Pensieri Random di una 15enne · Pensieri Sparsi

Polizia della ciacionità…


Che ultimamente io abbia avuto problemi con i ciacioni è cosa ormai nota, ma qui credo che si stia esagerando. Ognuno di noi ha bisogno di una isola felice in cui i pensieri si vanno a riposare e la mia, da oltre più di metà della mia vita, è sempre stata una bella isola morbida e bionda.

Un po’ come una certezza, nonostante gli anni che inesorabilmente passano e che ci costringono a crescere, nonostante i problemi della vita che ci costringono a cambiare prospettiva, nonostante tutto insomma la mia isola felice è sempre stato un unico punto fermo nella mia vita da adolescente troppo cresciuta.

Bellino eh? Il termine di paragone contro cui ogni uomo passato nella mia vita si è dovuto ingiustamente scontrare: come puoi anche solo immaginare di vincere un duello contro la perfezione? Come ci si può avvicinare al Sole? Spoiler Alert: semplicemente non puoi.

Ho sempre difeso il sacrosanto diritto di perdersi nella bellezza di un sogno, di vivere nell’illusione della perfezione di un’illusoria ed eterea realtà frutto di una fantasia ancora adolescenziale che non ha smesso di donare un bagliore aureo alla fonte delle sue fantasie primordiali.

Eppure poi esiste lo scontro frontale con la realtà (e anche con l’idiozia delle fans di questo uomo, ma questa è un’altra storia).

L’8 Marzo 2023 i miei ormoni sono suicidati!!!

Visibilmente ingrassato e ritratto in una pessima postura mentre beve vino e fuma come un qualsiasi 60enne pensionato che si gode la vita sul suo yacht. Va beh lo yacht non è il suo, si tratta di un charter di lusso in Australia; non sono sicura che stia bevendo del buon vino o di cosa stia fumando (e neanche mi interessa), per arrivare ai 60 anni ne deve vivere altri 17. Ma questi sono dettagli.

Il mio sguardo si perde fissando questa ultima foto e mi domando dove sia finito l’uomo perfetto dei miei sogni ma soprattutto dei selfie patinati e levigati dalle luci e dai filtri con cui lui stesso riempie il mondo avido dei social (quando smette di ammorbarci l’anima con stucchevoli post sulla famiglia). Osservo triste questa immagine e le mie orecchie riescono ad immaginare il suono immondo del rutto che sembra essere in procinto di smollare da qui a poco e, non so e

Una volta mi piaceva Nick Carter…poi è diventato così!!!

Il mondo è un posto veramente triste! 🥺

…almeno fino al prossimo selfie fintamente perfetto!!!

Pensieri Sparsi

365 giorni – Addio 2022


Mi ero ripromessa di non infliggermi l’ultima tortura di quest’anno ritrovandomi di fronte ad un foglio bianco a passare in rassegna gli ultimi 12 mesi appena trascorsi. 
Abbiamo capito che la coerenza non è propriamente il mio forte.

Ci sono anni talmente ricchi di meraviglia che pensare di racchiuderne l’essenza a parole è una sfida dal sapore dell’impossibile, sono quegli anni che racchiudono nelle loro ultime ore una profonda malinconia, quelli che vorresti non finissero mai per paura che la loro buona stella possa smettere di splendere di colpo allo scoccare della mezzanotte, quelli che saluti con gli occhi lucidi di emozioni e speranze, quelli che rivrivesti come in un magico rewind. 

E poi ci sono gli anni come questo 2022 in cui conti i minuti che mancano alla sua fine, come se il dodicesimo rintocco potesse annullare il sortilegio di cui, per forza di cose, siamo stati vittima per gli infernali dodici mesi trascorsi.

Come ogni anno, quando mi appresto a dare un senso al tempo trascorso, dedico del tempo all’archivio delle mie stories di instagram e mi perdo tra le immagini dei giorni passati, le immagini che ho deciso di mostrare quelle del racconto che ho deciso di condividere non quelle che narrano la vera storia.

E’ così strano come delle migliaia di foto pubblicate io ricordi ogni minuscolo retroscena; è proprio nel non detto e non mostrato di quelle immagini che ritrovo me stessa ed i miei pensieri, i miei sorrisi finti e gli occhi spenti, i cuoricini nascosti e le parole delle canzoni frivole che in realtà parlavano di me, di quello che era successo poco prima o sarebbe successo poco dopo, la serenità di un gelato, l’ansia nascosta dietro gli occhiali da sole. Forse solo io scorgo la vera me in quel mucchio di foto simpaticamente instragrammabili.

365 infiniti giorni in cui ho ricominciato a viaggiare, i concerti non sono stati più un malinconico miraggio, gli abbracci sono tornati reali e Nick Carter mi ha dimostrato che dopo anni ancora si ricorda di me. 

365 infiniti giorni in cui ho capito l’importanza di un abbraccio, delle chiacchiere di notte seduti sugli scogli fissando la luna, delle telefonate fatte di silenzi, degli aperitivi al tramonto, dei gelati grandi come la mia faccia, del tempo sottratto alla ricerca di un sorriso, dei baci rubati quando il mondo è troppo distratto, delle chiacchiere leggere, delle giornate passate al mare, del messaggio del buongiorno del mattino.

365 infiniti giorni che hanno cambiato la mia percezione della vita mostrandomi la fragilità dell’equilibrio su cui viviamo, rivelandomi la finzione dei rapporti vuoti di cui mi ero circondata, quelli che svuotato l’ennesimo bicchiere si sono dispersi come fumo.

365 infiniti giorni in cui ho dimenticato tutto quello che avevo imparato sulla gestione delle emozioni, ho sentito troppo o troppo poco mentre il mio umore era imprigionato in una costante montagna russa che mi ha lentamente sfinito.

365 infiniti giorni in cui ho imparato a contare le amicizie sulle dita di una mano e a smettere di voler giustificare gli atteggiamenti di chi non ha rispetto per il mio dolore e la mia felicità, a lasciar andare via i pesi morti senza voler per forza dare un senso al fallimento della fiducia a loro donata, a smettere di rincorrere chi non ha tempo da dedicarmi.

365 infiniti giorni che mi hanno logorato lentamente frantumandomi in minuscoli pezzettini che sto ancora imparando a tenere insieme, che hanno spalancato quelle crepe da cui le nubi nere hanno ripreso ad invadere la mia testa fino a togliermi il respiro, che mi hanno fatto dimenticare chi sono.

365 infiniti giorni che hanno ripreso a far battere fin troppo forte il mio cuore stringendomi la gola, che mi hanno costretta a combattere di nuovo contro quei demoni che credevo sepolti, che mi hanno ricordato che anche se sono stanca non mi posso permettere di mollare.

365 infiniti giorni di un anno a cui sono sopravvissuta…anche grazie a te.

Pensieri Random di una 15enne · Pensieri Sparsi

ᴅᴇᴠᴀsᴛᴀɴᴛᴇ


Che la vita fosse imprevedibile quest’anno avrei dovuto impararlo in diversi modi. Eppure anche questa volta mi sono scoperta impreparata al flusso di emozioni che mi hanno travolto.
Ci sono viaggi che semplicemente nascono storti; le quasi 9 ore di ritardo dell’aereo alla partenza avrebbero dovuto essere un buon segno. Beh anche la fenomena che, incapace di affrontare una discussione, ha tirato fuori dallo zaino il distintivo pensando che cambiassi i miei toni al suono della parola carabiniere come segno non era niente male a pensarci bene.

Storta va, diritta viene!

Ho iniziato a ripeterlo come un mantra per placare la mia ansia crescente e staccarmi quella sensazione negativa che mi si era appiccicata addosso da qualche giorno. L’ho ripetuto mentre imprecavo in duplice lingua contro Booking perché mi avevano annullato la prenotazione del taxi che ci avrebbe portato in albergo. L’ho ripetuto quando, nel bel mezzo di una turbolenza, l’aereo ha iniziato a sobbalzare violentemente e, per la prima volta dopo decine e decine di voli, ho dovuto chiudere gli occhi e respirare a fondo per combattere il panico che mi aveva iniziato a spezzare il respiro dal profondo della mia essenza. L’ho ripetuto anche quando, con sorriso stanco, ho notato che l’autista di Uber si stesse accertando che fosse tutto ok con l’albergo ed è andato via solo dopo essersi assicurati che il receptionist di turno alle 5 del mattino avesse aperto le porte per farci entrare. 
L’ho ripetuto così tante volte da aver costretto la mia testa a crederci fino ad ignorare la doccia fin troppo tiepida del mattino seguente.


Ho iniziato ad immergermi nell’ultima città del piccolo tour di questo autunno, inseguendo spot Instagrammabili e foliage autunnale in palette con il mio outfit. Si dice che Londra sia sempre una buona idea (o forse era Parigi?) e, nonostante la fastidiosa pioggerella che sembrava mettersi in pausa giusto il tempo di scattare qualche foto, non avrei potuto assolutamente non essere d’accordo con questa affermazione. Nonostante continuassi a lottare silenziosamente contro quella fastidiosa sensazione che sembrava non volesse proprio abbandonarmi, la giornata è trascorsa piacevolmente. 
Forse questa volta mi sbaglio: andrà tutto bene.

Ore 20:57
Una notifica di whatsapp: una foto. Uno screenshot, volendo essere precisi.
Non ci credo. Ma è vero?

Mi piacerebbe raccontare di aver avuto una reazione diversa, farebbe di me una persona migliore probabilmente. Ma sarebbe una stupida bugia mal raccontata: che la fine di Aaron Carter fosse tristemente già scritta lo sapevamo tutti, che quella fine dovesse arrivare in quel momento un pò meno. Seduta sul divano di casa mia probabilmente avrei provato d’impeto più empatia per la tragica fine di un uomo di appena 34 anni; immersa nelle luci di una città a me straniera ho provato, egoisticamente, solo tanta rabbia. Le mie sensazioni non sbagliano mai.
Il mio viaggio a Londra aveva mille e più significati per me: non rappresentava solo la fine di quel tour che mi aveva riavvicinato alla vita che il Covid mi aveva portato via, non era solo l’ultima possibilità di abbracciare il mio Ciacione prima che tornasse dalla parte opposta del mio mondo, non era solo un viaggio di famiglia, non era solo  la sorpresa che dopo 24 anni avrei voluto fare a mia madre. Era la dimostrazione che per quanto la vita ci provi a buttarti giù, c’è sempre il sole dopo la pioggia. E Aaron Carter aveva portato la tempesta.

