in preda all’ansia, gli ho reso un inferno ogni tentativo. La prima che ho visto da quando questo incubo è iniziato. Sembri un cadavere questa sera. Il primo abbraccio, quello che, almeno per un attimo, ha calmato tutti i pensieri bui che affollavano la mia mente. Quella che mi ha portato a vedere il mare perché è di questo che hai bisogno, quella che mi ha ascoltato piangere e ripetere le stesse cose come un disco rotto, che ha sopportato i miei capricci e ha provato a disinnescare i miei pretesti per litigare. Quella persona che ha creato la Giornata Mondiale dei Bacini solo per intasarmi il telefono di stupide emoticon e strapparmi un sorriso; quella che ha passato giorni a ripetermi non devi aspettarti nulla perchè poi resti delusa per poi ammettere di essere stata più agitata di me, nonostante i tentativi di calmarmi. Quella persona che ha aspettato un’ora e mezza e fatto 50 km in più solo per passare del tempo con me e farmi parlare, quella della colazione che ti calma in un giorno troppo complicato. Quella che ti sono vicino perché è normale che sia così, perché ci tengo tanto a te. 

E poi c’è la persona ritrovata! Quella con cui le strade si erano divise da mesi ma che, in un momento del genere, è nel posto dove forse è giusto che sia: accanto a te. Senza troppi se, senza alcun ma, nonostante tutto ha scelto di mostrarsi forse anche superiore a me e semplicemente essere presente quando ogni certezza sembra svanire, quando mantenere tutti i pezzi insieme sembra impossibile. Sono sempre di famiglia. Certe cose, forse, neanche il tempo può cambiarle alla fine.

Esserci! Tutto gira intorno ad un semplice verbo alla fine. Esserci, semplicemente volerlo fare. 
Quando qualcosa di veramente brutto accade nella tua vita ti guardi intorno, ma lo fai davvero! Scorri i messaggi sul cellulare e ti ritrovi mentalmente a stilare una lista, ad incolonnare le persone, a catalogarle.  Le persone che si sono sedute al mio fianco stringendomi la mano senza mai lasciarmi sola sono essenzialmente tre. La prima, la seconda e la ritrovata.

Poi c’è chi ci prova: chi ti conosce da una vita eppure non trova le parole giuste da dirti ma trova il modo di farti sentire la sua presenza, quella che ti chiede di uscire perchè hai bisogno di distrarti, chi anche solo con un messaggio (forse pure di circostanza) ti fa sentire il suo supporto. C’è quel collega che non se ne fa una ragione e il capo che ti concede tutta la flessibilità di cui hai bisogno, la collega che ti ricorda che devi essere forte perchè altrimenti il mondo sarebbe meno rosa. C’è l’amica che ti scrive tutti i giorni, più volte al giorno, solo per sapere se ci sono novità, se stai bene; quella con cui, in questi giorni assurdi, ti lascia parlare di ragazzi perchè così il mondo sembra più normale anche a te.

Poi c’è chi il messaggio non te lo manda per niente, chi millanta a parole una vicinanza mai palesata in tre lunghe settimane, chi ti chiede come stai e manco si accorge che non stai rispondendo alla domanda, chi ti promette di uscire e poi sparisce e chi ti chiede di farlo solo perchè ha bisogno di un favore. Chi chiamami se hai bisogno, ma non ho avuto tempo di chiederti come stai, chi troppo preso dai suoi psicodrammi neanche si è reso conto che stai passando l’infermo.

Sono tre settimane che mi viene ripetuto che non è facile sapere come comportarsi in alcune situazioni, le parole da trovare, i gesti da fare. Mi dicono di non essere severa con chi non riesce a trovare la strada per starmi vicino; ascolto, annuisco e fingo di essere d’accordo! Chi tiene a te, il modo lo trova sempre. Chi tiene a te, quando stai male, non riesce neanche a pensare che esista un modo giusto o sbagliato di starti vicino. I tuoi problemi diventano i suoi, e le tue spalle pesano un po’ meno. Chi tiene a te sa chi sei, sa che non servono grandi parole. Esserci. È tutto lì.

So perfettamente chi sono, sto iniziando solo a capire chi ho intorno davvero.

E non mi piace così tanto.