Pensieri Random di una 15enne · Pensieri Sparsi · Recensiti per Voi ♥

BSB | DNA


Il fatto che in crociera io sia scappata dalla sala durante il pre ascolto dei brani fini ad allora registrati non mi aveva di certo creato buone aspettative sul nuovo lavoro. Mentre tutti attendevano il 25 Gennaio come i bambini attendono il Natale, io cercavo di convincere me stessa a non avere pregiudizi.

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Inutile mentire: il cd l’ho ascoltato qualche giorno prima della sua uscita ufficiale!!!
L’ho ascoltato mentre lavavo i capelli, poi li asciugavo ed infine li lisciavo…insomma l’ho ascoltato facendo totalmente altro e ad un primo ascolto nessuna nota aveva fatto vibrare la mia anima.

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È stato solo quando io e la nuova musica abbiamo avuto tempo di incontrarci per davvero che ho potuto davvero ogni traccia di questo cd figlio più che mai del Backstreet’s Time.
Non ci sono grandi hits in questo ultimo lavoro dei Backstreet Boys, nessun capolavoro che prenderà il posto di Tell me why….(chi si ricorda davvero che si chiama I want it that way?). Ma ce ne sarà mai uno?

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Quello che sento io quando ascolto questo cd sono 12 storie, che probabilmente se avessi più tempo e fantasia amerei tanto raccontarvi.

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  1. Don’t go breaking my heart

Ha spopolato nelle radio in America, eppure io tendo a saltarla quando ascolto il cd. È un problema mio con alcune tonalità di voce, ci sono alcune frequenze che mi creano nervosismo…e questo pezzo ne contiene un botto. Sorry.

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2. Nobody else

Non riesco a non chiudere gli occhi e lasciare la me 15enne pensare all’uomo che non vuole dividere con nessun’altra. Lauren puoi farti da parte grazie?

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3. Breathe

Ammetto senza vergogna alcuna che la prima volta che ho ascoltato questo brano dei Neri per Caso, ho stoppato la riproduzione prima che la mia mano afferrasse la lametta e le mie vene iniziassero ad attirare Edward Cullen. Per giorni mi sono rifiutata di ascoltare questo strazioche però pian piano ha trovato una sua collocazione:
Don’t let go when the daylight’s gone
‘Cus it’s always darkest before the dawn
I breathe, breathe, oh
Io respiro, quando il buio inizia a farmi paura…io respiro.

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4. New Love

Questa mi crea proprio difficoltà.
I want all of you all over me
In any dark room, ooh, ooh
And I don’t wanna know your name (No)
Just let me do what I do, ooh yeah, baby (Oh)
Ma a parte le mie difficoltà, il sound di questa canzone mi racconta qualcosa di così dirty da poter essere la colonna sonora di una notte alla Chuck Bass.

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5. Passionate

Seh, di male in peggio. Ma non cantavano roba di sole, cuore, amore?
E ditemi che non solo la sola che non riesce a non associarla al biondino.
Oh, e non parlo solo delle sue mani lunghe (o quelle di chi lo approccia, perché non sono l’unica che allunga le mani eh)….ma vogliamo parlare del tocco di classe del testo di questo pezzo?

All I want is everything
Too much adrenaline
And all I do is anything
But like a gentleman
Dopo le accuse di violenza sessuale, meglio pesare le parole…vero, Carter?

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6. Is it just me

Sentite il mio cuore spezzarsi in mille pezzettini? Chiudo gli occhi e mi lascio trasportare nella struggente storia raccontata dalle loro voci. La colonna sonora per scrivere la fine di un amore. Perché, in fondo, chi tradisce una volta, tradirà sempre. Prima o poi scriverò.

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7. Chances

Come si può non pensare a tutte le scelte fatte? A tutte quelle strade imboccate, quegli svincoli in cui abbiamo deciso di svoltare? Come si può non domandarsi cosa sarebbe la nostra vita se quella volta le cose sarebbero andate diversamente…
Quante possibilità ci sono nella vita…quante ne perdiamo senza neanche accorgercene.

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8. No Place

There is no place like you.
Poco mi importa per chi sia stata scritta questa canzone, per me il No place like you restano loro 5 e la parte di me che ritrovo quando ci sono.
E’ quella la casa in cui voglio tornare, sempre.

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9. Chateau

Come non immaginare l’intera scena anche in questo caso?
Ora, io mi sto drogando di Gossip Girl e non faccio testo, ma…lui seduto al tavolo che ha appena ordinato il suo Chardonnay preferito, lo sguardo incupito di chi sa che lei non verrà ma non riesce a smettere di sperare. Lei che arriva, lo vede e, nonostante tutto, sorride…
Ok, la smetto…

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10. The way it was

Partendo dal fatto che io voglio capire cosa avessero i capelli di lei che lo disturbavano così tanto da doverlo scrivere in una canzone; non riesco ad ascoltare questo pezzo senza dondolare come una cretina. Ditemi che non sono l’unica.

