Parole e Storie · Pensieri Sparsi

Alyssa


C’è stato un tempo in cui scrivere storie per me era una cosa normalissima, adesso è un pò come se fosse un evento. Non vi sto dicendo che è arrivato il momento di festeggiare, anche se forse dovrei. Insomma per una serie di ragioni troppo lunghe da spiegare, in un noioso pomeriggio domenicale ho assecondato chi volesse sapere la storia di Alyssa. Chi è Alyssa? Luuuuunga storia che prima o poi magari vi racconterò.
Prendete il racconto per quello che è: un qualcosa senza arte ne parte di una persona a cui le serate passati a raccontare storie forse mancano un pò.

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Fisso il nome comparso sul display del mio telefono. Non posso credere sia davvero lui. Il cuore ha iniziato a battere forte nel mio petto, non riesco a respirare; chiudo gli occhi ed inizio a contare. Perché diavolo non funziona questa volta? Perché non riesco a calmare il flusso dei ricordi che, come un fiume in piena inonda la mia essenza più nascosta. Mi concentro sul respiro, l’aria entra ed esce dai miei polmoni mentre i contorni della stanza che mi circonda iniziano a tremare, colori e suoni si confondono nella mia mente riportandomi di colpo a quella notte di circa due anni fa.
Neanche ci dovevo essere su quella nave, era stata un’amica a prenotare per me facendo leva sul periodo del cavolo che stavo attraversando. Era stato tutto così assurdo dal primo momento in cui il mio sguardo aveva incontrato il suo; c’era qualcosa di diverso, qualcosa che non avevo mai notato prima. Eppure non era la prima volta che lo avessi incontrato, sono sempre stata molto fiera della mia vita da fan e di quei viaggi che col tempo erano diventati parte della mia vita.
Aveva sorriso. Un sorriso strano che mi aveva trapassato l’anima facendo correre un brivido lungo la mia schiena. I primi tre giorni su quella nave erano stati al limite della follia, la mia sanità mentale vacillava un poco in più ogni qual volta i miei passi si incrociavano con i suoi.  Un solo suo sguardo bastava per farmi sentire nuda, le sue mani trovavano residenza sul mio corpo ogni volta fossimo abbastanza vicini. Forse avevo scelto una gonna troppo corta la sera in cui la sua mano ha sfiorato le mie mutandine mentre stavamo scattando una foto. Forse erano stati i miei occhi adoranti a dargli il lasciapassare per quel bacio rubato stampato sulle mie labbra poco prima della nostra foto.
Continuo a tormentarmi pensando a quante volte avessi immaginato tutto ciò e quanto, in realtà fossi stata impreparata ad affrontare quanto accaduto quella notte.
Era il terzo giorno di navigazione, avevamo appena scattato l’ennesima foto insieme, le sue mani si erano strette con più insistenza sui miei fianchi e le sue labbra mi avevano sussurrato lascive parole che avevano fatto accendere i miei desideri più nascosti. Un calore insolito aveva irradiato le mie viscere e fatto vacillare le mie gambe quando ero stata avvicinata dal suo bodyguard che, con il fare di chi avesse fatto quella medesima cosa innumerevoli volte, mi aveva illustrato tutti i dettagli sul nostro incontro. Non potevo credere a quanto avessi sentito, ero corsa dalle mie amiche con gli occhi pieni di lacrime e il cuore impazzito. Non sempre la strada verso il Paradiso è lastricata di petali rossi, ma conta davvero così tanto come ci si arriva alla felicità?
Avevo passato le ore che mi separavano a quell’incontro fantasticando sugli scenari più romantici che avesse potuto formulare la mia mente, avevo atteso con ansia e trepidazione la sua chiamata e senza neanche rendermene davvero conto avevo raggiunto la sua cabina. Avevo fissato quella porta con il cuore in gola. Inferno o Paradiso? Cosa avrei trovato? Solo in quel preciso istante avevo realizzato in che situazione mi stessi cacciando.
I miei piedi avevano varcato la soglia della sua camera e tutti i miei pensieri avevano cessato di esistere, la sua bocca famelica si era impossessatala della mia, le sue mani padroneggiavano sul mio corpo. Ero una bambolina in preda alle sue voglie, schiava dei suoi desideri che avevo fatto diventare anche i miei.Gemiti, sudore, graffi sulla schiena, le sue mani tra i miei capelli.
Un animale bisognoso di soddisfare i sui istinti primordiali, aveva dato poco peso all’assenza di preservativi in quel caos di vestiti e bottiglie che ci circondava, le sue mani si erano strette sui miei fianchi stringendomi ancora più vicino al suo corpo mentre raggiungeva l’apice del piacere e sfinito si lasciava cadere su di me. Aveva mugugnato parole incomprensibili stringendo forte i miei capelli poco prima di addormentarsi sfatto e appagato.
Ero rimasta immobile per ore su quel letto incapace di compiere ogni singola azione. Era successo davvero. Osservavo il suo viso schiacciato sul cuscino e ascoltavo il suono del suo russare chiedendomi come fossi finita in quella situazione.
Un nuovo messaggio.Il suono della notifica mi riporta alla realtà, fisso ancora il suo nome sul display mentre Alyssa inizia a chiamarmi dal suo lettino.
Blocco lo schermo del telefono e metto tutti i miei pensieri in pausa.
“Amore della mamma, arrivo.”