Sul mio telefono è iniziato un susseguirsi di messaggi, di fastidiose supposizioni su come si sarebbero svolti gli eventi, di ipotesi odiose in cui tutti sapevano cosa sarebbe accaduto, quale sarebbe stata la cosa migliore, ma nessuno sapeva un cavolo. Me compresa. Tutti soffrivano per una perdita che non gli apparteneva mentre io scorrevo con gli occhi quelle parole che asetticamente mi parlavano di rimborsi. 
Quando una notizia ti colpisce in faccia come uno schiaffo a man rovescio ci metti un pò per assaporarne davvero l’essenza; razionalmente so cosa avrei dovuto provare, ma sfido chiunque a riuscire ad elaborare pensieri diversi da quelli che si sono affollati nella mia testa in quelle ore.
Tornata in albergo ci ha pensato l’assenza di acqua calda in tutto l’edificio a darmi il colpo di grazia: qualcuno me la stava palesemente tirando. E a sto giro gli stava riuscendo anche piuttosto bene. Sono andata a letto spegnendo totalmente i pensieri: non avrei potuto in alcun modo avere controllo sugli eventi del giorno dopo, ma sulla mia reazione ad essi si.

Al mio risveglio, il mattino seguente, ho controllato in maniera ossessiva la casella mail e Twitter alla ricerca di ogni piccolo indizio che mi avesse suggerito come sarebbe stata la giornata: il nulla cosmico! Frasi inutili scorrevano l’una dietro l’altra: cordoglio, illazioni, lamentele, supposizioni, selfie con frasi struggenti per attirare l’attenzione, liti inutili sulle sensazioni da provare. Il nulla più assoluto. Gente che non sapeva se lasciare casa per recarsi al palazzetto, gente che, seduta sul divano di casa propria, inveiva contro chi si stesse domandando se il concerto sarebbe stato annullato. Chiacchiere vuote ed inutili.
Il problema di fondo è sempre lo stesso: tutto si riduce alla prospettiva da cui vedi le cose, quella prospettiva che ti regala solo una piccola visione dell’intera vicenda.
Un uomo di 34 anni era morto da poche ore. Il fratello dell’uomo che da anni mi regala sorrisi era morto da poche ore e io continuavo a pensare allo stipendio speso per vedere mia madre emozionarsi come avevo fatto io mille volte; al momento di felicità che quel destino infame mi stesse negando dopo un anno che tutto era stato fuorché facile. E no, non mi sentivo egoista neanche un po ‘.

Dovrebbero annullare le ultime date del tour.

Altisonante risuonava questa frase sui social ed io avevo iniziato ad accarezzare l’idea che con tutti i soldi che mi avrebbero dovuto rimborsare alla fine di questo viaggio avrei potuto tranquillamente andare dall’altra parte del mondo per riabbracciare il mio Ciacione e concedermi tanto shopping terapeutico. Non tutti i mali vengono per nuocere se affrontati con il giusto mood e io il giusto mood avevo intenzione di ricercarlo. Ho riposto in valigia il vestito fuxia che avrebbe dovuto accompagnare il caffè del pomeriggio e ho remixato uno degli outfit jeans e maglioncino: nessun vestito dovrebbe essere sprecato quando hai la possibilità di fare belle foto. 

Ho trascorso la mattina ignorando il peso che sentivo sullo stomaco, incapace di smettere di controllare come un’ossessa se ci fossero aggiornamenti ho dissimulato una tranquillità che probabilmente mai avevo avuto in questo viaggio. Colazione, passeggiata, foto, shopping, foto e infine pranzo domenicale. Tutto sempre ricoperto da quella pioggia che, sempre più insistente, martellava nel mio cervello quasi più dell’assenza di notizie (o forse del ridicolo susseguirsi di ipotesi rincorrendo stories di un Dj a cui forse non era ben chiaro cosa si potesse o non potesse dire).
Indossare l’outfit per il Meet & Greet non è mai stato così mestamente ansiogeno: ho risistemato il trucco cercando di ricordarmi di sorridere e non rischiare di unire il broncio alle mie solite rughe di espressione. Venire bene in foto è un lavoro faticoso e il sarcasmo con cui affronto il tutto è la mia arma vincente. Il tragitto fino all’O2 Arena mi è sembrato infinito; un misto di emozioni contrastanti ha pian piano preso possesso della mia testa rendendomi impossibile anche solo lontanamente il restare lucida. La triste consapevolezza che non avrei ricevuto un suo abbraccio faceva a cazzotti con la paura di trovarmi di fronte i suoi occhi pieni di dolore: cosa avrei realmente affrontato al meglio? 
Forse solo in quel momento me ne stavo rendendo davvero conto: a quale delle due ipotesi ero meno preparata? Lo avrei scoperto di lì a poco, in realtà.

Eravamo in fila, nella speranza che il gate fosse quello giusto, quando con un’espressione mestissima è comparso Eddie:
Nick non sarà presente al Meet & Greet. Dovrebbe esserci stasera al concerto. Se volete, potete chiedere il rimborso.
Sono convinta di non avere avuto reazioni, in fin dei conti sapevo che questa sarebbe stata la cosa più ovvia (e giusta) che sarebbe potuta succedere in quel momento eppure il sorriso sul mio viso deve essersi spento di colpo. Potete chiedere il rimborso. Vorrei poter ammettere di non aver neanche lontanamente accarezzato l’idea; mentirei consapevole di mentire. Quante volte ho ironizzato sul fatto che se non ci fosse stato il Ciacione non avrebbe avuto alcun senso  un evento e avrei preteso il rimborso? Sarebbe stato un mio sacrosanto diritto. Questa volta però non si parlava solo di me! Fino a qualche istante prima con mia madre stavamo facendo la prova del sorriso, immaginando come avrebbero reagito le sue amiche nel vedere la sua foto con i Backstreet Boys e, nonostante lei continuasse a ripetere di accettare la restituzione dei soldi, non avrei mai potuto sottrarle questa esperienza. Non avrei potuto privarla di questa emozione. 

Ho incontrato i 4 tizi che cantano con Nick Carter. Ehm ho incontrato i Backstreet Boys.
Ed è stato stranissimo!!!
La sequenza in cui era disposti era sempre la stessa. O quasi.
Varcato il pannello di separazione, i miei occhi non hanno trovato subito il Sole ed il suo sorriso ad accogliermi. 
Il primo al mio cospetto è stato Howie. Questa volta l’ho guardato davvero e, forse per la prima volta, non mi ha fatto tanto simpatia il suo atteggiamento quasi distaccato. Alex mi ha abbracciato con delicata gentilezza e, davvero, per la prima volta mi sono concentrata sulla carineria dei suoi gesti. Poi un colpo al cuore, quel vuoto così grande da togliere il fiato. La percezione che quel momento non avrebbe mai avuto lo stesso magico sapore. È stata frazione di secondo, quella che serve per cambiare una consolidata routine e farmi ritrovare di fronte a Kevin con il suo solito abbraccio stritolante. E infine un raggio di luna: Brian. Ma è sempre stato così bello? Mi ha abbracciato forte (e con quei braccioni è davvero tutto un dire) e mi ha sorriso; ha preso in mano le redini della questione trascinandomi al centro per avere una foto ben centrata. Ho percepito la tenerezza nei suoi gesti e questo mi ha confuso parecchio.  Perché non avevo mai notato tutti questi dettagli? Sono stati l’amore, dovrei essere fulminata se solo pensassi il contrario eppure non è stata la stessa cosa. Mancava lui: la sua assenza era la maggior presenza che potessi percepire. 
Solo chi sa di cosa io stia parlando può comprendere il mio delirio e capire la malinconia di una giornata grigia senza Sole.

Poi è entrata la mia mamma e tutto ha cambiato colore.
La hanno accolta come si fa con una persona a cui tieni tantissimo, circondandola di attenzioni e gentilezza; continuavano a chiamarla mamma e a ringraziarla per l’aver condiviso quel momento con me, rendendo quegli istanti un ricordo speciale che conserverà per sempre nel suo cuore. Non l’ho mai vista sorridere ed emozionarsi in quel modo. Ha percepito un poco di quell’amore che mi porto sempre via ogni qualvolta che li vedo, ha capito i miei piccoli istanti di felicità, ha capito che i sogni si realizzano e la vita può essere piena di piccoli istanti di magia.
Sono troppo belli. Quando sei li, non vuoi più andare via. Quando possiamo vederli di nuovo?
Non era stato proprio come lo avessi immaginato, eppure era stato bellissimo. Un’emozione che difficilmente trova voce in delle semplici parole. La magia aveva avuto effetto anche su di lei, seppure senza Sole.

Un unico interrogativo ha turbato le successive ore fatte di un giro al centro commerciale, una pizza che poi non era così da schifo, messaggi vocali alle amiche di sempre per condividere le emozioni e chiacchiere con sconosciute in fila per il bagno:
Lui ci sarebbe stato su quel palco? 
La risposta è arrivata poco dopo quando, con il cuore che batteva sempre più forte man mano che le stesse immagini ormai imparate a memoria scorrevano sul maxischermo, sono comparsi sul palco: tutti e cinque. L’arena è esplosa. Mai come in quella frazione di secondo ho sentito le urla raggiungere una potenza del genere: era un abbraccio rumoroso, un chiassoso ringraziamento verso chi, nonostante il dolore, aveva scelto di essere sul quel palco e metterci anima e corpo. Questo lo avremmo visto solo poco dopo, ma la sua presenza era bastata per innescare una bomba di energia a cui mai avevo assistito prima di quella serata.

Era il mio nono concerto di questo tour iniziato nel 2019: Milano, Zurigo. Praga, Los Angeles, Anaheim, Amsterdam, Bologna, Cracovia e infine Londra. Ogni tappa ha lasciato un ricordo particolare dentro di me, ma mai nella vita potrò dimenticare le emozioni devastanti provate quella sera del 6 Novembre
La piccola crepa che la sua presenza sul palco ha creato nella mia essenza è diventata uno squarcio nota dopo nota, canzone dopo canzone; i miei occhi si sono riempiti di lacrime che non sono riuscita a controllare per tutta la durata dello spettacolo. Ancora oggi, scrivendo questo resoconto, sento quella sensazione di pugno allo stomaco che mi ha colpito con violenza quella sera: nell’aria c’era rabbia e dolore, amore e compassione, cordoglio e gioia di vivere. Il tutto e il niente. Essere con mia madre, percepire l’importanza della famiglia, ha moltiplicato quelle emozioni che da tempo avevo iniziato a temere di aver perso per sempre. Quando per l’emozione gli si è strozzata la voce ho sentito un pezzo del mio cuore frantumarsi in mille frammenti che si sono conficcati violentemente nella mia anima. Il suo dolore era il mio, la sua sofferenza era la mia, la sua rabbia la percepivo fino al centro del mio midollo. La forza delle emozioni che mi hanno travolto come una valanga mi ha devastata.