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11. Just like you like it

La sensualità di questa canzone mi devasta. Sarà la melodia, saranno le loro voci, saranno le parole…diciamo che dopo l’incontro allo Chateau la serata è andata decisamente bene.

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  1. OK

La amo, sin dal primo ascolto. Non riesco a non muovere il sedere come una povera scema. Mi fa venire voglia di estate e cocktail, di sole e spensieratezza, di vento tra i capelli e risate tra amiche. Adoroooooo.

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Io non riesco dirvi che sono tornati, mi sembrano così diversi…ma li amo ancora di più.
Adoro quanto questo cd sia sexy, quanto i testi mi portino a pensare a cose che non siano la passeggiata in spiaggia al chiaro di luna; adoro immaginare quanto saranno devastanti live alcuni brani.
Se dopo 26 anni, hanno ancora qualcosa da raccontare un motivo ci sarà.

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Non sono un’esperta di musica e non mi spaccerò per tale, parliamoci chiaramente non ho ancora ascoltato il cd di Fedez semplicemente perché ha scelto una data infelice per mettersi sul mercato. Quello che però so è che un pezzo mi fa venire voglia di chiudere gli occhi e sognare è quello giusto, se ci sono note che inducono il mio sedere pesante a muoversi da solo sono quelle giuste, se c’è una melodia che calma i miei nervi è quella giusta, se c’è una voce che mi fa desiderare di essere ad un concerto è quella giusta.

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Se la mia testa non smette di dondolare neanche mi fossi tramutata in Kiss me Licia nella sigla, direi che sto ascoltando qualcosa che semplicemente adoro.

Parole e Storie · Pensieri Sparsi

Alyssa


C’è stato un tempo in cui scrivere storie per me era una cosa normalissima, adesso è un pò come se fosse un evento. Non vi sto dicendo che è arrivato il momento di festeggiare, anche se forse dovrei. Insomma per una serie di ragioni troppo lunghe da spiegare, in un noioso pomeriggio domenicale ho assecondato chi volesse sapere la storia di Alyssa. Chi è Alyssa? Luuuuunga storia che prima o poi magari vi racconterò.
Prendete il racconto per quello che è: un qualcosa senza arte ne parte di una persona a cui le serate passati a raccontare storie forse mancano un pò.

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Fisso il nome comparso sul display del mio telefono. Non posso credere sia davvero lui. Il cuore ha iniziato a battere forte nel mio petto, non riesco a respirare; chiudo gli occhi ed inizio a contare. Perché diavolo non funziona questa volta? Perché non riesco a calmare il flusso dei ricordi che, come un fiume in piena inonda la mia essenza più nascosta. Mi concentro sul respiro, l’aria entra ed esce dai miei polmoni mentre i contorni della stanza che mi circonda iniziano a tremare, colori e suoni si confondono nella mia mente riportandomi di colpo a quella notte di circa due anni fa.
Neanche ci dovevo essere su quella nave, era stata un’amica a prenotare per me facendo leva sul periodo del cavolo che stavo attraversando. Era stato tutto così assurdo dal primo momento in cui il mio sguardo aveva incontrato il suo; c’era qualcosa di diverso, qualcosa che non avevo mai notato prima. Eppure non era la prima volta che lo avessi incontrato, sono sempre stata molto fiera della mia vita da fan e di quei viaggi che col tempo erano diventati parte della mia vita.
Aveva sorriso. Un sorriso strano che mi aveva trapassato l’anima facendo correre un brivido lungo la mia schiena. I primi tre giorni su quella nave erano stati al limite della follia, la mia sanità mentale vacillava un poco in più ogni qual volta i miei passi si incrociavano con i suoi.  Un solo suo sguardo bastava per farmi sentire nuda, le sue mani trovavano residenza sul mio corpo ogni volta fossimo abbastanza vicini. Forse avevo scelto una gonna troppo corta la sera in cui la sua mano ha sfiorato le mie mutandine mentre stavamo scattando una foto. Forse erano stati i miei occhi adoranti a dargli il lasciapassare per quel bacio rubato stampato sulle mie labbra poco prima della nostra foto.
Continuo a tormentarmi pensando a quante volte avessi immaginato tutto ciò e quanto, in realtà fossi stata impreparata ad affrontare quanto accaduto quella notte.
Era il terzo giorno di navigazione, avevamo appena scattato l’ennesima foto insieme, le sue mani si erano strette con più insistenza sui miei fianchi e le sue labbra mi avevano sussurrato lascive parole che avevano fatto accendere i miei desideri più nascosti. Un calore insolito aveva irradiato le mie viscere e fatto vacillare le mie gambe quando ero stata avvicinata dal suo bodyguard che, con il fare di chi avesse fatto quella medesima cosa innumerevoli volte, mi aveva illustrato tutti i dettagli sul nostro incontro. Non potevo credere a quanto avessi sentito, ero corsa dalle mie amiche con gli occhi pieni di lacrime e il cuore impazzito. Non sempre la strada verso il Paradiso è lastricata di petali rossi, ma conta davvero così tanto come ci si arriva alla felicità?
Avevo passato le ore che mi separavano a quell’incontro fantasticando sugli scenari più romantici che avesse potuto formulare la mia mente, avevo atteso con ansia e trepidazione la sua chiamata e senza neanche rendermene davvero conto avevo raggiunto la sua cabina. Avevo fissato quella porta con il cuore in gola. Inferno o Paradiso? Cosa avrei trovato? Solo in quel preciso istante avevo realizzato in che situazione mi stessi cacciando.
I miei piedi avevano varcato la soglia della sua camera e tutti i miei pensieri avevano cessato di esistere, la sua bocca famelica si era impossessatala della mia, le sue mani padroneggiavano sul mio corpo. Ero una bambolina in preda alle sue voglie, schiava dei suoi desideri che avevo fatto diventare anche i miei.Gemiti, sudore, graffi sulla schiena, le sue mani tra i miei capelli.
Un animale bisognoso di soddisfare i sui istinti primordiali, aveva dato poco peso all’assenza di preservativi in quel caos di vestiti e bottiglie che ci circondava, le sue mani si erano strette sui miei fianchi stringendomi ancora più vicino al suo corpo mentre raggiungeva l’apice del piacere e sfinito si lasciava cadere su di me. Aveva mugugnato parole incomprensibili stringendo forte i miei capelli poco prima di addormentarsi sfatto e appagato.
Ero rimasta immobile per ore su quel letto incapace di compiere ogni singola azione. Era successo davvero. Osservavo il suo viso schiacciato sul cuscino e ascoltavo il suono del suo russare chiedendomi come fossi finita in quella situazione.
Un nuovo messaggio.Il suono della notifica mi riporta alla realtà, fisso ancora il suo nome sul display mentre Alyssa inizia a chiamarmi dal suo lettino.
Blocco lo schermo del telefono e metto tutti i miei pensieri in pausa.
“Amore della mamma, arrivo.”