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Era una vita che non scrivevo e spero di non aver annoiato nessuno con questi miei deliri. Magari non ho più il “tocco magico” che avevo un tempo…e non mi sono mai fatta tutti questi problemi nel pubblicare qualcosa.
Insomma, se lo avete letto ditemi cosa ne pensate…

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2 anni di Eclisse


Davvero sono passati già due anni?

Sono passati solo due anni?

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Ho una strana percezione dello scorrere del tempo, non lo nego; se da un lato mi sembra ieri il momento esatto in cui ho deciso finalmente a mettermi in gioco, dall'altro ho la sensazione sia passata un'eternità da quello stesso giorno.

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Me lo avrete sentito ripetere fino alla nausea ormai, ma io davvero in questo progetto ci credevo quanto agli asini che volano; ero così terrorizzata da ricevere critiche negative che continuavo ad intentare stupide scuse ed arrampicarmi su scivolosi specchi pur di non chiudere gli occhi e saltare.

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Sono passati due anni da quel momento, sono arrivate quelle critiche negative che tanto mi facevano terrore ma sono state nulla in confronto all'entusiasmo con cui quella storia, chiusa per troppi anni in un cassetto, è stata accolta.
Desy, Chris e Christian hanno trovato dimora nei cuori e negli occhi di chi ha dedicato loro del tempo, leggendo la loro storia e lasciandosi trasportare, almeno per un pò, in una realtà parallela.

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Sono passati 2 anni e la loro storia è stata letta ufficialmente da 1500 persone, tante sono state le copie vendute; di quelle scaricate illegalmente purtroppo non ho traccia [si, avevo trovato il mio libro piratato].
Non sono brava ad autocelebrarmi, ma sono davvero tanto orgogliosa di me.

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E se per caso ci fosse qui in giro qualcuno che ancora non avesse letto dei miei personaggi: mi spiegate cosa state aspettando? Lo trovate qui.

 

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Auguri a me…

 

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Auguri a me…ed un regalo a voi.


Ieri il mio Eclisse festeggiava il suo primo anno di via.
E mentre io mi trastullo nella gioia del percorso delle mie parole, non c’è nulla di meglio per festeggiare che un intero giorno di promozione per chi ancora non avesse letto la storia di Chris e Desy.

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Desy McKay possedeva tutto ciò che una ragazza avrebbe potuto desiderare dalla vita: bellezza, intelligenza, ricchezza ed un fidanzato altrettanto ricco e famoso che avrebbe fatto di tutto pur di vederla felice; a sue spese ha dovuto però imparare quanto una telefonata ed una brutale menzogna bastino per stravolgere totalmente la vita.
Sono passati anni da quella telefonata e la vita di Desy non potrebbe essere più diversa da quella di prima. Una ragazza madre che lavora come cameriera cercando di far quadrare i conti a fine mese con il peso di quella menzogna sulle spalle.
Ma cosa succederà quando il passato busserà di nuovo alla sua porta presentandole il conto?

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Non lo avete ancora letto?
Sbagliato!
Lo trovate qui.

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Cosa state aspettando?

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365 giorni di Eclisse


365 giorni fa ero di fronte allo stesso pc da cui sto scrivendo in questo momento a premere, con il cuore pieno di ansia ed emozione, il tasto: PUBBLICA.
365 giorni fa, mettendo a tacere quella vocina che da anni mi sussurrava che nessuno avrebbe letto una storia scritta da me, mi sono decisa a dare retta a tutte quelle persone che ci avevano creduto prima di me.
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365 giorni fa scrivevo questo post annunciando in questo mio piccolo spazio virtuale la nascita del mio piccolino, il mio primo libro, il mio Eclissetumblr_inline_mq2hpkx1xb1qz4rgp.365 giorni.
1232 libri venduti.
La consapevolezza che credere nei propri sogni è solo l’inizio di un percorso stupendo.

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Desy, Chris e il piccolo Christian ringraziano.
Io pure.
All the love  ❤

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Eclisse: gratis per un giorno!


E’ passato un bel pò da quando il mio racconto ha visto la luce su Amazon; da quando, un pò per gioco un pò per fantasia, mi sono sentita una scrittrice; da quando mi sono lasciata cullare dalla dolce sensazione di orgoglio che mi ha pervaso ad ogni vendita del mio piccolino.