Potrei spendere migliaia di parole per spiegare come si possa condividere il dolore di un perfetto sconosciuto al punto tale di percepire un concerto quasi come se fosse un funerale, ma sarebbero parole sprecate. Solo chi sa davvero di cosa io stia parlando può capire questo amore profondo ed innaturale che mi porto dentro da praticamente tutta la vita; un amore che confonde la mia essenza e manda a puttane la mia razionalità. Sono passati dieci giorni e ancora sto elaborando le emozioni di quella sera.

You think you know, but you have no idea.

Pensieri Sparsi

Addio 2019…e grazie!


Quando negli ultimi giorni dell’anno ormai concluso ti ritrovi a ripercorrere i mesi trascorsi con un velo di tenera malinconia, quasi sicuramente vuol dire che è stato un anno buono, uno di quelli da ricordare con il sorriso sulle labbra.
Difficilmente potrei affermare il contrario.

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Le premesse, in realtà, c’erano tutte: ho iniziato l’anno con già in tasca i biglietti della felicità sapendo che sarei stata dall’altra parte del mondo; ancor prima di mettere piede nel nuovo anno ero consapevole che, nonostante tutto, avrei avuto i miei attimi di gioia…ma non potevo immaginare quanto questo anno avesse in serbo per me.
In fin dei conti dopo aver passato la prima notte dell’anno a vomitare anche l’anima, davvero non riuscivo ad immaginare un risvolto negativo.
Cosa? Sarebbe stato più logico pensare se questo è l’inizio figuriamoci il resto?
Ma quando mai i miei pensieri seguono una logica comune?

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Come ogni anno mi ritrovo con la voglia di analizzare ogni più piccolo avvenimento e il bisogno di non perdermi in post chilometrici che non leggerà mai nessuno, forse neanche io.
Puntualmente mi ritrovo a buttare un occhio sui resoconti degli anni passati (2015, 2016, 2017, 2018) per poi scoprire, quasi con stupore, quanto sia cambiata di anno in anno per poi restare sempre la stessa.

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Il dono della sintesi non è mai stata una delle mie migliori qualità, e mai come questa volta me ne sto rendendo conto. Ripenso ai 365 giorni trascorsi e mi domando:
questa volta da dove inizio?

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Potrei iniziare semplicemente da me…da quella mania di fotografare me stessa e tutto ciò che mi circonda che mi permette di arrivare a fine anno ed avere almeno una mia foto per ogni mese dell’anno e scoprire che ricordo con esattezza il momento in cui è stata scattata ogni singola foto, riconosco ogni sfumatura che si cela dietro ogni sorriso e percepisco esattamente i pensieri che accompagnavano la me di quel momento.

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Chiudo gli occhi e cerco di fare chiarezza, di cercare un ordine, una logica, per accompagnare voi, e me, in questo viaggio lungo 365 giorni alla scoperta di una me che a volte è stata travolta dagli eventi e a volte li ha governati.
Quante cose succedono in un anno? A volte decisamente troppe…ed è questo il motivo per cui ormai non riesco a fare a meno di questi resoconti annuali: non voglio perdermi neanche un pezzo di questo folle puzzle che è la mia vita.

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Il 2019 è stato l’hanno in cui…forse ho trovato la giusta chiave di lettura di questo anno.

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Il 2019 è stato l’hanno in cui…ho viaggiato!!!
E direi che ho viaggiato davvero tanto; adoro gli anni così.

Gennaio: Roma
Febbraio: —
Marzo: Roma – Madrid
Maggio: Milano
Giugno: Zurigo – Praga
Luglio: Albenga
Agosto:Los Angeles – Salento
Settembre: Cannes
Ottobre: —
Novembre: Londra
Dicembre: Dortmund – Monaco di Baviera

Il 2019 è stato l’hanno in cui…ho fatto pace con Nick Carter.
Il punto è che non abbiamo mai litigato davvero ma era esattamente dalla crociera del 2018 che vivevo con la convinzione che ormai mi odiasse profondamente (non osate litigare con la mia mente eh) ed è stato assolutamente liberatorio, per una volta, rendermi conto di essere in errore.
La sua espressione e la linguaccia che ha seguito il suo saluto sono stati il lasciapassare per un anno pieno di ricordi meravigliosi.

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È stato l’anno di Hello, Kitty…Hey…ma tu alla fine di dove sei?…italianoooo…è sempre un piacere vederti…devo raccontarti una cosa troppo divertente…il mio secondo nome è italiano…
È stato l’anno in cui ogni abbraccio è stato migliore di quello precedente, in cui il suo sorriso ha dato un senso a tanti giorni bui, in cui la prospettiva di vederlo mi ha dato la forza ogni qual volta pensavo di non volercela fare più.
L’anno in cui, ancora una volta, mi ha fatto sentire speciale, il puntino che cerca tra la folla…il sorriso che rende più splendente la mia vita.

Il 2019 è stato l’hanno in cui…ho realizzato qualcosa di grande.
Abbiamo realizzato qualcosa di grande!!!
Nonostante tutti gli impegni e la stanchezza, mi sono ritrovata incastrata in un progetto che troppe volte mi era sembrato più grande di me.
Sei mesi di duro lavoro, di telefonate e scleri, di ansie e litigate, di entusiasmo e speranza…un istante fatto di pura magia.
La consapevolezza di avercela fatta!!!

Il 2019 è stato l’hanno in cui…ho capito che probabilmente finalmente ho trovato la mia strada.
Avere un titolo dinanzi al proprio nome ma sentire che non ti rappresenta può far paura, decidere che quel titolo è solo un appellativo in più rispetto a quello che hai scelto (ti hanno indirizzato) di fare, non ha prezzo!
È questo il motivo per cui, ancora oggi, quando mi chiedono quale sia il mio lavoro non riesco a non affermare: Sono un architetto, ma in realtà mi occupo di marketing e comunicazione…che nel mio caso significa occuparmi anche di logistica, amministrazione, post vendita, service…insomma se c’è un problema sono quella che se ne occupa, o quanto meno ci prova.

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Il 2019 è stato l’hanno in cui…ho assistito al mio primo varo.
Quello ufficiale di un nuovo modello e mi sono emozionata. In cui ho organizzato i miei primi shooting fotografici e ho ricevuto i complimenti perché sembrava lo avessi sempre fatto e non si notava per niente che fosse la mia prima volta. In cui ho seguito il mio primo rebranding, il rifacimento di sito e brochure, i primi comunicati stampa seri.

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Il 2019 è stato l’hanno in cui…ho organizzato totalmente da sola il mio primo Salone Nautico…ho seguito la realizzazione dello stand…la conferenza stampa ed il catering.
L’anno del primo concorso nautico…del primo premio vinto e dell’emozione travolgente che ne è seguita.
L’anno in cui il tempo trascorso in fiera ha avuto un sapore diverso, fatto di alcol e serate al limite dell’assurdo, di salsedine e…tante risate.

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Il 2019 è stato l’hanno in cui…ho smesso di essere un robottino senza anima e ho sorriso senza un vero motivo (ok, il motivo era anche bello grosso direi). L’anno in cui sono tornata quindicenne e ho trovato chi assecondasse questa follia.

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Il 2019 è stato l’hanno in cui…ho capito che basta un vestito carino ed un sorriso in più per ricordare che sei una donna a chi forse non ti ha mai visto come tale. E che a te basta anche meno per capire che non è un uomo chi pensa si illude di poterti classificare come una tra le tante.

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Il 2019 è stato l’hanno in cui... sono andata ad un matrimonio a Los Angeles e c’era uno dei Backstreet Boys!
Si ok, chi se lo incula Aj…ma spiegatelo alla me 15enne che fissava sognante i poster alla parete che un giorno sarebbe finita ad un matrimonio con uno dei tizi dei poster.
Tanto non li incontrerai mai. [cit.]

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Il 2019 è stato l’hanno in cui…ho capito tanto di me stessa e di chi mi sta intorno.
Ho capito che, nonostante il mio carattere, piaccio alla gente, forse proprio per il mio carattere.
Ho capito che ho dato troppa fiducia alle persone sbagliate e troppa poca a chi poi mi ha stupito; ho capito che sono amabile, anche se adoro essere odiabile; che so mettermi in gioco e che, quando lo faccio, piaccio per davvero. Ho capito che c’è un mondo intero dentro di me che per troppo tempo ho tenuto sopito ma che quando schiudo la porta esce fuori un arcobaleno ricco di colori.

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Il 2019 è stato l’hanno in cui…ho smesso di aver paura dei silenzi.
Ho imparato ad ascoltare i miei pensieri senza volerli per forza addomesticare, ho imparato a provare a sentire un po’ di più quello che ho paura di provare perché a volte anche il dolore è necessario per rivedere il sole. Ho imparato a non aver bisogno di nessuno ma ad apprezzare la compagnia di chi vuole esserci davvero.

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Il 2019 è stato l’hanno in cui…ho realizzato che so stare da sola, ma quando si è in compagnia si sorride di più.
E ho imparato che non è da perdenti ammettere di provare malinconia, di avere delle mancanze…e a volte mi manca avere qualcuno accanto, quel qualcuno che ti fissa solo perché mi piaci…qualcuno che non voglio che tu abbia problemi…qualcuno con cui abbattere ogni difesa.

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Il 2019 è stato l’hanno in cui…ho realizzato che non tutti possono comprendere cosa stai passando e fargliene una colpa è sbagliato, ma nessuno ha scritto da alcuna parte che bisogna accontentarsi delle amicizie a metà; che chi non ti ascolta non ti merita, chi non capisce i tuoi silenzi non merita le tue parole, chi pretende la tua presenza ma non ti concede la sua probabilmente merita la tua assenza.

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Il 2019 è stato l’hanno in cui…senza accorgermene,  mi sono amata un poco in più!
In cui ho amato un poco in più.

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E dal 2020 cosa vorrei?
Non chiedo nulla, come sempre: sorprendimi!!!
Dimostrami che sono brava a sbagliare.
Ricordami che posso amare.
Insegnami che non devo smettere di sognare.

Pensieri Sparsi

✨Aᥣᥣ ყoᥙ ᥒᥱᥱd ιs ᥲ ρᥲssρort | L.A. 3.0✨


“Sogna, ragazzina. Sogna in grande. Sempre.”

Se potessi, anche solo per un momento, parlare con la me 14enne credo che non mi direi molto altro. Nessun grande spoiler sul futuro insomma, la sola consapevolezza che nessun sogno possa essere troppo grande per essere realizzato.

Quando nel 2011 ho messo per la prima volta piede sul suolo americano ricordo a pieno la sensazione di euforia mista ad un velo di malinconia: chissà se e quando avrei mai più rifatto un viaggio del genere. La me appena ventiseienne non avrebbe mai potuto immaginare quanto l’America sarebbe diventata vicina di li a pochi anni. Perché diciamocela tutta partire per la California per starci appena 4 giorni e mezzo così normale non credo possa essere [Si, sono consapevole del fatto che sono stata a Las Vegas il tempo di due concerti].