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Era una vita che non scrivevo e spero di non aver annoiato nessuno con questi miei deliri. Magari non ho più il “tocco magico” che avevo un tempo…e non mi sono mai fatta tutti questi problemi nel pubblicare qualcosa.
Insomma, se lo avete letto ditemi cosa ne pensate…

Pensieri Sparsi

30 Days Writing Challenge – 1


Ammetto di averci pensato un pò su prima di intraprendere questo percorso sul mio blog, la mia incostanza cronica nel fare le cose e la parvenza di intimità di alcuni punti di questa sfida di scrittura mi hanno fatto accarezzare più volte il pensiero di desistere dal farlo. In fin dei conti a chi mai potrebbe interessare cosa mi dia fastidio, quali sono i luoghi che vorrei visitare, per quali celebrità svalvolo al solo pensiero e, cosa più importante di tutti, che fine ha fatto il mio primo amore? A nessuno? A qualche curiosona come me che mi fermo a leggere tutti i post della suddetta Challenge? Mi importa davvero??? Ovviamente no!!! Ed è proprio questo motivo che, dopo qualche giorno di inutili elucubrazioni, ho deciso proprio oggi, in questa domenica dedicata all’ozio, di cimentarmi in questo tragitto.
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Non assicuro nè a voi nè a me stessa che i days avranno risposta giornalmente, ma prometto assoluta sincerità nello svolgere il compitino giornalmente assegnato.