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Visto che tra poche ore invecchio di un anno: auguri a me ed un regalo per chi ancora non ha letto la storia di Chris e Desy: solo per martedì 1 marzo sarà possibile scaricare gratuitamente Eclisse da Amazon.

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Insomma, se non lo avete ancora letto quale occasione migliore per farlo???

 

Parole e Storie · Pensieri Sparsi

Eclisse & gli 850! #Promo


Ebbene si, sono ancora qui a tediarvi l’esistenza con il mio Eclisse , e come potrebbe essere diversamente? Come potrei smettere di condividere la mia soddisfazione proprio con voi che lo avete visto prender vita?

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Sono piccole emozioni che ti scaldano il cuore, la consapevolezza che è stata data fiducia alle tue parole, alle tue storie, ai tuoi sogni ad occhi aperti. Come fai a non emozionarti?
Semplicemente non puoi, osservi il grafico di Amazon e sorridi allo schermo come una piccola sciocca; un solo pensiero riecheggia nella tua testa: Wow!

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Insomma, un pò per celebrare le 850 copie vendute su Amazon [devo smettere di snobbare le vendite sullo store del Kobo], un pò perché con le ferie natalizie magari si riesce ad avere più tempo per leggere, un pò perchè farsi promozione non può che far bene….per 24h ore Eclisse lo trovate in promozione su Amazon a soli 99 cent.

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Davvero non volete prenderlo???