Insomma a sto giro avevo una scusa inattaccabile per apporre un altro timbro sul passaporto: il matrimonio di un’amica. Avrei potuto mai mancare?

Dopo aver passato metà anno a raccontare a Raimondo e tutto il mondo che ero stata invitata ad un matrimonio a Los Angeles insieme ad almeno un Backstreet Boys e a mentire all’altra metà del mondo affermando che ma figurati se ci saranno i Backstreet Boys anche se hanno un concerto proprio a Los Angeles il giorno dopo…avevo davvero possibilità di non salire su quell’altro?

La verità è che io quel rapporto l’ho visto nascere dall’inizio, lo avevo intuito anche quando le parole negavano l’evidenza, lo avevo osservato e capito anche quando avevo finto di ignorarlo; ero dall’altra parte del telefono quando l’ansia della proposta più importante della vita aveva sconvolto i piani della persona che meno al mondo avrei immaginato di scoprire così fragile. Potevo davvero non tenere fede all’affermazione il volo lo prendo a qualunque costo esso sia? {si ringrazia Alitalia per avermi messo veramente all prova}.

Vacanze, lavoro e vita si sono piegati al viaggio dell’anno: i 4 giorni in California.

Ok che poi in 4 giorni ci abbia infilato: 1 matrimonio, 2 concerti, 1 meet and greet ed un parco di divertimenti….si chiama capacità organizzative elevata.

Riuscire a partire a sto giro è stato ancor più complicato e problematico delle altre partenze di quest’anno, come se ogni volta staccare qualche giorno dalla quotidianità fosse una sfida contro l’intero universo; credo di aver lavorato fino a qualche istante prima di oltrepassare il gate e salire su quell’aereo che mi avrebbe imprigionata per oltre 13 ore {perché ovviamente è partito con oltre un’ora di ritardo}.

L’aperitivo easy sul terrazzino del favoloso appartamento di Hollywood in cui abbiamo soggiornato ha segnato il vero inizio della vacanza. Quando posso trasferirmi definitivamente in quel l’appartamento? Prima di subito, grazie.

Come in una sorta di pellegrinaggio {si, fa ridere anche a me questa cosa}, la prima tappa non poteva non essere la stella delle mie stelle. Nonostante non fosse la prima volta, è sempre divertente perdere tempo alla ricerca della nuova foto perfetta da condividere sui social.

E nonostante la stanchezza, dopo la cena prematrimoniale, potevamo non scattare qualche foto all’Urban Lamps del Lacma. Grazie Serena per averci fatto da fotografa.

Il giorno del matrimonio è stato un susseguirsi di ansie e frenesia; sia chiaro non siamo rinomate per la nostra puntualità e probabilmente anche le nostre capacità organizzative a sto giro erano proprio ai minimi storici perché altrimenti è difficile spiegare la folle decisione di iniziare a prepararci in sei all’una di pomeriggio dovendo essere fuori casa alle tre e mezza.

La verità è che nessuna di noi aveva voglia di rinunciare a scattare una foto instagrammabile della scritta Hollywood

…o a fare visita alla casa di Brenda e Brendon Walsh

…o ad accendere un lumino fuori la casa di Dylan McKay

…dovevamo pur celebrare il ritorno di Beverly Hills 90201 a modo nostro, o no?

Praticamente Mascia (salvando i nostri portafogli dall’unutile costosità della beauty americana) ha dovuto fare i salti mortali per renderci presentabili: ma che principesse spettacolari eravamo?

Tra il nostro tempismo alla Backstreet’s Time e il traffico di Los Angeles abbiamo rischiato di perdere la cerimonia; grazie al nostro essere fantasticamente italiane ce ne siamo fregate dal diniego dell’organizzatrice e abbiamo preso posto poco prima dell’ingresso degli sposi. Eravamo lì al loro ingresso, questo è quello che conta.

Assistere al matrimonio di un’amica è sempre un’esperienza estremamente emozionante; felicità mista ad una strana malinconia si fondono nell’anima al suono delle loro parole d’amore, il pensiero che quelle dolci promesse siano il preludio di un cambiamento a cui non sai se sei davvero abituata è difficile da tenere lontano. Eravamo salite su delle montagne russe emozionali ma nessuno di noi ancora ne aveva la consapevolezza, eppure l’uscita dei biglietti dall’afterparty che ci ha reso autistiche giusto alla fine della celebrazione doveva essere un buon indizio.

“Siamo le cugine delle sposo…”

“Uhmm…si, piacere…cazzo ma a voi è passata la carta?….oh si, i cugini…ma ci sarà Nick?…Silvia fai conversazione…oddio non ho letto quale Back ci sia…”

Il tempo di alleggerire le nostre carte di credito e siamo tornate ad essere le perfette invitate ad un matrimonio, nei nostri vestiti eleganti, i nostri bicchieri pieni e un sorriso in più. A differenza di quanto si possa pensare questo è stato il momento in cui il nostro stato di fans ha raggiunto il punto più altro del fansometro quella giornata; perché quanto te ne sbatti degli oltre 1000 euro del biglietto aereo per essere al matrimonio di una tua amica la presenza di uno dei Backstreet Boys alla cerimonia può solo accompagnare.

Abbiamo riso e abbiamo pianto, abbiamo brindato e cantato, ballato e brindato, fatto amicizia con gente improbabile che ci ha un po’ deriso quando i riflettori si sono accesi su di noi in quanto fans, ci siamo abbracciate e abbiamo brindato e lasciato che per una volta fosse lui a guardare noi (si ringrazia la madre della sposa per averci capito più di chiunque altro quella sera). Abbiamo celebrato la nostra amicizia vincendo l’imbarazzo di salire sul palco e, microfono alla mano, leggere il nostro discorso agli sposi; quel discorso che avevamo provato in strada mimando anche la gestualità ma che poi si è tramutato in pianto e parole biascicate (pessimo inglese per me).

Sfido chiunque a provare di evitare gli sguardi degli sposi per non piangere e trovarsi quello di un Backstreet Boys che ti fissa probabilmente cercando di capire in che lingua stai parlando, scegliere di guardare gli sposi e sentire il proprio sistema emozionale andare in crash. Una tragedia insomma.

Eppure ce l’abbiamo fatta…nonostante tutto.

Ed il giorno dopo eravamo pronte ad un altro giro di giostra per le nostre finanze: shopping, shopping e ancora shopping.

Inutile che fate quella faccia, non è mai abbastanza (e il tempo che mi viene concesso è sempre troppo poco).

Ora diciamoci la verità: sei a Los Angeles e di sera c’è un concerto dei Backstreet Boys, puoi non andarci? Ovviamente dopo aver fatto un giro all’inutile mostra a loro dedicata (se pensate che sia una pessima fan, non continuate a leggere il resto) ci siamo dirette allo Staples Center dove il momento più bello della serata è stato quello delle foto.

Perché tra l’afterparty cancellato a mezz’ora dal concerto e i posti fuori dal palazzetto la serata è stata un vero flop.

Ecco, qui devo fermarmi un attimo in questo mio racconto per una triste riflessione: i concerti dei Backstreet Boys visti dalla fanculonia delle tribune fanno schifo. Non mi sovviene un’altra espressione meno antipatica per descrivere le due ore di insofferenza vissute quella sera, meno male che almeno avevamo i Nachos…ma dico sul serio, sarà che eravamo davvero praticamente fuori dal palazzetto ma che roba terribile. Credo sia stata questa insofferenza e Uber che non riusciva a capire da quale lato della strada fossimo (si lo so eravamo noi a non capire lui) che, come se fossimo sotto effetto di qualche strana sostanza stupefacente, durante il tragitto verso casa non riuscivamo a smettere di ridere (siamo delle brutte persone).

La scelta di andare agli Universal Studios, anche se solo in tre, non è stata azzeccatissima per questo viaggio; tornare bambine anche solo per un giorno è stato terapeutico. Passeggiare per le strade di Springfield, abbracciare un Minion, visitare la scuola di Harry Potter e diventare dei teneri unicorni…tutto nella norma insomma.

Ho adorato ogni singolo momento, anche le file interminabili alla fine hanno avuto un loro perché tra pop corn e chiacchiere nessun minuto è andato sprecato.

Senza neanche accorgermene è arrivato il 5 Agosto: il giorno prima del ritorno a casa, il giorno dei primi saluti malinconici, il giorno delle grandi ansie…il giorno in cui finalmente Lo avrei davvero rivisto.

Se il tempo nuvoloso che ci ha accolto a Santa Monica ha rovinato le nostre favolose foto…

…il pranzo nuovamente tutte insieme da Bubba Gump ha riempito di sole i nostri animi.

Il di fondo però era quello di affrontare le nostre ansie, i nostri ritardi, il traffico maledetto di Los Angeles e la distanza da Anaheim. Un delirio. Scene di panico e paura che mi hanno fatto riscoprire una calma interiore che mai avrei immaginato di avere.

Senza neanche rendermene conto è arrivata l’ora X, quando il cuore batte così forte da sentirlo in gola e l’aria a fatica entra nei polmoni (secondo me era l’aria condizionata ad essere troppo forte ad attentare la mia salute).

Ogni volta è come se fosse la prima, la voce va via per qualche istante e alla solite domande di Josh arrivano sempre le solite risposte:

Come stai?

Non lo so.

Sei pronta.

Credo di no.

A sto giro era diverso; niente sorpresa dietro il paravento…semplicemente l’ansia di essere la prossima della fila.

Sbirciare per capire di che morte morire e incrociare il Tuo sguardo, la Tua espressione sorpresa, il Tuo affacciarti per guardare e capire meglio chi ci fosse dopo, le Tue smorfie da cretino. Non erano nella mia testa.

A sto giro erano invertiti, il primo ad accogliere il mio arrivo è stato Howie. Probabilmente è stata l’unica volta in cui l’ho davvero salutato in questo tour.

L’abbraccio di Kevin è stato volutamente lento, non ho idea di cosa mi abbia detto persa come ero a guardare le espressioni da idiota sul Tuo viso. Te la stavi preparando e non vedevi l’ora di fare il tuo show, possibile che fosse così palese sul tuo viso?

Italianoooooo!”

Lo hai urlato soddisfatto allargando le braccia per accogliermi in un abbraccio.

Ho riso come una cretina. Come non avevo mai fatto prima.

Bravoooo!!!”

La voce di Kevin mista a quella degli altri che mi facevano il verso era solo un brusio, il suono divertito della tua risata soddisfatta era melodia. Come quell’amico cretino a cui vuoi bene e non sai perché. A sto giro non ho dovuto chiedere come volessi la foto, hai fatto tutto TU. Non mi sono accorta di Justin che staccava perché hai deciso che il momento giusto per parlarmi all’orecchio fosse proprio quello.