Ma smettiamo di perderci in inutili chiacchiere, lo so sono bravissima a farlo, e iniziamo a rispondere al curiosone che ha messo insieme questa serie di domande.
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Giorno 1: Fai una lista di dieci cose che ti rendono davvero felice.
[iniziamo subito con della roba difficile eh].
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1Nick Carter [ebbene si, ha guadagnato il primo posto a sto giro].
Se dovessi dare un nome alla felicità più assoluta sarebbe il suo, se dovessi dare un volto alla stessa sarebbe il mio nell’istante esatto in cui le sue braccia si stringono intorno a me. E’ estremamente infantile ed irrazionale, eppure mi rendo conto che non potrei mai rinunciare alla sensazione di gioia assoluta che provo in quegli istanti, non vorrei mai dover crescere del tutto e smettere di essere la sua ragazzina.
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2Le Skittles, il pacchettino rosso eh [nel caso qualcuno voglia spedirmele a casa].
Possono delle minuscole caramelle colorate a frutta rendere felice una persona? Che domanda stupida, certo che possono; soprattutto se da anni ormai non sono prodotte in Italia e ogni pacchettino è una piccola benedizione dal cielo.
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3La mia Famiglia.
Non credo assolutamente ci sia davvero bisogno di spiegare questo punto; onostante spesso me ne lagni [chi non lo fa, eh?] tornare a casa con la consapevolezza di trovare sempre la mia famiglia mi riscalda il cuore.
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Se viaggiare fosse gratuito, state sicuri che non mi vedreste più.
Soldi e ferie permettendo, girerei per l’intero continente alla ricerca di non so neanche io cosa; odio preparare la valigia eppure sarei sempre pronta a farla se bastasse per ritrovarmi in luoghi lontani tra gente e culture diverse.
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5Scrivere e sognare.
E’ un concetto diverso di felicità, sinceramente l’idea di me che batto sulla tastiera e sorrido alla vita come se stessi sorseggiando un buon vino mi fa un pochino ridere; eppure in un certo qual modo scrivere mi rende felice. Semplicemente mi fa bene. E’ il mio modo per affrontare il mondo, per filtrarlo attraverso i miei pensieri e le mie parole, per cercare di dare un senso a quelle cose che spesso un senso non ce l’hanno. E’ il mio modo per sognare, per diventare un’altra persona e vivere altre vite ed altre storie da raccontare come se fossero la mia.
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6 – Andare ai concerti.
Tralasciando i concerti dei Backstreet Boys che, per quanto mi riguarda, rappresentano un mix di emozioni che non sono sicura di poter spiegare a parole, perchè quando sei disposta ad andare dall’altra parte del mondo per un concerto deve essere per forza qualcosa di speciale. Ma il discorso di base era un altro, amo i concerti in tutte le loro forme, l’adrenalina che ti attraversa il corpo allo spegnersi delle luci, le urla liberatorie al primo giro di batteria, la felicità estrema quando la musica riempie l’aria.
Davvero potete vivere senza tutto ciò?
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7 – Il mare.
Quando i miei pensieri sono ansiosi, inquieti e cattivi, vado in riva al mare, e il mare li annega e li manda via con i suoi grandi suoni larghi, li purifica con il suo rumore, e impone un ritmo su tutto ciò che in me è disorientato e confuso.
Sento spesso il bisogno di perdermi nell’immensità del mare, fissare l’infrangersi delle onde, inalare la salsedine e convincermi che, alla fine di tutto, andrà tutto bene.
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8 – Mangiare.
A chi non piace, eh? Si ok, poi si finisce per ingrassare e bisogna prendere vestiti che non segnano i difetti, ma la gioia del cibo è davvero qualcosa a cui si potrebbe rinunciare? Hey, non sono certo una fan del grasso è bello, ma neanche una fissata con la linea da rinunciare ad un bel panino bello farcito, patatine fritte o leccornie di ogni tipo.
Oh, mangiare mi piace assai.
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9 – Scattare fotografie, stamparle, riempire album e i muri della mia stanza con i miei ricordi. 
Sento il bisogno di fermare il tempo in un fotoricordo, di immortalare sorrisi e tramonti, luoghi e sguardi. Amo i selfie, immortalare i miei cambiamenti nel corso del tempo, ricordare il mio viso nei giorni di pioggia e nei giorni in cui è baciato dal sole; ricordarmi dove fossi, quando e con chi. Amo riguardare le vecchie foto e sorridere dei miei ricordi, provare malinconia e spesso nostalgia dei tempi passati in attesa di costruire nuovi ricordi da poter immortalare.
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10 – Le telefonate con le amiche.
Qui devo fare una piccola premessa, spesso riuscire a parlare a telefono con me risulta più complicato di quanto possa esserlo parlare con il Presidente degli Stati Uniti d’America; eppure quando sono in buona, o all’uscita da lavoro, adoro passare il tempo a blaterare passando dalle cazzate più assurde a veri problemi esistenziali con la facilità con cui si cambia canale alla televisione. Trovo a dir poco essenziale avere la mia ora d’aria dai pensieri con chi mi capisce davvero, o quanto meno ci prova, con chi ama fare voli di fantasia insieme a me o perdersi nella dissolutezza dei gossip più meschini e divertenti, nella progettazione di piani assurdi e viaggi al limite dell’inverosimile.
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Come primo giorno direi che è stato bello impegnativo, non avrei creduto sarebbe stato cosi’ complicato trovare 10 cose che mi rendessero felici.
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E voi sapreste essere più bravi di me ad elencare 10 cose che vi rendono felici?
Perchè non provate a farlo nei commenti? potrebbe essere una cosa carina; sarei proprio curiosa di leggerle.
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Al prossimo giorno ✌🏻
 
 
Pensieri Sparsi

A.A.A. Cercasi Ashton!!!


Se fossi la protagonista di una di quelle commedie romantiche in cui amo perdermi rimpinzandomi di patatine questo sarebbe il momento perfetto.
Come sarebbe a dire: quale momento perfetto? Vi si deve spiegare proprio tutto, eh.

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Avete presente quel momento in cui tutto sembri andare dannatamente a rotoli, quando i capelli della protagonista sembrano diventare l’emblema stesso del disfacimento enteriore che la sta dilaniando; quel momento in cui il lavoro sembra annientarle l’esistenza, le amiche sembrano essersi dimenticate della sua esistenza prese dalla confusione delle proprie vita, il principe azzurro sembra essere stato investito mentre percorreva l’autostrada contromano a cavallo del proprio destriero bianco, il cibo sembra essere rimasta l’unica consolazione plausibile con somma gioia della bilancia che vede la sua lancetta lievitare come se non ci fosse un domani. Quel momento in cui se ci fosse una piccolissima scheggia di meteorite cascherebbe esattamente sulla testolina scapigliata della povera protagonista occhialuta e triste rendendola la giornata lievemente peggiore dello schifo in cui si trascina da giorni.
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Quell’istante in cui una particolare congiunzione astrale, e le esigenze di copione [chi vorrebbe mai vedere un intero film sulla storia di una sfigata?], danno origine esattamente a quel momento li: il momento della svolta.