Parole e Storie

Fallen in love with an Angel #2.0


Bravo, James, complimenti davvero! A volte riesco a sorprendere anche me stesso per la mia tremenda incapacità  di giudizio, vittima di qualche sordido sortilegio che mi impedisce di evitare stronzate come quella appena fatta. Bravissimo, davvero.
“A fine serata sarà mia.”
Le parole mi sono scivolate via troppo veloci, il mio cervello, anche questa volta, non le ha filtrate, le ha lasciate libere e selvagge, e loro, come se non stessero aspettando altro, sono uscite via così, senza chiedere il permesso. La mia barca, un pezzo della mia vita. La mia dignità, non posso perderla. Guardo per un attimo Angel, vittima immolata in questo squallido gioco di rivalsa tra me e Tom, mando giù l’ennesimo bicchiere di rhum e scuoto veloce la testa per allontanare definitivamente quella vocina che disperatamente mi urla di desistere. Troppo tardi. Il regista di questa storia ha già urlato a squarciagola “Azione!” e a me povero attore non tocca che interpretare il mio ruolo.
“Puoi ancora rinunciare, Parker!”
“Prepara le chiavi e il casco, Tom.”Con arroganza, prendo il bicchiere che Kirsten ha tra le mani e lo porto dritto alla bocca, ho bisogno di sentire l’alcool scorrere tra le vene o forse sto solo preparando il terreno per la squallida giustificazione di cui so di aver bisogno quando tutto questo teatrino sarà finito.
Mi alzo spedito, senza guardare i volti inebetiti dei miei compagni di questa serata, e mi dirigo verso la mia preda, sorride felice tra le braccia del suo primo vero amore. E’ bellissima. Sfodero il sorriso più seducente di cui dispongo e, dosando bene la voce, attiro in poche battute l’attenzione della cameriera. Dunkan mi guarda con sguardo di sfida e stringe forte a se la sua fragile bambolina, sembra intenzionato ad inglobarla nel suo corpo pur di tenerla lontano da me. Sento l’odore della sua paura, il suo volto non riesce a nascondere il turbamento dei suoi pensieri; teme che questa volta io abbia le carte giuste per portargliela via. La terra vacilla  sotto i piedi dello spavaldo gradasso che era un tempo; ne è passata di acqua sotto i ponti da quando un suo solo sguardo era sufficiente per rilegarmi nell’angolino più nascosto pregando di essere invisibile ai suoi occhi; la sua mano chiusa a pugno non riuscirebbe più a trovare con facilità il mio viso e questa consapevolezza lo dilania dall’interno. Angel si volta lentamente al suono della mia voce, mi scruta curiosa e non riesco a non sorriderle con dolcezza;  è ancora più bella di quanto riuscissi a ricordare, ancora più bella di quanto fossi riuscito a notare sotto queste luci frenetiche. Resto incantato ad analizzare le fattezze del suo viso per un attimo che mi sembra eterno, osservo il suo viso leggermente più truccato rispetto a qualche anno fa, i suoi lineamenti sensuali, ho una voglia tremenda di assaporare quelle labbra rosate che mi sorridono, che sorridono a me senza provare compassione, semplicemente per il gusto di farlo. Ordino una bottiglia di champagne per festeggiare il suo ritorno, guadagnandomi in questo modo un po’ di tempo qui con lei.
“Bentornata, Angel!”I suoi occhi mi scrutano attenti, non proferisce alcuna parola, forse si sta interrogando sull’identità dello sconosciuto che le sta dando il benvenuto, forse sta scavando nella sua memoria alla ricerca di un indizio che la riporti a me, o forse è solo meravigliata che, nonostante tutto, io sia ancora qui e mi ricordi di lei. Darei tutto per poter conoscere i suoi pensieri.
“Non dirmi che non ti ricordi di me?”
Sorride. Sembra imbarazzata, mordicchia le labbra senza smettere di sfregare le mani.
“Come potrei essermi dimenticata di te.”