Il sorriso che ho nella foto è la risposta migliore che potessi dare alle tue parole; sai sempre come ricordarmi che della ragazzina che aveva paura di essere invisibile al mondo adesso è rimasto ben poco. Mi hai guardato negli occhi e mi hai detto che rivedermi è sempre bello. Tu. A me. Il mondo funziona male, caro Carter.

E saranno frasi di circostanza, saranno i miei soldi che ti piace rivedere, sarà la mia espressione idiota che ti diverte, sarà che davvero ricordi cosa ci diciamo, sarà che sono il Tuo puntino tra la folla, sarà che ormai sai quanto mi fai bene…sarà che sei semplicemente perfetto e non potrei desiderare di più.

Il concerto è stato bellissimo. Non perfetto, non eravamo abbastanza vicine per esserlo, ma bellissimo. Sarà stato il vino che ho bevuto nella Lounge o le chiacchiere che hanno riempito l’attesa ma a sto giro la musica mi ha toccato l’anima. Ho pianto come se non ci fosse un domani, come non accadeva da tempo ad un loro concerto, come forse ne avevo bisogno.

Non so quanto avessi bisogno di aspettare oltre due ore che uscissero da quel palazzetto, maledetti!

Quando un viaggio giunge al termine è difficile non perdersi nei ricordi appena creati, è quasi impossibile non fermarsi e tirare le somme. Rendersi conto che è stato quasi tutto perfetto è la gioia più grande che ci possa raggiungere. Pensare che al pensiero della partenza non poche ansie avevano alloggiato nella tua testa.

È stata una folle corse fatta di troppe emozioni che neanche questo post chilometrico potrebbe mai contenere, è stato un riscoprirsi diverse e ritrovarsi unite sotto un cielo a stelle e strisce. È stato mettere a nudo i propri pensieri, condividere le proprie sensazioni più profonde di fronte ad una ipercalorica ciambella alle sei del mattino. Abbracciarsi e sentirsi vicine; riscoprirsi bambine e ritrovarsi donne.

“𝐷𝑜𝑣𝑒 𝑣𝑖 𝑠𝑖𝑒𝑡𝑒 𝑐𝑜𝑛𝑜𝑠𝑐𝑖𝑢𝑡𝑒?”

𝑄𝑢𝑎𝑛𝑡𝑒 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑒 𝑎𝑏𝑏𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑠𝑒𝑛𝑡𝑖𝑡𝑜 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑎 𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑑𝑎? 𝑄𝑢𝑎𝑛𝑡𝑒 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑒 𝑠𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑟𝑖𝑢𝑠𝑐𝑖𝑡𝑒 𝑎 𝑛𝑜𝑛 𝑝𝑒𝑟𝑑𝑒𝑟𝑐𝑖 𝑛𝑒𝑙 𝑣𝑖𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑒𝑖 𝑟𝑖𝑐𝑜𝑟𝑑𝑖 𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑎 𝑐𝘩𝑒 𝑢𝑛𝑎 𝑑𝑖 𝑛𝑜𝑖 𝑝𝑟𝑜𝑛𝑢𝑛𝑐𝑖𝑎𝑣𝑎 𝑙𝑎 𝑓𝑎𝑡𝑖𝑑𝑖𝑐𝑎 𝑓𝑟𝑎𝑠𝑒: “𝐴𝑑 𝑢𝑛 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑟𝑡𝑜.”

𝐶𝑖 𝑠𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑐𝑜𝑛𝑜𝑠𝑐𝑖𝑢𝑡𝑒 𝑖𝑛 𝑔𝑖𝑟𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑖𝑙 𝑚𝑜𝑛𝑑𝑜 𝑐𝑜𝑛 𝑔𝑙𝑖 𝑜𝑐𝑐𝘩𝑖 𝑝𝑖𝑒𝑛𝑖 𝑑𝑖 𝑔𝑖𝑜𝑖𝑎 𝑒 𝑙’𝑎𝑛𝑖𝑚𝑎 𝑝𝑖𝑒𝑛𝑎 𝑑𝑖 𝑎𝑛𝑠𝑖𝑎, 𝑎𝑚𝑖𝑐𝘩𝑒 𝑑𝑖 𝑎𝑚𝑖𝑐𝘩𝑒…𝑛𝑒𝑚𝑖𝑐𝘩𝑒 𝑑𝑖 𝑛𝑒𝑚𝑖𝑐𝘩𝑒…𝑒 𝑔𝑢𝑎𝑟𝑑𝑎𝑐𝑖 𝑞𝑢𝑖 𝑎𝑑𝑒𝑠𝑠𝑜.

𝑆𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑖𝑛𝑐𝑖𝑎𝑚𝑝𝑎𝑡𝑒 𝑙’𝑢𝑛𝑎 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑎𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑐𝑎𝑠𝑜, 𝑐𝑖 𝑠𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑡𝑒𝑛𝑢𝑡𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑚𝑎𝑛𝑜 𝑒 𝑎𝑏𝑏𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑡𝑜 𝑎 𝑐𝑎𝑚𝑚𝑖𝑛𝑎𝑟𝑒 𝑖𝑛𝑠𝑖𝑒𝑚𝑒.

Piccole stelle, grazie per questi fantastici ricordi.

Vi voglio bene 💛

Pensieri Random di una 15enne · Pensieri Sparsi

You Think you Know…


Quando la vita inizia a somigliare sempre più un trenino delle montagne russe da cui è impossibile scendere, inizi a chiederti se sarai davvero in grado di staccare da tutto e tutti almeno per un giorno.
Inizi a temere che lo switch per tornare 15enne possa non funzionare più, come se all’alba dei tuoi 34 anni essere grandi possa essere l’unico modo di affrontare la vita.
Inizi a non sentire per davvero le solite ansie che hanno da sempre accompagnano questi eventi, non hai tempo per ascoltare quella vocina flebile nella tua testa che cerca invano di attirare la tua attenzione.

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Funziona che prendi un aereo di corsa subito dopo un’intensa giornata di lavoro, riabbracci le tue amiche mentre cercate un posto in cui mangiare poiché tutto quello che hai in corpo sono due mini Philadelphia e 4 patatine prese dal distributore automatico, finisci sotto il loro hotel assecondando il tuo animo da stalker ma, anche dopo aver chiacchierato con Mike, sei lì a pensare alla serratura della porta della barca che non sei riuscita a recuperare prima di partire.

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Succede che sei davvero stanca eppure pian piano le chiacchiere e le risate delle amiche che man mano iniziano a circondarti iniziano a fare la magia; non sai bene dove sia nascosto quel pulsante magico ma senti che, quasi senza rendertene conto, lo switch avviene. Senti il suono della tua risata, forse un po’ più isterica del solito, che risuona nell’aria…e l’ansia, quella che aspettavi, finalmente prendere possesso della tua testa.

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È sempre un viaggio strano nei meandri dei sentieri tortuosi della mia testa, eppure ogni volta è una nuova avventurache, anche se a rilento, adoro mettere nero su bianco.

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E’ stato un viaggio strano. Credo che ce lo siamo ripetute un miliardo di volte a sto giro.
L’aver deciso, circa 7 mesi fa, che ancora una volta sarebbe stato compito nostro rendere quella serata magica si è rilevata un’impresa più complicata di quanto potessimo immaginare. Le reazioni incredule e felici di 5 anni fa erano ancora troppo impresse nelle nostre retine e, nonostante lo scetticismo iniziale, provare a scappare da questo impegno sembrava impossibile. E così è stato.
La mole infinita di cose che possono cambiare in 5 anni è, a dir poco, infinita.
Ma 7 mesi fa non potevamo neanche lontanamente immaginarlo.

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Sono stati 7 mesi intensi.
7 mesi in cui, oltre alla confusione e agli impegni delle nostre vite (che in 5 anni sono diventate stressanti e complicate in maniera esponenziale), ci siamo ritrovate a combattere contro a restrizioni e autorizzazioni, presentazioni e progetti da sottoporre a Sony e Live Nation, attese per il benestare del managment americano, fornitura e logistica dei materiali, ansie e liti, risate isteriche e battibecchi telefonici alla ricerca della pura magia.

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E’ con un carico maggiorato di ansia che è iniziata la giornata del 15 Maggio.
Mentre tutti erano a programmare come beccarli fuori dall’albergo, noi eravamo a ritoccare gli schemi da attuare per riuscire a far funzionare la macchina da guerra che avevamo messo su. Mentre mettevamo in ordine trucco e parrucco ripetevamo come delle ossesse il materiale da portare, le persone da chiamare, le cose da non dimenticare. Si, esattamente come delle pazze.

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Siamo passate fuori dall’albergo forse più per sentirci almeno per 5 minuti delle fans normali che non stavamo morendo di ansia da prestazione.
I 5 minuti che a me sono serviti a ricordare il senso di tutta la giornata.
Ero nervosa, agitata e forse più acida del solito…fino a quando, grazie a chi forse aveva capito più di me di cosa avessi bisogno, finalmente TU.

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La scena è stata tragicomica, forse più del solito.
“C’è Nick, salutalo.”
“No. Non voglio.”
Cosa mi avesse detto il cervello io ancora non lo so. A te, per fortuna, non importa.
Uno sguardo. Il solito. Una linguaccia. Come sempre. Un bacio. Le mie lacrime.

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Perché diciamolo pure: mi hanno vista tutti piangere.
Probabilmente c’è chi ha goduto non capendo il momento, forse c’è chi mi ha giudicato male…a qualcuno magari ho fatto anche tenerezza (si, lo so, è impossibile).
Ho pianto perché era passato un anno ma in realtà non era passato un solo istante.
Ho pianto perché era passato un anno ma non era cambiato nulla.

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Il mio umore è cambiato, almeno per un po’.
Ma non c’era tempo per crogiolarsi, la corsa contro il tempo era ormai iniziata: la corsa al filaforum di Assago, il controllo della correzione delle stampe sbagliate, il pranzo al volo che ti fa rendere conto che sei passata dai panini del Mc Donald’s al risotto con i gamberetti, l’incontro con i tipi di Live Nation mentre stai ancora cercando di portare il cibo alla bocca, lo scarico della mole infinita di materiale, il dissuasore del traffico che non ne voleva sapere di lasciarci libera la strada, il biglietto del concerto finalmente tra le mani, ritardi non giustificati e assenze poco chiare, ansia, stress ma tanti volti amici che con passione erano li a ricordarci che Siamo una squadra fortissima.

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Si ringrazia Alessandra per avermi reso presentabile nonostante la stanchezza e lo stress sul viso; per aver cercato di rendermi nuovamente una persona normale.

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Ci eravamo preparate per 7 mesi per quel momento e non poter essere dentro con le ragazze ad ammazzarci fisicamente di lavoro e coordinare tutto il lavoro lentamente ci ha ucciso. Essere in fila per dare inizio al divertimentoe non riuscire a staccarsi dal telefono per capire se le ragazze sono entrate, se è fattibile fare il lavoro in quel poco tempo, se il lavoro di tutti riesca a non essere vano. Essere in fila e capire che hanno fatto casino con le autorizzazioni, temere che nel parterre non si potesse mettere più nulla, cercare un piano di riserva senza smettere di trovare una soluzione per far andare avanti il primo.