Il momento in cui tra un calcio in culo della sfiga e l’altro, la protagonista casca stile pera cotta tra le braccia di Ashton Kutcher, ad esempio.

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Quella frazione di secondo in cui Ashton, probabilmente colpito in pieno alla testa, viene folgorato dall’aura di malumore che accompagna la triste protagonista e, sentendo un richiamo dal Paradiso, decide che il suo unico scopo nella vita sarà farle tornare il sorriso.
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So benissimo che dopo quei 15 minuti di illusoria gioia si scoprirà come minino che Ashton è un serial killer con tendenze suicide che ha già prenotato la sua fine assistita in Svizzera dopo essersi indebitato fino al collo a causa del gioco d’azzardo.
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Ma volete mettere passare 15 minuti di gioia infinita con lui?

Pensieri Sparsi

September is coming.


Mi sento quasi un estranea ad entrare qui dentro dopo così tanto tempo; potrei nascondermi affermando di essermi presa una meritatissima pausa estiva dal blog ma sarebbe una menzogna. Passare dal bisogno spasmodico di dare voce ai propri pensieri, fissarli nero su bianco come se fosse indispensabili non perderli nel vortice del tempo, al rifuggire stancamente da questo spazio per non dovermi ritrovare a tu per tu con i miei pensieri.
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Sarà colpa dell’aria di Settembre che già mi riempie i polmoni; o forse, più semplicemente, della malinconia che accompagna puntulamente la fine delle vacanze [soprattutto dopo un viaggio favoloso come quello che ho fatto io questa estate]; sarà colpa dei pensieri che si affollano nella testa facendo a cazzotti tra loro lasciandomi esausta e malconcia ogni qual volta provo a fermarne anche solo uno; sarà colpa della consapevolezza di essere troppo ordinaria e inquadrata per fare una pazzia ma troppo fuori dalle righe per vivere bene nella normalità che accompagna i miei giorni.

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Sarà colpa di tutto ciò che mi circonda, o forse, per quanto sia più difficile ammetterlo, potrebbe essere semplicemente colpa mia questo mood in cui mi ritrovo a naufragare dal momento in cui ho poggiato nuovamente piede in Italia.

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Sarà settembre.

Ne sono certa.

Pensieri Sparsi

Essere amiche a 30 anni.


Il seguente post l’ho letto ieri su Facebook, era stato condiviso da uno dei miei contatti e il titolo difficilmente poteva sfuggire ai miei occhi; l’ho letto di un sol fiato lasciandomi emozionare parola dopo parola mentre i volti delle mie amiche si susseguivano nella mie mente.

Ho deciso di riproporlo qui, perchè trovo giusto che sia letto, ma sopratutto come dedica alle mie amiche trentenni.

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L’amicizia è una cosa bellissima, a qualsiasi età, ma a trent’anni, forse, lo è ancora di più. Le amiche a trent’anni le hai scelte da tempo e, nel tempo, hai anche avuto modo di capire che alcune di loro sono delle grandissime stronze. Che alcune amiche le perdi per strada ma, ora lo sai, di sicuro quelle non erano buone amiche. Le amiche a trent’anni fanno quello che facevano quando avevano vent’anni, solo che ora c’è anche il lavoro, un marito, un figlio che assorbono le energie di tutte queste amiche, tenendole lontane per un po’. Ad incastrare gli impegni di tutte ci vuole una pazienza e una determinazione che a vent’anni ti dava fastidio solo il pensiero e per organizzare un aperitivo di mezz’ora, in media a trent’anni, ci si impiegano dai dieci ai quindici giorni. A volte anche un mese.

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A trent’anni con le amiche, la sera, ti vedi “prestino, perché poi devo tornare a casa, ché domani mattina la sveglia suona presto” e quando guardi il barman non pensi più alla storia di passione che potresti avere con lui sotto al bancone, ti auguri solamente che non ti metta alcol scadente nel cocktail: “Altrimenti domani di sicuro mi sveglio con un mal di testa pazzesco”.

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Le amiche a trent’anni non si vestono più tutte uguali. La regola del tacco, tutte o nessuna, non vale più. Ognuna si sente libera di uscire vestita come vuole, di affermare se stessa, risplendendo della bellezza di un gruppo di donne che hanno imparato ad amare tutto le une delle altre. Anche quegli orribili sandali con la zeppa sì, anche quelli. Gli uomini, per le amiche a trent’anni, di solito sono quasi tutti sposati, separati, divorziati, ex qualcosa (o di qualcuno) insomma, ma allergici ai legami proprio come quando avevano vent’anni. I problemi, invece, sono sempre gli stessi con l’aggiunta della comparsa delle prime rughe. E dei primi capelli bianchi. Poi c’è la cellulite che va sempre di moda, quella che già c’era a vent’anni e che ci sarà, di certo, pure a quaranta.