Mi illudo le sue parole siano sincere, le sorrido malizioso e prontamente distoglie lo sguardo cercando Dunkan, bambolina tra le sue mani aspetta un suo cenno, una sua parola, un indizio su quello che deve essere il continuo di questa conversazione; nessun mutamento di espressione nella faccia di bronzo che continua a cingerle il viso, sorride sicuro del potere che ancora esercita su di lei. Buffone. Nulla può destabilizzare la sua convinzione che lei sia sempre pazza di lui, pronta a soddisfare i suoi assurdi desideri, ad annullarsi al suo volere. Languida la cameriera si intromette tra noi, mastica un chewingum in maniera sguaiata, continuando a mangiarmi con gli occhi vogliosa come non mai, mentre mi chiede cosa fare della bottiglia che ha tra le mani. Le faccio cenno di stapparla e riempire i nostri fluite e torno a studiare la mia piccola preda, non mi ha tolto gli occhi di dosso neanche per un solo istante. Che fama e successo facciamo effetto anche su di lei? Cassandra mi porge il fluite, si passa la lingua sulle labbra giocando a fare la sexy, non ci riesce neanche un po’, ma non voglio deluderla, le lancio un’occhiata maliziosa che aumenta i pensieri osceni nella sua testa e le provoca un leggero calore. Angel afferra il suo fluite sfiorandolo appena con le dita, scocca un’occhiata torbida alla cameriera  e torna ad indossare il classico atteggiamento da chi sa di non dover temere paragoni, di chi è unica per diritto di nascita.
“Brindiamo al ritorno della principessa!”
I suoi occhi continuano a specchiarsi nei miei, i nostri bicchieri si incontrano leggermente, cerco di sfiorarle la mano ma è troppo lesta ad allontanarsi, mi avvicino al suo viso dosando i miei movimenti, ho paura che scappi di nuovo, che mi respinga; resta immobile mentre le mie labbra si posano sulla sua guancia calda. Mi porto accanto al suo orecchio adornato da più orecchini di quanti ne ricordassi e le sussurro con voce roca:
“Mi sei mancata!”Mi allontano lento dal suo viso, osservo i suoi occhi che sembrano essere diventati più grandi, la sua bocca  semiaperta per lo stupore, le gote arrossate. Povera Angel. O povero me?
“Tesoro, che ne dici di andare a prendere un po’ d’aria?”
L’espressione desiderosa di Angel non è passata inosservata al suo cavaliere che, ormai colmo di rabbia, si intromette banalmente tra noi nel vano tentativo di dissolvere l’elettricità che riempie l’aria; povero piccolo uomo, non sembra disposto a voler condividere il suo piccolo angolo di paradiso con nessun altro. Sciocco e prevedibile. Senza pensarci troppo afferro la sua spalle e la stringo forte con la mano, voglio che il significato delle mie parole sia ben recepito, voglio che abbia la consapevolezza di chi abbia il controllo della situazione.
“Puoi andarci anche da solo, amico. O hai paura del lupo cattivo?”
Lo lascio andare di scatto, allontanandolo da me. Dolci infermierine, Lauren e Jennifer, corrono prontamente a calmargli i bollenti spiriti, lasciando me e Angel finalmente soli.
Lei è qui di fronte a me. Non è scappata via a fasciare le ferite del suo dolce amore, è rimasta qui con me, i suoi occhi continuano a scrutarmi mentre, con disarmante naturalezza, inizia a raccontarmi di se, a chiedere di me, della mia nuova vita; è un fiume di domande a cui rispondo senza neanche pensare a cosa io stia realmente blaterando totalmente rapito dal movimento delle sue labbra sensuali, affascinato dalla gestualità di quelle sue mani affusolate che vorrei sentire sul mio corpo. Il tempo sembra aver acuito la mia voglia di lei, il desiderio di tenerla stretta tra mie braccia, di sentirla mia, di farla mia. Distolgo per un attimo lo sguardo per osservare i miei amici: Kirsten mi canzona con lo sguardo, Tom mi mima qualcosa di volgare facendomi il saluto da marinaio ricordandomi della nostra stupida scommessa. Perché sono stato così stupido? Riporto il mio sguardo su di lei, ondeggia la testa seguendo la musica completamente persa nei suoi pensieri; le prendo la mano e la tiro, con forza al mio corpo, mi sento eccitato e, da come sorride maliziosa, credo se ne sia accorta. Abbasso leggermente la testa, portandola vicina al suo orecchio, lo sfioro appena con le labbra per un lieve sussurro.
“Ti andrebbe di ballare, principessa? Sono migliorato come ballerino.”