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Fare il giro del backstage, vedersi passare Briandi fianco e continuare ad osservare se le ragazze stanno posizionando i fogli in maniera corretta. Scorgere i cuori in platea e sentire il proprio scoppiare nel petto.

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Credo di essermi ritrovata in fila per fare la foto senza neanche rendermene conto, di aver capito cosa stesse accadendo solo quando sono entrata in quella stanza.
Finalmente loro. Finalmente Lui.
Dopo anni mi sono ritrovata a pensare: Esistono davvero.Non ero pronta a quel momento, non mi ero preparata affatto. Era tanto che non mi sentivo così impreparata.

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Le braccia di Brian le prime ad accogliermi. Adoro i suoi abbracci.
Di Alex ricordo sempre troppo poco…i miei occhi erano stati già calamitati dai suoi.
“Oh…Hey.”
E persa tra le tue braccia mi sono sentita nuovamente a casa. E tu sei uno stronzo e lo sai.
I want a BIG hug from you!”
Chissà cosa volessi veramente dire in quel momento. Kevin ha riso e sottolineato che io volessi un BIG HUG FROM YOU…GRANDE…hai riso…io volevo morire…mi hai abbracciato e stretto più forte al momento della foto (grazie, mi ero preoccupata di non riuscire ad avere la solita faccia da allucinata cronica). Hai riso di nuovo e mi hai abbracciato di nuovo. Ti ho dato un bacio sul collo perché non si dica che la testa mi assista in quei momenti. Mi hai abbracciato di più mentre Kevin guardava divertito probabilmente pensando ancora che sono un’analfabeta funzionale.
Ho salutato Kevin, due baci sulle guance e lui mi ha abbracciato. Come fa sempre, con tutti, come per dire Grazie.
Mi sono trovata Howie sulla strada verso l’uscita…puoi davvero non salutarlo?

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Ho lasciato la stanza frastornata e la prima frase che ho sentito è stata:
“C’è un problema con la Fan Action.”
Sono sbiancata. Anche il tizio della sicurezza aveva capito quanto fosse facile prenderci in giro in quel momento.

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Ho bevuto. Tanto e di gusto. Ho riso in compagnia delle mie vecchie amiche di sempre e di quelle nuove appena scoperte. Abbiamo brindato come se non ci fosse un domani  perché del domani poco ci importava: in quel momento eravamo felici, ma felici per davvero.
Era la quiete prima della tempesta. E lo sapevamo.

Arrivata nel circle è iniziata la battaglia: ancora fogli da consegnare, direttive da fornire, starlights da far brillare, una stronza da mandare a cagare (perchè quando deciderò di portare croccantini per calmare gli animi di quelle animali sarà sempre troppo tardi).
Che poi, apro e chiudo parentesi, ma io dico: piccola imbecille davvero credevi di poterla avere vinta contro di me? PORACCITUDINE HAS NO LIMITS.

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Insomma, il telone è calato letteralmente sulle nostre teste e lo spettacolo ha avuto inizio.
E’ stato strano.Il cuore batteva forte, Tu eri semplicemente il solito Tu a cui sono ormai affezionata, l’adrenalina era a mille eppure i nostri occhi fissavano la scaletta in attesa del momento della verità.

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Sulle prime note di Incomplete mi è mancato il respiro. Ho chiuso gli occhi per una frazione di secondo. Speriamo vada tutto bene. Li ho riaperti ed è stata magia.
Siiiii. La prima è andata. Abbiamo urlato, le nostre mani si sono incontrate in un battito di gioia. Possiamo respirare, per un po’.

Avevamo superato il primo test, ma il vero esame lo avremmo sostenuto a breve.
Ho perso un battito quando Shape of my Heart ha iniziato a risuonare nel forum, ho ascoltato tutta la parte di Nick quasi senza respirare…e credo che il video spieghi meglio di me cosa sia accaduto.

Abbiamo pianto. Ci siamo abbracciate tra i singhiozzi di chi sa di esserci riuscita, nella consapevolezza di aver creato qualcosa di grande. Tremavamo incredule della magia che due teste vuote erano riuscite a tirare fuori da un cappello fatto di ansie, sogni e testardaggine da vendere. Piangevamo per le ragazze che ci avevano dato fiducia, per chi ci aveva dato soldi e chi era diventato le nostre braccia e le nostre gambe. Piangevamo per lo stupore disegnato sui volti di chi da anni ci regala emozioni.
Lacrime e gioia. Ce l’abbiamo fatta. Finalmente potevamo goderci la serata, la nostra serata.

Il concerto è stato pazzesco. Loro sono stati pazzeschi. Noi siamo state pazzesche.
Ma neanche a questo punto della storia c’era il tempo per fermarsi a festeggiare, di corsa in macchina per raggiungere un locale dalla parte opposta di Milano per l’afterparty.
Ovviamente in ritardo, ovviamente le ultime ad entrare nell’area Vip praticamente pochi istanti prima che arrivassi Tu e l’altro.

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Altro giro, altra corsa.
Solo adesso che metto nero su bianco il tutto, mi rendo conto di non aver salutato Howie; sono venuta direttamente da te.  Il tuo sorriso mi uccide ogni volta.
“Hello, Kitty.” – Ti è concesso solo perché sei Nick Carter, lo sai, si?
Mi hai abbracciato e hai riso quando ti ho detto che Howie nella foto non lo volevo.
E’ solo in questo momento che mi sono resa conto di lui, con voce carina e coccolosa gli ho detto:
“Facciamo che tu ti metti qui e fai un po’ quello che vuoi. Ecco, bravo qui. Sorridi. Fai la faccia arrabbiata. Fai quello che vuoi. Non ci mettiamo in la, eh!”

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Tu hai riso divertito. E’ l’effetto che ti faccio.Un altro bacio…un altro segno.

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Ricordate lo switch di cui parlavo un milione di parole fa?
Ricordate tutte le ansie di non essere più capace di vivere il momento?
Parole…parole…parole.
Mi perdo nell’azzurro dei Tuoi occhi ogni volta come fosse la prima, mi sento a casa quando mi stringi tra le tue braccia cicciottose, la morbidezza della tua pelle e il suono della tua risata. E’ sempre un fiume di parole senza senso quando provo a raccontare cosa vivo in quel momento, perdo il filo insieme al senno ogni volta che i miei occhi si incrociano con i tuoi. Torno 15enne e torno stupida, sono felice. Di quella felicità puttana che è come una droga. Un’astinenza continua che mi spinge a fregarmene delle poche ore di sonno prima di tornare a lavoro, a fregarmene delle risatine di chi non capisce, a fregarmene di chi  vuole fare i conti nel mio portafogli.

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E’ l’ansia che torna a scalfire la mia serenità; un uragano che ogni volta mi lascia per giorni in balia di quelle emozioni che mi stravolgono l’esistenza e mi ricordano che non viva. Ma viva per davvero.

img_5811Come ogni volta è un libro più che un racconto…ed è neanche la metà di cosa si affolla nella mia mente.
Come ogni volta i gioielli più brillanti sono le amiche con cui condivido questi momenti, eppure questa volta c’è qualcuno in più da ringraziare. Lo abbiamo fatto per giorni ma non è mai abbastanza.

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Come sempre però il grazie più grande lo devo a Me stessa per ogni volta che osservo impaurita le mie ansie fissarmi e deciso di essere più forte di loro; per tutte le volte che temo di non farcela e mi dimostro che mi sbagliavo; per quando cedo alla tenerezza di un abbraccio o al bisogno di avere vicino le mie amiche; per quando metto il telefono in modalità aereo e decido che il tempo per me è un momento sacro.

Grazie a me che mi concedo di essere Me quando sono con Te.

Pensieri Sparsi

𝟦𝟪/𝟥𝟨𝟧


𝚀𝚞𝚎𝚜𝚝𝚊 𝚏𝚘𝚝𝚘 𝚑𝚊 𝟷𝟸 𝚊𝚗𝚗𝚒.

𝙽𝚘𝚗 𝚎𝚛𝚊 𝚕𝚊 𝚙𝚛𝚒𝚖𝚊 𝚟𝚘𝚕𝚝𝚊 𝚌𝚑𝚎 𝚙𝚊𝚛𝚝𝚒𝚟𝚘 𝚙𝚎𝚛 𝚞𝚗 𝚟𝚒𝚊𝚐𝚐𝚒𝚘 𝙱𝚊𝚌𝚔, 𝚖𝚊 𝚎𝚛𝚊 𝚕𝚊 𝚙𝚛𝚒𝚖𝚊 𝚟𝚘𝚕𝚝𝚊 𝚌𝚑𝚎 𝚙𝚊𝚛𝚝𝚒𝚟𝚘 𝚌𝚘𝚗 𝚕𝚊 𝚏𝚘𝚕𝚕𝚎 𝚌𝚘𝚗𝚜𝚊𝚙𝚎𝚟𝚘𝚕𝚎𝚣𝚣𝚊 𝚌𝚑𝚎 𝚚𝚞𝚎𝚕𝚕𝚊 𝚟𝚘𝚕𝚝𝚊 𝚕𝚘 𝚊𝚟𝚛𝚎𝚒 𝚒𝚗𝚌𝚘𝚗𝚝𝚛𝚊𝚝𝚘.

𝚁𝚒𝚌𝚘𝚛𝚍𝚘 𝚌𝚑𝚎 𝚙𝚛𝚒𝚖𝚊 𝚍𝚒 𝚙𝚊𝚛𝚝𝚒𝚛𝚎 𝚚𝚞𝚊𝚕𝚌𝚞𝚗𝚘 𝚖𝚒 𝚊𝚟𝚎𝚟𝚊 𝚍𝚎𝚏𝚒𝚗𝚒𝚝𝚘 𝚏𝚘𝚕𝚕𝚎, 𝚖𝚒 𝚊𝚟𝚎𝚟𝚊 𝚜𝚞𝚐𝚐𝚎𝚛𝚒𝚝𝚘 𝚍𝚒 𝚜𝚖𝚎𝚝𝚝𝚎𝚛𝚎 𝚍𝚒 𝚜𝚘𝚐𝚗𝚊𝚛𝚎 𝚙𝚎𝚛𝚌𝚑𝚎́ 𝚜𝚊𝚛𝚎𝚒 𝚝𝚘𝚛𝚗𝚊𝚝𝚊 𝚍𝚎𝚕𝚞𝚜𝚊. 𝙿𝚎𝚛𝚌𝚑𝚎́ 𝚒 𝚜𝚘𝚐𝚗𝚒 𝚗𝚘𝚗 𝚜𝚒 𝚊𝚟𝚟𝚎𝚛𝚊𝚗𝚘.