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C’è che prima non ti struccavi nemmeno, prima di infilarti nel letto alle quattro di notte e ora invece state lì a parlare per ore di routine serale e dei benefici del tonico utilizzato sempre dopo il latte detergente. C’è che prima andavate a ballare tutte le sere e ora, al massimo, tre volte all’anno. C’è che prima ci si vedeva sempre e solo nel locale più frequentato del momento e ora va bene tutto, purché la musica non sia troppo alta altrimenti non possiamo parlare in pace. C’è che tra amiche, a trent’anni, si può confessare di preferire il divano e la tv, per una sera almeno, trovando pure una discreta comprensione da parte delle altre.

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Le amiche a trent’anni lo sanno che quella tua mania di controllo, in realtà, è solo bisogno di essere amate. E lo capiscono. Sanno che sei stata illusa, tradita, ferita ma anche che hai tutte le carte in regola per rialzarti da sola. Mentre loro ti stanno vicino. Ed è solo questa parte della storia che ti ricorderanno quando, per l’ennesima volta, avrai bisogno di rimetterti in piedi. Sanno che ce la stai mettendo tutta per essere felice, per raggiungere i tuoi obiettivi, fare carriera oppure no, un figlio oppure no, una vita coniugale felice oppure no. Sanno che la vita può prendere pieghe inattese e che la capacità di reagire, nel bene e nel male, è la cosa più importante.

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Soprattutto le amiche a trent’anni sanno che non è mai o tutto bianco o tutto nero, per questo sanno anche che tu, come loro, hai bisogno adesso più che mai di un’amica che ti asciughi le lacrime e esulti dei tuoi successi. Sanno che avere accanto qualcuno è una scelta e si sentono fortunate ad essere state scelte da voi.

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Le amiche a trent’anni sono donne consapevoli di loro stesse, quasi sempre almeno, consapevoli del fatto che, a qualsiasi età, un’amica saprà dirti sempre: “E se andrà male, la supereremo insieme. Anche questa”.

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(Questo post è apparso per la prima volta su C’era una vodka e ora c’è una mamma che ha bisogno di un drink)

Parole e Storie · Pensieri Sparsi

365 giorni di Eclisse


365 giorni fa ero di fronte allo stesso pc da cui sto scrivendo in questo momento a premere, con il cuore pieno di ansia ed emozione, il tasto: PUBBLICA.
365 giorni fa, mettendo a tacere quella vocina che da anni mi sussurrava che nessuno avrebbe letto una storia scritta da me, mi sono decisa a dare retta a tutte quelle persone che ci avevano creduto prima di me.
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365 giorni fa scrivevo questo post annunciando in questo mio piccolo spazio virtuale la nascita del mio piccolino, il mio primo libro, il mio Eclissetumblr_inline_mq2hpkx1xb1qz4rgp.365 giorni.
1232 libri venduti.
La consapevolezza che credere nei propri sogni è solo l’inizio di un percorso stupendo.

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Desy, Chris e il piccolo Christian ringraziano.
Io pure.
All the love  ❤

Pensieri Random di una 15enne · Pensieri Sparsi

Il giochino nuovo


Il fatto che a 31 anni io affronti il mondo ancora come se fossi una bambina, appassionandomi alle cose esattamente come farebbe una bimba con un giocattolo nuovo, deve finire. O forse no.
E’ che non posso farci nulla: non riesco a non farmi ammaliare dal fascino della novità, dall’euforia della scoperta, dal luccichio che solo le cose nuove possiedono; non riesco a resistere a quella sensazione di stupore che ancora certe cose riescono a regalarmi.

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Non sto parlando del nuovo gioco per cui tutto il mondo sta impazzendo, per il quale inutile sottolineare che anche io mi sono rincretinita ritrovandomi a cercare e catturare Pokemon nella mia pausa pranzo ed a raccogliere sfere Pokè nel percorso abituale verso la mia macchina quando esco dall’ufficio.

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La mia nuova droga, il mio nuovo giochino, si chiama Twitter; esattamente il social network dall’uccellino blu, non avete letto male. Uhmm sento il coro di Buuuh levarsi in automatico nelle vostre menti e il naso storcersi con fare saccente:
Come può un social network creato nel 2006 essere oggetto di stupore e novità?
A sto giro, cara psicopatica, hai dimostrato di essere un pò arretrata. Sarà che stai perdendo colpi?

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Nulla di più sbagliato.           
Devo sottolineare che, pur facendone parte dall’ormai lontano Febbraio 2009, il social network con l’uccellino non è mai stato tra i miei preferiti; per una logorroica come me l’imposizione del 140 caratteri per esprimere il proprio pensiero equivale ad una sorta di condanna da scontare; il dono della sintesi non è mai stato il mio forte e l’idea di tornare a scrivere utilizzando quei vecchi stratagemmi utilizzati quando gli SMS erano gratuiti solo in periodo di Christmas Card [o Summer Card che dir di voglia] non ha mai stuzzicato la mia fantasia.