“Come potrei rifiutare!”Le prendo la mano e la conduco al centro della pista, sento gli occhi di tutti puntati addosso come grossi fanali, attenti spettatori pronti a giudicare la mia performance. Non posso deluderli, non posso perdere. La stringo forte a me, vorrei essere in grado di farla  scomparire tra le mie braccia, proteggerla da me stesso. Il mio viso è accanto al suo, caldo, morbido, attraente; la mia bocca attratta da lei come da una calamita non riesce a non sfiorarla, a non tentare di assaporare quel dolce sapore che ho sempre e solo immaginato. Il mio cuore, da bravo batterista, ha iniziato a suonarle la serenata composta per lei, Angel sfiora leggiadra il mio petto, lievi carezze  come se volesse coglierne ogni nota. Sorride beata ed io, schiavo delle mie emozioni, non posso non avvicinarmi a quel sorriso sbocciato sulle sua labbra per me, per questi baci rubati, per queste sensazioni che non la lasciano indifferente. Sto bene. Era tanto che non succedeva, che non mi sentivo così. Vorrei non aver fatto quella stupida scommessa, vorrei aver avuto la lucidità necessaria per salvarmi da me stesso; è troppo tardi adesso per rimuginare sulle scelte sbagliate, da bravo attore indosso le vesti del mio patetico personaggio e continuo questa farsa.Baci sfiorati sulla pelle in questa corsa verso quelle labbra carnose che  si schiudono per me, in attesa di quel bacio che desidero con tutto me stesso, di quel bacio che non arriverà. Socchiude gli occhi attendendo il contatto che le ho fatto bramare; Kirsten attira il mio sguardo, provocante e odiosa sta tenendo banco nel privè prendendosi gioco di me. Il ricordo di ciò che Angel ha significato nel mio passato mi stordisce, le emozioni che mi pervadono, in questo momento, mi confondono le idee, l’alcool che circola dentro di me fa tutto il resto, ma poco mi importa adesso, non sarò umiliato di nuovo per colpa sua.
“Questa volta ti saresti fatta baciare, dovresti vedere la tua espressione: sembri una platessa!!!”
Ridono tutti intorno a noi, ma, questa volta, non ridono di me!Angel è completamente spiazzata dal mio gesto, un velo umido le ricopre quegli occhi che mi fissano sbigottiti, mordicchia le labbra cercando di riprendere il controllo delle proprie emozioni. I riflettori sono puntati su di me ed io non posso deludere il mio pubblico. Afferro di scatto la sua testa, non c’è niente di dolce nel mio gesto, nulla di romantico, guidato dall’eccitazione che mi sta facendo impazzire, una scarica di adrenalina che pervade ogni centimetro del mio corpo mentre lecco le sue labbra per rubare squallidamente quel contatto tanto desiderato. E’ rossa in viso, ma non saprei decifrare le emozioni che colorano il suo viso. Rabbia o eccitazione? Un movimento lesto della sua mano che mira dritta al mio viso, blocco il suo braccio una frazione di secondo prima dello scontro con la mia guancia. Non riesco a crederci, sento una fitta penetrare forte il mio cuore, un nodo mi blocca la gola, provo a deglutire ma niente, non va via. La fatina elfica. Dal bracciale, che adorna il suo braccio, pende triste il ciondolo di cui le feci dono la sera del ballo, non avrei mai creduto lo avesse ancora con se. I suoi occhi sono diventati lucidi, trattiene a stento le lacrime; non credo di averla mai vista piangere, nessuno ha mai visto Angel piangere. Lei sempre fiera e spavalda, arrogante e sicura di se, stasera sta per piangere per me. La fatina sembra guardarmi, ammonirmi con la sua inaspettata presenza, ricordandomi le dolci promesse di un ragazzo innamorato. Mi perdo nel luccichio delle sue iridi, mi sento un verme, ho solo voglia di andare via pur di non avvertire il suo sguardo disgustato su di me.
“Prova a dire che ti ha fatto schifo adesso!”
Mi allontano lasciandola alle mie spalle, da bravo codardo non ho il coraggio di affrontare la reazione provocata da quest’ultima mia frase infelice.
“Tom, domani la voglio trovare sotto casa mia: pulita e lucidata!”
Devo andare via, subito. Ho bisogno di stare da solo, di bloccare il flusso isterico dei miei pensieri.
Perdonami, Angel, perdonami almeno tu perché io non credo potrò farlo mai.