𝙸𝚘 𝚗𝚘𝚗 𝚕𝚎 𝚊𝚟𝚎𝚟𝚘 𝚌𝚛𝚎𝚍𝚞𝚝𝚘!

𝙸𝚘 𝚜𝚊𝚙𝚎𝚟𝚘 𝚌𝚑𝚎 𝚒𝚗 𝚞𝚗𝚊 𝚌𝚘𝚜𝚊 𝚊𝚟𝚛𝚎𝚒 𝚜𝚎𝚖𝚙𝚛𝚎 𝚏𝚊𝚝𝚝𝚘 𝚋𝚎𝚗𝚎 𝚊 𝚌𝚛𝚎𝚍𝚎𝚛𝚎: 𝚕𝚎 𝚖𝚒𝚎 𝚜𝚎𝚗𝚜𝚊𝚣𝚒𝚘𝚗𝚒.

𝙴̀ 𝚞𝚗 𝚍𝚒𝚜𝚌𝚘𝚛𝚜𝚘 𝚍𝚊 𝚏𝚘𝚕𝚕𝚎, 𝚏𝚘𝚛𝚜𝚎, 𝚖𝚊 𝚜𝚎 𝚜𝚊𝚒 𝚊𝚜𝚌𝚘𝚕𝚝𝚊𝚛𝚎 𝚕𝚊 𝚟𝚒𝚝𝚊 𝚝𝚒 𝚍𝚒𝚌𝚎𝚗𝚍𝚘 𝚌𝚘𝚜𝚊 𝚏𝚊𝚛𝚎.

𝙴 𝚊𝚍𝚎𝚜𝚜𝚘 𝚌𝚑𝚎 𝚑𝚘 𝚒𝚖𝚙𝚊𝚛𝚊𝚝𝚘 𝚊 𝚜𝚘𝚐𝚗𝚊𝚛𝚎, 𝚗𝚘𝚗 𝚜𝚖𝚎𝚝𝚝𝚎𝚛𝚘̀!

Pensieri Random di una 15enne · Pensieri Sparsi · Recensiti per Voi ♥

BSB | DNA


Il fatto che in crociera io sia scappata dalla sala durante il pre ascolto dei brani fini ad allora registrati non mi aveva di certo creato buone aspettative sul nuovo lavoro. Mentre tutti attendevano il 25 Gennaio come i bambini attendono il Natale, io cercavo di convincere me stessa a non avere pregiudizi.

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Inutile mentire: il cd l’ho ascoltato qualche giorno prima della sua uscita ufficiale!!!
L’ho ascoltato mentre lavavo i capelli, poi li asciugavo ed infine li lisciavo…insomma l’ho ascoltato facendo totalmente altro e ad un primo ascolto nessuna nota aveva fatto vibrare la mia anima.

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È stato solo quando io e la nuova musica abbiamo avuto tempo di incontrarci per davvero che ho potuto davvero ogni traccia di questo cd figlio più che mai del Backstreet’s Time.
Non ci sono grandi hits in questo ultimo lavoro dei Backstreet Boys, nessun capolavoro che prenderà il posto di Tell me why….(chi si ricorda davvero che si chiama I want it that way?). Ma ce ne sarà mai uno?

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Quello che sento io quando ascolto questo cd sono 12 storie, che probabilmente se avessi più tempo e fantasia amerei tanto raccontarvi.

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  1. Don’t go breaking my heart

Ha spopolato nelle radio in America, eppure io tendo a saltarla quando ascolto il cd. È un problema mio con alcune tonalità di voce, ci sono alcune frequenze che mi creano nervosismo…e questo pezzo ne contiene un botto. Sorry.

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2. Nobody else

Non riesco a non chiudere gli occhi e lasciare la me 15enne pensare all’uomo che non vuole dividere con nessun’altra. Lauren puoi farti da parte grazie?

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3. Breathe

Ammetto senza vergogna alcuna che la prima volta che ho ascoltato questo brano dei Neri per Caso, ho stoppato la riproduzione prima che la mia mano afferrasse la lametta e le mie vene iniziassero ad attirare Edward Cullen. Per giorni mi sono rifiutata di ascoltare questo strazioche però pian piano ha trovato una sua collocazione:
Don’t let go when the daylight’s gone
‘Cus it’s always darkest before the dawn
I breathe, breathe, oh
Io respiro, quando il buio inizia a farmi paura…io respiro.

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4. New Love

Questa mi crea proprio difficoltà.
I want all of you all over me
In any dark room, ooh, ooh
And I don’t wanna know your name (No)
Just let me do what I do, ooh yeah, baby (Oh)
Ma a parte le mie difficoltà, il sound di questa canzone mi racconta qualcosa di così dirty da poter essere la colonna sonora di una notte alla Chuck Bass.

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5. Passionate

Seh, di male in peggio. Ma non cantavano roba di sole, cuore, amore?
E ditemi che non solo la sola che non riesce a non associarla al biondino.
Oh, e non parlo solo delle sue mani lunghe (o quelle di chi lo approccia, perché non sono l’unica che allunga le mani eh)….ma vogliamo parlare del tocco di classe del testo di questo pezzo?

All I want is everything
Too much adrenaline
And all I do is anything
But like a gentleman
Dopo le accuse di violenza sessuale, meglio pesare le parole…vero, Carter?

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6. Is it just me

Sentite il mio cuore spezzarsi in mille pezzettini? Chiudo gli occhi e mi lascio trasportare nella struggente storia raccontata dalle loro voci. La colonna sonora per scrivere la fine di un amore. Perché, in fondo, chi tradisce una volta, tradirà sempre. Prima o poi scriverò.

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7. Chances

Come si può non pensare a tutte le scelte fatte? A tutte quelle strade imboccate, quegli svincoli in cui abbiamo deciso di svoltare? Come si può non domandarsi cosa sarebbe la nostra vita se quella volta le cose sarebbero andate diversamente…
Quante possibilità ci sono nella vita…quante ne perdiamo senza neanche accorgercene.

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8. No Place

There is no place like you.
Poco mi importa per chi sia stata scritta questa canzone, per me il No place like you restano loro 5 e la parte di me che ritrovo quando ci sono.
E’ quella la casa in cui voglio tornare, sempre.

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9. Chateau

Come non immaginare l’intera scena anche in questo caso?
Ora, io mi sto drogando di Gossip Girl e non faccio testo, ma…lui seduto al tavolo che ha appena ordinato il suo Chardonnay preferito, lo sguardo incupito di chi sa che lei non verrà ma non riesce a smettere di sperare. Lei che arriva, lo vede e, nonostante tutto, sorride…
Ok, la smetto…

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10. The way it was

Partendo dal fatto che io voglio capire cosa avessero i capelli di lei che lo disturbavano così tanto da doverlo scrivere in una canzone; non riesco ad ascoltare questo pezzo senza dondolare come una cretina. Ditemi che non sono l’unica.

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11. Just like you like it

La sensualità di questa canzone mi devasta. Sarà la melodia, saranno le loro voci, saranno le parole…diciamo che dopo l’incontro allo Chateau la serata è andata decisamente bene.

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  1. OK

La amo, sin dal primo ascolto. Non riesco a non muovere il sedere come una povera scema. Mi fa venire voglia di estate e cocktail, di sole e spensieratezza, di vento tra i capelli e risate tra amiche. Adoroooooo.

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Io non riesco dirvi che sono tornati, mi sembrano così diversi…ma li amo ancora di più.
Adoro quanto questo cd sia sexy, quanto i testi mi portino a pensare a cose che non siano la passeggiata in spiaggia al chiaro di luna; adoro immaginare quanto saranno devastanti live alcuni brani.
Se dopo 26 anni, hanno ancora qualcosa da raccontare un motivo ci sarà.

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Non sono un’esperta di musica e non mi spaccerò per tale, parliamoci chiaramente non ho ancora ascoltato il cd di Fedez semplicemente perché ha scelto una data infelice per mettersi sul mercato. Quello che però so è che un pezzo mi fa venire voglia di chiudere gli occhi e sognare è quello giusto, se ci sono note che inducono il mio sedere pesante a muoversi da solo sono quelle giuste, se c’è una melodia che calma i miei nervi è quella giusta, se c’è una voce che mi fa desiderare di essere ad un concerto è quella giusta.

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Se la mia testa non smette di dondolare neanche mi fossi tramutata in Kiss me Licia nella sigla, direi che sto ascoltando qualcosa che semplicemente adoro.

Pensieri Sparsi

… 31/365


Non ho già smesso questo giochino, ho postato per giorni altrove! Ma bisogna aggiornare anche qui.

𝟷𝟻/𝟹𝟼𝟻

𝙻𝚊 𝚏𝚘𝚝𝚘 𝚎𝚛𝚊 𝚜𝚝𝚊𝚝𝚊 𝚜𝚌𝚊𝚝𝚝𝚊𝚝𝚊, 𝚍𝚘𝚟𝚎𝚟𝚊 𝚜𝚘𝚕𝚘 𝚎𝚜𝚜𝚎𝚛𝚎 𝚌𝚊𝚛𝚒𝚌𝚊𝚝𝚊.

𝙳𝚒𝚝𝚎 𝚌𝚑𝚎 𝚟𝚊𝚕𝚎 𝚕𝚘 𝚜𝚝𝚎𝚜𝚜𝚘? 𝙾 𝚙𝚘𝚜𝚜𝚘 𝚐𝚒𝚊̀ 𝚍𝚒𝚌𝚑𝚒𝚊𝚛𝚊𝚝𝚘 𝚏𝚊𝚕𝚕𝚒𝚝𝚘 𝚚𝚞𝚎𝚜𝚝𝚘 𝚎𝚜𝚙𝚎𝚛𝚒𝚖𝚎𝚗𝚝𝚘?

𝙸𝚕 𝚙𝚊𝚗𝚘𝚛𝚊𝚖𝚊 𝚎̀ 𝚜𝚎𝚖𝚙𝚛𝚎 𝚕𝚘 𝚜𝚝𝚎𝚜𝚜𝚘…𝚒𝚗 𝚞𝚗𝚊 𝚐𝚒𝚘𝚛𝚗𝚊𝚝𝚊 𝚗𝚘𝚒𝚘𝚜𝚊, 𝚊𝚕𝚣𝚘 𝚕𝚘 𝚜𝚐𝚞𝚊𝚛𝚍𝚘 𝚎 𝚖𝚒 𝚙𝚎𝚛𝚍𝚘 𝚗𝚎𝚒 𝚌𝚘𝚕𝚘𝚛𝚒 𝚍𝚎𝚕𝚕’𝚒𝚗𝚏𝚒𝚗𝚒𝚝𝚘.