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Inizialmente non mi era ben chiaro il concetto per cui avrei dovuto lasciar fluttuare nella rete un mio pensiero random, senza alcuna foto o video [inizialmente Twitter lo permetteva], senza possibilità di avviare una vera e propria discussione visto l’impossibilità di commentare come invece era possibile fare su Facebook; il tutto tenendo ben presente il discorso sulla privacy che personalmente ci ho messo un poco ad accettare. Il vero senso di Twitter è l’integrazione mondiale attraverso un social network, io scrivo un pensiero seduta bellamente alla scrivania del mio ufficio e PincoPallo dall’altro lato del mondo senza avere idea di chi sia io ma attraverso l’hashtag che sicuramente avrò utilizzato [lingua permettendo] potrà leggere il mio pensiero ed eventualmente rispondere ad esso. Figo.

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Oh certo, a meno che io non decida di proteggere i miei Tweet manco fossero l’anello trasportato da Frodo rendendo, in tal caso, i miei pensieri leggibili esattamente solo ad io, mammeta e tu o, per dirla in maniera più consona, rendendo i miei tweet accessibili solo a chi mi followa. Mi sembra più che giusto mi direte voi. Certo, peccato che tale restrizione valga esattamente per tutti: sento il bisogno impellente di comunicare a PincoPallo che i pantaloni con i risvolti indossati nell’ultima foto postata sono tremendi? A meno che PincoPallo sia un mio follower, e visti i terribili pantaloni ne dubito fortemente, devo rassegnarmi a far abortire il mio pensiero e lasciare a PincoPallo la libertà di continuare a commettere crimini di moda andando in giro così conciato.

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Eppure, nonostante tutto, dopo ben 7 anni dalla mia iscrizione a questo social network che proprio non riuscivo a capire non posso non ammettere di adorarlo letteralmente…esattamente come un giochino nuovo.

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Il motivo è decisamente molto pù semplice e banale di quanto possiate immaginare: sono figlia degli anni ’90, cresciuta a pane e cazzate scritte sul Cioè, costretta a credere a tutto quello che mi veniva raccontato su giornaletti da due lire su quel mondo magico e distante contornato da boyband e teen idol.
Sono cresciuta con l’impensabile desiderio di scovare l’indirizzo di casa dei Signori Carter per inviare una lettera al figlio e dichiarargli tutto il mio amore [quanto è stato duro avere 13 anni è difficile da raccontarlo], ho passato l’adolescenza ad ascoltare i racconti della mia compagna di classe che passava i pomeriggi interi a telefonare a tutti i Cremonini di Bologna e dintorni solo per poter dire a Cesare che un giro sulla sua 50Special lo avrebbe fatto volentieri.

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Capirete che quando arriva un social network che ti mette, allo stesso tempo, liberamente in contatto con PincoPallo dagli orribili risvoltini e il tuo gruppo preferito, l’iscrizione ad esso parte in automatico. Quanto poi sia facile o meno riuscire ad avere quel contatto tanto desiderato è decisamente un discorso molto più articolato; il motto la speranza è l’ultima a morire è decisamente uno dei pilastri fondamentali del popolo di Twitter.

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Quando mi sono iscritta al social network dell’uccellino mai avrei realmente immaginato che i miei sciocchi tweet random avessero  avuto una risposta da un personaggio più famoso del succitato PincoPallo ovviamente; la certezza di questa convizione, fomentata dalla presa coscienza di quanto avessi avuto ragione ad elaborare un tale pensiero, aveva fatto si che relegassi Twitter ad ameno luogo per un silente stalkeraggio.
La noia insomma, dopo ben poco tempo.

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Si ma sono pur sempre passati 7 anni da quando hai iniziato ad usare Twitter, cosa vuoi con questo post oggi?
La verità è che stamane mi sono resa conto che stavo twittando mentre mi lavavo i denti [si, lo so: il disagio proprio] e la cosa mi ha fatto tanto ridere pensando a come considerassi questo social network fino a poco tempo fa. Mi sono chiesta come sia possibile che adesso ci fossi entrata in fissazione e la risposta più logica è stata quella del giochino nuovo.

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E io adoro i giochini nuovi…
…finchè non mi annoio!!!

Pensieri Sparsi

A.A.A. Cercasi Felicity Smoak


Che la vita non sia un telefilm l’ho capito da troppo tempo ormai e, per quanto ancora io non abbia superato il trauma e la delusione di questa scoperta, mi sono rassegnata ad accettare la triste verità per cui mi ritrovo costretta a vivere in questa mesta realtà priva di vampiri, lupi mannari o ibridi, mi sono rassegnata a non essere salvata da un miliardario amante del tiro con l’arco, rassegnata a non essere operata da un modello di Abercrombie e a vedere la mia casa bruciare tra le fiamme in attesa dei pompieri della 51. Niente incantesimi da formulare, nessun metaumano a movimentarmi la giornata in ufficio, nessuna cameriera sciroccata che mi fa pessime battute sulla salute della propria vagina. Nessuna feste in piscina in ville Californiane stile Marissa Cooper ne delle passeggiate su e giù in Limousine tra le strade dell’Upper East Side.