Di tanto in tanto, mi fa piacere condividere i miei mondi di fantasia con voi;
spero di non avervi annoiato.
Buona domenica.

Parole e Storie

Una vacanza da sogno


Non ho mai avuto un’ottima memoria, soprattutto per le cose che scrivo; scrivendo di getto, probabilmente, perdo la connessione con alcune cose, perdo la conoscenza delle stesse…non saprei dare una spiegazione alla capacità di stupirmi quando, per puro caso, ritrovo qualcosa scritto da me di cui non ricordavo l’esistenza.

Una vacanza da sogno

Era da tempo che mi ero ripromessa di farlo, questa volta non mi sarei  lasciata scappare l’occasione. Mi sono imposta di non chiedere consiglio a nessuno e concedermi il brivido di seguire semplicemente l’istinto nel prendere la mia decisione; egoisticamente sapevo di meritarmi questo regalo: quindici giorni di crociera nel meraviglioso Oceano Indiano: Seychelles, Madagascar, le Mauritius e Zanzibar. Un viaggio da sogno, il mio viaggio da sogno. Quindici giorni lontani dal mondo, io e Micheal, chi potrebbe negare che ci siamo meritati una ricompensa, dopo tutto?
Sono giorni, ormai, che la nave è salpata, il clima a bordo è sereno e, finalmente, anche io sto iniziando a rilassarmi e a sciogliere la troppa tensione accumulata in questo periodo convulso che ho attraversato.
Ho aspettato con ansia che Micheal cedesse al richiamo di Morfeo abbandonandosi, beatamente, tra le sue braccia nel letto king size nostra cabina per potermi concedere una passeggiata solitaria lungo il ponte illuminato; c’è la luna piena stanotte e una strana sensazione aleggia nel mio cuore facendolo sentire stranamente pesante. Cammino sovrappensiero, perdendomi con lo sguardo nell’oscurità della notte, fino a quando i miei occhi si soffermano su una sagoma troppo familiare.

Non può essere lui. Sicuramente, sarà la mia immaginazione a giocarmi brutti scherzi. Con il cuore in gola, mi avvicino a quella figura che inizia a delinearsi sempre di più ai miei occhi, mi sento mancare il respiro quando i suoi occhi si incontrano con i miei e le sue labbra disegnano un dolce sorriso.
“Ashley…”
La sua voce calda e sensuale, proprio come era impressa nei miei ricordi, trapassa la mia anima. Non può essere lui, non può essere qui. La mia voce acida scandisce le poche parole che riesco a pronunciare.
“Che ci fai tu qui?”
Sgrano gli occhi incredula, cercando di controllare il battito convulso del mio cuore e di apparire meno agitata e isterica di quanto non sia in questo momento della mia vita.
“Probabilmente la stessa cosa che fai tu?”
I suoi occhi gelidi catturano i miei, mette le mani in tasca e, con aria distratta, si poggia alla balaustra del ponte, mordicchio le labbra cercando qualcosa di intelligente da dire ma mi rendo conto ben presto che i miei neuroni hanno deciso di prendersi le ferie proprio adesso che la loro presenza sarebbe a dir poco necessaria. Sospiro, cercando di guadagnare tempo, ma è tutto inutile. Alzo bandiera bianca e lascio liberi i miei pensieri, smetto di razionalizzare e lascio che sia la mia memoria muscolare a prendere possesso dei miei movimenti. In un incastro perfetto le mie braccia si stringono intorno al suo collo e le mie labbra si posano leggere sulla sua guancia, lo sento rilassarsi per una frazione di secondo prima di adagiare con decisione le sue mani lungo i miei fianchi e stringermi a se.
“Scusami, è solo che eri l’ultima persona che mi aspettavo di incontrare su questa nave…”
Sorride sarcastico, accarezzando il mio corpo con lo sguardo.
“…forse, l’ultima che avresti voluto incontrare.”
Sfioro il suo viso con il dorso della mia mano.
“E’ passato tanto tempo, ormai.”
Sembra passata una vita da quando io e lui eravamo una sola cosa, quando, giovani e innamorati, vivevamo nella nostra bolla d’amore convinti che non esistesse mondo al di fuori di noi due. La passione che ci travolgeva ardeva così prepotentemente in noi fino a consumarci, il nostro amore era una fiamma rovente che, tristemente, una folata di vento aveva spento di colpo. Di punto in bianco, i nostri migliori pregi erano diventati i nostri peggiori difetti; litigi, urla, crisi isteriche, la nostra storia idilliaca si era trasformata, all’improvviso, in un inferno a cui con grande dolore, ma forse anche grande liberazione, avevamo messo fine.
Sorride dolcemente fermando la mia mano con la sua per portarla lentamente all’altezza labbra che delicatamente la sfiorano in un lento baciamano, i suoi occhi verdi sorridono cercando complici i miei, un breve contatto che  fa fremere il mio corpo come se fosse attraversato da una scarica elettrica. Ritraggo timidamente la mano sfregandola nervosamente con l’altra, abbasso lo sguardo per impedirgli di leggere i pensieri che, troppo malinconici, rapiscono il mio cuore riportandolo indietro nel tempo a quando esisteva un noi.
“Sei sempre bellissima.”
Non saprei dire se è colpa del leggero dondolio della nave che miscela i miei pensieri confodendoli, del fantastico cielo stellato che ci fa da scenario o della voglia di vivere che, per troppo tempo, ho represso dentro di me ma non riesco a resistere a questa forza magnetica che mi attrae verso di lui, le mie labbra non riescono a respingere il suo bacio improvviso. Non abbiamo bisogno di parole, i nostri occhi si specchiano gli uni negli altri per confidarsi ciò che le nostre bocche hanno ancora paura di ammettere, la sua mano si intreccia alla mia, i suoi passi si fanno veloci e, ad ampie falcate, mi conduce nella sua cabina. Come  due ladri, ci infiliamo in camera, i suoi occhi cercano nuovamente i miei facendo vibrare la mia anima, non riesco percepire altro se non la mia voglia di essere sua; il suo sorriso malizioso mi fa tremare le gambe mentre le sue mani, forti e decise, prendono possesso del mio corpo. Le sue mani scendono lentamente lungo la mia schiena, si adagiano sicure sulle mie natiche alzandomi di peso, allaccio le gambe intorno al suo corpo percependo tutta la sua virilità. Sto impazzendo di desiderio, e lui lo sa. Non smette di baciarmi mentre mi adagia sul letto, ammira il mio corpo caldo e pronto ad accoglierlo fino a quando, impaziente, afferro il colletto della sua camicia bianca e lo tiro verso di me; non mi lascia bramare oltre le sue carezze, le sue mani iniziano a muoversi sul mio corpo, accarezzano lentamente le mie gambe risalendo verso le mie cosce, le labbra seguono le loro movenze lasciando una scia umida e luccicante, le sue dita si avventano con foga sui bottoni dei miei pantaloni per slacciarli e liberarmene. Accarezza la mia intimità, perdendosi nel lago del mio piacere, non riesco a trattenere i gemiti che risuonano nella stanza; i suoi occhi smeraldi studiano il mio viso, contempla con un ghigno soddisfatto la mia espressione estasiata. Sento la sua eccitazione crescere sempre più prendendo vita in mezzo alle sue gambe; mugugna qualcosa con la voce roca e rotta di piacere non appena le mie mani prendono ad accarezzare con ritmo più deciso la sua intimità, volge gli occhi al cielo, dal suo respiro spezzato riesco a percepire palesemente quanto sia vicino al limite. Senza indugiare ulteriormente, si fa largo tra le mie gambe, intreccia le sue mani con le mie portandole all’altezza della mia testa, lasciando il suo corpo aderire quasi completamente con il mio; i suoi occhi nei miei, il battito del mio cuore sincrono al suo, i nostri respiri affannosi, la sua voce rauca al mio orecchio.
“Non sai quanto ho desiderato questo momento.”