𝟷𝟼/𝟹𝟼𝟻

𝚂𝚝𝚊𝚗𝚌𝚑𝚒𝚝𝚊̀…

𝟷𝟽/𝟹𝟼𝟻

𝙳𝚒𝚌𝚘𝚗𝚘 𝚌𝚑𝚎 𝚘𝚐𝚐𝚒 𝚜𝚒𝚊 𝚒𝚕 𝙿𝚒𝚣𝚣𝚊 𝙳𝚊𝚢.

𝙲𝚎𝚕𝚎𝚋𝚛𝚒𝚊𝚖𝚘!

𝟷𝟾/𝟹𝟼𝟻

𝚄𝚗𝚊 𝚙𝚊𝚛𝚝𝚒𝚌𝚘𝚕𝚊𝚛𝚎 𝚟𝚎𝚛𝚜𝚒𝚘𝚗𝚎 𝚙𝚎𝚛 𝚕𝚊 𝚖𝚒𝚊 #𝟷𝟶𝚢𝚎𝚊𝚛𝚜𝚌𝚑𝚊𝚕𝚕𝚎𝚗𝚐𝚎.

𝚂𝚘𝚗𝚘 𝚌𝚊𝚖𝚋𝚒𝚊𝚝𝚎 𝚌𝚘𝚜𝚒̀ 𝚝𝚊𝚗𝚝𝚎 𝚌𝚘𝚜𝚎 𝚒𝚗 𝚚𝚞𝚎𝚜𝚝𝚒 𝟷𝟶 𝚊𝚗𝚗𝚒: 𝚒𝚕 𝚌𝚘𝚕𝚘𝚛𝚎 𝚍𝚎𝚒 𝚖𝚒𝚎𝚒 𝚌𝚊𝚙𝚎𝚕𝚕𝚒 𝚑𝚊 𝚏𝚒𝚗𝚊𝚕𝚖𝚎𝚗𝚝𝚎 𝚝𝚛𝚘𝚟𝚊𝚝𝚘 𝚙𝚊𝚌𝚎, 𝚖𝚘𝚕𝚝𝚎 𝚊𝚖𝚒𝚌𝚒𝚣𝚒𝚎 𝚜𝚘𝚗𝚘 𝚜𝚝𝚊𝚝𝚎 𝚌𝚊𝚖𝚋𝚒𝚊𝚝𝚎, 𝚖𝚒 𝚜𝚘𝚗𝚘 𝚕𝚊𝚞𝚛𝚎𝚊𝚝𝚊, 𝚑𝚘 𝚌𝚊𝚖𝚋𝚒𝚊𝚝𝚘 𝚞𝚗 𝚙𝚘’ 𝚍𝚒 𝚕𝚊𝚟𝚘𝚛𝚒, 𝚜𝚘𝚗𝚘 𝚊𝚙𝚙𝚛𝚘𝚍𝚊𝚝𝚊 𝚕𝚊𝚍𝚍𝚘𝚟𝚎 𝚏𝚘𝚛𝚜𝚎 𝟷𝟶 𝚊𝚗𝚗𝚒 𝚏𝚊 𝚊𝚟𝚎𝚟𝚘 𝚜𝚘𝚕𝚘 𝚒𝚗𝚒𝚣𝚒𝚊𝚝𝚘 𝚊 𝚙𝚎𝚗𝚜𝚊𝚛𝚎, 𝚑𝚘 𝚟𝚒𝚊𝚐𝚐𝚒𝚊𝚝𝚘 𝚒𝚗 𝚕𝚞𝚗𝚐𝚘 𝚎 𝚒𝚗 𝚕𝚊𝚛𝚐𝚘 𝚙𝚎𝚛 𝚚𝚞𝚎𝚜𝚝𝚘 𝚖𝚘𝚗𝚍𝚘, 𝚑𝚘 𝚌𝚘𝚗𝚘𝚜𝚌𝚒𝚞𝚝𝚘 𝚖𝚎𝚐𝚕𝚒𝚘 𝚖𝚎 𝚜𝚝𝚎𝚜𝚜𝚊…𝚖𝚊 𝚞𝚗𝚊 𝚌𝚘𝚜𝚊 𝚜𝚘𝚕𝚊 𝚗𝚘𝚗 𝚎̀ 𝚌𝚊𝚖𝚋𝚒𝚊𝚝𝚊: 𝚒𝚕 𝚖𝚒𝚘 𝚊𝚖𝚘𝚛𝚎 𝚙𝚎𝚛 𝚚𝚞𝚎𝚜𝚝𝚒 𝟻 𝚍𝚎𝚏𝚒𝚌𝚒𝚎𝚗𝚝𝚒…𝚚𝚞𝚎𝚕𝚕𝚘 𝚗𝚘𝚗 𝚌𝚊𝚖𝚋𝚒𝚎𝚛𝚊̀ 𝚖𝚊𝚒 𝚎 𝚙𝚘𝚒 𝚖𝚊𝚒.

𝙰𝚕𝚠𝚊𝚢𝚜 𝚊𝚗𝚍 𝚏𝚘𝚛𝚎𝚟𝚎𝚛.

𝟸𝟺/𝟹𝟼𝟻

𝙽𝚘𝚗 𝚜𝚘𝚗𝚘 𝚖𝚊𝚒 𝚛𝚒𝚞𝚜𝚌𝚒𝚝𝚊 𝚊 𝚋𝚞𝚝𝚝𝚊𝚛𝚕𝚒 𝚒 𝚖𝚒𝚎𝚒 𝚌𝚎𝚛𝚌𝚑𝚒𝚎𝚝𝚝𝚒. 🥰

𝟸𝟶/𝟹𝟼𝟻

𝙳𝚘𝚙𝚘 𝚞𝚗𝚊 𝚟𝚒𝚝𝚊, 𝚞𝚗𝚊 𝚜𝚝𝚘𝚛𝚒𝚊 𝚑𝚊 𝚙𝚛𝚎𝚜𝚘 𝚟𝚒𝚝𝚊.

𝟸𝟸/𝟹𝟼𝟻

𝙱𝚊𝚜𝚝𝚊 𝚙𝚒𝚘𝚐𝚐𝚒𝚊. 𝙶𝚛𝚊𝚣𝚒𝚎.

𝟸𝟻/𝟹𝟼𝟻

𝚃𝚑𝚎𝚢’𝚛𝚎 𝚋𝚊𝚌𝚔!

𝟸𝟽/𝟹𝟼𝟻

𝙻𝚊 𝙿𝚊𝚗 𝚍𝚒 𝚂𝚝𝚎𝚕𝚕𝚎 𝚍𝚎𝚝𝚛𝚘𝚗𝚒𝚣𝚣𝚎𝚛𝚊̀ 𝚕𝚊 𝙽𝚞𝚝𝚎𝚕𝚕𝚊?

𝟸𝟾/𝟹𝟼𝟻

𝙱𝚒𝚜𝚘𝚐𝚗𝚊 𝚌𝚘𝚖𝚋𝚊𝚝𝚝𝚎𝚛𝚎 𝚒𝚕 𝚏𝚛𝚎𝚍𝚍𝚘 𝚌𝚘𝚗 𝚝𝚞𝚝𝚝𝚒 𝚒 𝚖𝚎𝚣𝚣𝚒 𝚊 𝚍𝚒𝚜𝚙𝚘𝚜𝚒𝚣𝚒𝚘𝚗𝚎.

𝟸𝟿/𝟹𝟼𝟻

𝚄𝚗 𝚗𝚞𝚘𝚟𝚘 𝚌𝚘𝚕𝚕𝚎𝚐𝚊 𝚒𝚗 𝚞𝚏𝚏𝚒𝚌𝚒𝚘.

𝙲𝚘𝚌𝚌𝚘𝚕𝚘𝚜𝚘.

𝟹𝟶/𝟹𝟼𝟻

𝙽𝚘𝚗 𝚌𝚒 𝚜𝚊𝚛𝚊̀ 𝚝𝚛𝚊𝚏𝚏𝚒𝚌𝚘 𝚖𝚊 𝚒𝚘 𝚙𝚛𝚎𝚏𝚎𝚛𝚒𝚜𝚌𝚘 𝚕𝚊 𝚖𝚒𝚊 𝚜𝚌𝚛𝚒𝚟𝚊𝚗𝚒𝚊 𝚟𝚒𝚜𝚝𝚊 𝚖𝚊𝚛𝚎.

𝟹𝟷/𝟹𝟼𝟻

𝙵𝚒𝚗𝚊𝚕𝚖𝚎𝚗𝚝𝚎 𝚕’𝚒𝚗𝚏𝚒𝚗𝚒𝚝𝚊̀ 𝚍𝚒 𝙶𝚎𝚗𝚗𝚊𝚒𝚘 𝚎̀ 𝚊𝚛𝚛𝚒𝚟𝚊𝚝𝚊 𝚊𝚕 𝚝𝚎𝚛𝚖𝚒𝚗𝚎.

𝙰𝚋𝚋𝚒𝚊𝚖𝚘 𝚋𝚒𝚜𝚘𝚐𝚗𝚘 𝚍𝚒 𝚌𝚘𝚌𝚌𝚘𝚕𝚎 𝚍𝚊 𝚚𝚞𝚎𝚜𝚝𝚎 𝚙𝚊𝚛𝚝𝚒.

Non ci credo che sono riuscita a metterle tutte.

Pensieri Sparsi

𝟺/𝟹𝟼𝟻


𝙱𝚞𝚝 𝚢𝚘𝚞’𝚕𝚕 𝚊𝚕𝚠𝚊𝚢𝚜 𝚋𝚎 𝚝𝚑𝚎 𝚑𝚘𝚖𝚎 𝙸 𝚠𝚊𝚗𝚗𝚊 𝚌𝚘𝚖𝚎 𝚑𝚘𝚖𝚎 𝚝𝚘

𝚈𝚘𝚞’𝚛𝚎 𝚊 𝚠𝚒𝚕𝚍 𝚗𝚒𝚐𝚑𝚝 𝚠𝚒𝚝𝚑 𝚊 𝚑𝚎𝚕𝚕 𝚘𝚏 𝚊 𝚟𝚒𝚎𝚠

𝚃𝚑𝚎𝚛𝚎 𝚊𝚒𝚗’𝚝 𝚗𝚘 𝚙𝚕𝚊𝚌𝚎, 𝚊𝚒𝚗’𝚝 𝚗𝚘 𝚙𝚕𝚊𝚌𝚎 𝚕𝚒𝚔𝚎 𝚢𝚘𝚞.

La verità è che io stamane avevo scattato una fighissima foto di alberi secchi e tristi…e io davvero adoro gli alberi secchi e tristi. Poi però ho cambiato idea perché questa foto è la coccolosità e, in una giornata in cui spaccherei la faccia a qualcuno (perché sono una persona tenera), la scelta di una foto coccolosa mi è parsa quella più sensata.