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Nessuna voce fuori campo che narra con enfasi i miei movimenti dando voce ai miei pensieri più nascosti; oh maledizione: ho sempre desiderato una voce fuori campo che donasse spessore alle azioni più banali rendendomi di colpo protagonista della scena.

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Come ogni qualvolta i pensieri diventano troppo pensanti, le dita battono convulsive sulla tastiera dando sfogo alla confusione che la scuote dall’interno. Non è tristezza, neanche malinconia, la semplice certezza che solo laddove nessuno davvero la conosce riesce ad essere se stessa smorza il sorriso sul suo viso. Solo in quello spazio solitario…

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Ok, lo ammetto: la mia voce fuori campo sarebbe tendenzialmente deprimente forse e le sue parole troverebbero adatto accompagnamento nelle nostalgiche melodie di un pianoforte in lontananza. Soprattutto in giornate come questa.

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Il punto della questione è semplice, l’ho già detto e lo ripeto: la vita non è un telefilm ma il vero problema è che le aspettative che questi episodi di 40 minuti hanno lasciato in eredità alla nostra mente sono decisamente troppo elevate!

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Per quanto io sia consapevole che se malauguratamente dovessi finire in ospedale posso già ritenermi fortunata se ne esco viva non riesco a non sperare che un giorno varcata la soglia del pronto soccorso io possa incontrare il mio Dottor Stranamore; per quanto io mi sia rassegnata che a voglia di strizzare gli occhi, muovere le mani, schioccare le dita o storcere il naso non ci sarà nessuna esplosione, il tempo non si bloccherà di colpo, il telecomando troppo lontano dal divano non comparirà magicamente nella mia mano, Nick Carter non si innamorerà mai di me… non credo di essere pronta a smettere di provarci.

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Ma è sulle piccole cose di ogni giorno che sento di essere stata ingannata maggiormente dalle serie TV. Non mi riferisco al vicino di casa strafigo o al capo estremamente stronzo che nasconde la sua profonda bontà dietro atteggiamenti tirannici solo per vederti finalmente, e con uno sguardo di soddisfazione, prendere il volo da sola; no, non mi riferisco a quegli sciocchi incidenti giornalieri che hanno il solo scopo di farmi capire in maniera irriverente importanti lezioni di vita.

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Mi riferisco a quelle cose molto più banali e pratiche.
Ad esempio: tutti abbiamo quell’amico/conoscente/collega che si vanta di essere un genio del computer e magari, per i livelli medio bassi di chi ha intorno, nel suo piccolo potrebbe essere pure vero; la verità è che noi siamo abituati a personaggi come la biondina occhialuta che con una serie di tap tap a velocità elevata sulla tastiera fa delle vere e proprie magie geolocalizzando un perfetto sconosciuto mediante una scansione facciale fatta ad una foto che per definirla nitida serve molto più che una fervida immaginazione.

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Cosa sarebbe mai per lei:
Scaricare quell’allegato che sembra essere rimasto incastrato nella rete?Convertire un documento in formati vari ed eventuali?
Recuperare foto da un telefono che sembrano essere perdute per sempre?
Impostare un file in modo che faccia le più banali operazioni consentite dal programma utilizzato?
Scattare una foto ad un documento in modo tale che esso appaia quanto meno leggibile?
Risolvere quel problemuccio informatico a cui non riuscite a venirne a capo da sole?

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Sono tutti bravissimi ad utilizzare il computer/telefono/aggeggio tecnologico random fino a quando non avete bisogno di aiuto voi. Sto ancora cercando di capire se sono semplicemente sfigata ad avere sempre problematiche tecnologiche che richiederebbero l’intervento di Felicity Smoak e il supporto tecnico di suo padre o semplicemente dietro alle chiacchiere c’è sempre e solo tanta fuffa.

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Fatto sta che, per quanto non sia bionda e non abbia rubato il cuore di un miliardario tutto addominali con la passione del turo con l’arco, probabilmente a causa degli occhiali che ancora mi ostino a portare quando sono al computer, per il mio istinto nerd e la mia poca pazienza per la risoluzione dei problemi per mano di altri, in breve tempo sono passata dalla ricerca della mia Felicity Smoak personale alla sua impersonificazione. Se tutto va bene, siamo rovinati.

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Se la vita fosse un telefilm prima o poi Oliver Queen mi chiederebbe di scaricargli un allegato che per qualche ragione mistica non vuole saperne di trasferirsi sul suo computer o di fargli un complicatissimo aggiornamento all’iPhone appena comprato…e si innamorerebbe di me. Passerei la giornata a fingere di lavorare e la nottata a contare i suoi addominali; indosserei vestiti fighissimi e avrei i capelli sempre perfetti senza dovermi preoccupare della lucidità della mia pelle quando la temperatura supera i 30 gradi e il tragitto auto-ufficio ha provato la mia capacità atletica alimentando il primo vaffanculo della giornata.

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La vita non è un telefilm, eh?