Con un colpo deciso entra dentro di me, le mie mani si stringono alle sue in un istante in cui resto senza fiato, mi sento donna come non accadeva da tempo sotto le spinte possenti del mio amante, il suo bacino batte con forza contro il mio regalandomi attimi da mille brividi, un urlo smorzato esce dalla sua bocca quando con un colpo più forte mi bagna con il suo piacere, tremo tutta tra le sue possenti braccia mentre stremata lo raggiungo in quell’attimo di paradiso tutto nostro.

Appagato, si lascia scivolare accanto al mio corpo, le mie mani sul suo petto ascoltano il ritmo accelerato del suo battito mentre la mia bocca ancora bramosa del suo sapore inizia a muoversi sul suo collo. Basta poco, fugaci carezze e baci proibiti e anche la sua eccitazione raggiunge i livelli della mia, bacio il suo addome scolpito scendendo pericolosamente verso le sue zone erogene, lo sento fremere di piacere sotto i colpi esperti della mia lingua, sorrido soddisfatta: ricordo ancora bene come farlo godere, come renderlo schiavo dei movimenti. Accarezza con veemenza i miei seni invitandomi a risalire verso la sua bocca, seguo le sue indicazioni da brava gattina, mi struscio sul suo corpo fino a unirmi nuovamente al suo, mi muovo sicura scandendo il ritmo della nostra frenetica danza, i nostri corpi sembrano non essere mai sazi: per troppo tempo sono stati a digiuno l’uno dell’altro. La mia lingua si infila avida nella sua bocca fino al momento in cui ancora una volta siamo scossi dal più alto dei piacere. Mi lascio cadere sul suo corpo, le sue braccia scolpite mi stringono a se fino a quando, ormai stremati, ci abbandoniamo al più dolce dei sonni.
È oramai mattina quando mi desto dal torpore in cui ero caduta, scruto i dolci lineamenti del suo viso e una fitta mi trafigge il cuore; raccolgo i miei vestiti e di fretta mi ricompongo senza far rumore.
“Addio, amore mio.”Come una ladra sgattaiolo fuori dalla sua cabina, chiudo la porta alle mie spalle e lascio che tristi lacrime bagnino il mio visi; la sua voce calda alle mie spalle mi trapassa l’anima. Non mi volto fino a che non sento le sue mani posarsi sulle mie spalle.
“Ashley, perché stai scappando da me?”
Raggiunge il mio viso, i suoi occhi penetranti raggiungono i miei.
“Non dovevo, Jason. Perdonami.”
Le sue mani si stringono intorno alle mie braccia, l’espressione del suo viso è un misto tra rabbia e delusione, abbasso lo sguardo impotente di fronte alla dolcezza del suo.
“Devo andare, ti prego lasciami. Micheal si starà per svegliare, non può non trovarmi accanto a lui.”
Lascia di scatto la presa lasciando scivolare le braccia lungo il suo corpo. Non dice una parola. Nei suoi occhi solo profondo disprezzo. Sento il mio cuore rompersi in mille pezzi, troppo piccoli per essere rincollati questa volta. Senza muovere bocca, mi volto per riprendere la mia strada, quella che mi conduce alla mia cabina, quella che mi porta nuovamente lontana da lui.
Con le lacrime che colmano i miei occhi rientro in camera, senza spogliarmi mi adagio a letto accanto a Micheal che, fortunatamente, dorme ancora come un angelo, sfioro il suo dolce viso e mi guardo intorno osservando cosa è diventata la mia vita adesso, quanto distante sono arrivata da quel sogno idilliaco di amore eterno che mi aveva legato a Jason, quel sogno che stanotte mi aveva rapita e stravolto la vita proprio come tanti anni fa. Non è più tempo per i rimpianti, non è più tempo per i rimorsi, non è più tempo per noi.
Quella che era iniziata come una vacanza da sogno si sta trasformando per me nel peggior incubo mai vissuto, da giorni ormai vivo con il terrore di incontrare nuovamente i suoi occhi  ,ogni porta che apro, ogni angolo che svolto, ogni singola attività a cui decido di prendere parte è una puntata azzardata nella partita della mia vita.

Pubblicando tutto il racconto, sarebbe stato troppo lungo;
magari vi avrei annoiato…

Parole e Storie

Fallen in love with an Angel.


E’ domenica sera, una domenica un pò così e, mentre stavo scrivendo tutt’altro, mi è venuto in mente di postare questa roba qui.
E’ una vecchia storia, vecchia davvero. E’ una di quelle storie tanto amate da chi mi leggeva tanti anni fa, una di quelle storie che molti ricordano con nostalgia e a cui io sono emotivamente legata. E’ una di quelle storie che vorrei tanto rispolverare dall’armadio, una di quelle a cui vorrei donare un vestito nuovo e poi chissà…
Stasera ho ripreso il primo capitolo…l’ho rattoppato e gli ho messo qualche merletto per renderlo più piacevole alla vita…stasera vorrei condividerlo con voi [anche se potrebbe sembrarvi sciocco e infantile].
Lo so, è una premessa troppo lunga, ma io sono logorroica. 

Fallen in love with an Angel.

Non posso credere stia succedendo davvero: sto tornando a New York!
La mia mente sembra essersi incastrata su un unico pensiero da quando ho messo piede su quest’aereo, come un disco rotto che ripete in loop sempre la stessa melodia facendo vibrare corde della mia essenza che credevo sopite per sempre ormai.
Sto tornando a casa.
Fisso la notte scura che scorre veloce attraverso il finestrino lasciandomi rapire dalle immagini che la mia mente ha iniziato a proiettare, seguo il flusso dei miei pensieri perdendomi nei ricordi che, come scene di un film in bianco e nero, si rincorrono nello schermo della mia memoria: frammenti di vita passata che si susseguono sulle note di un’appropriata colonna sonora. Che strano come ogni canzone del mio lettore mp3 si sposi perfettamente con ogni fotogramma che fluttua leggiadro nella mia mente.

Sto tornando a casa.
Non ho mai dimenticato il giorno della mia partenza per la Francia; il liceo era finito da poco, il grande ballo di fine anno, come da tradizione, aveva messo fine in grande stile a quel capitolo della nostra vita. Le nostre strade si sarebbero divise, ne eravamo consapevoli sin dal primo giorno di scuola di quell’ultimo anno mentre fantasticavamo sui college esclusivi a cui avremmo presentato domanda; eppure, se chiudo gli occhi, riesco a percepire nuovamente l’ondata di tristezza che aveva travolto il mio cuore quando, con gli occhi velati di lacrime, ho varcato per l’ultima volta la porta di casa e il mio sguardo si è scontrato con quello delle mie migliori amiche. Avevo stretto più forte il manico del trolley fuxia che trascinavo altera e, con un movimento secco della testa, avevo sistemato i capelli e ricacciato dentro le lacrime ostentando una sicurezza che mi avrebbe assicurato, senza problemi, la nomination all’Oscar come migliore attrice protagonista. La consapevolezza che tutto sarebbe cambiato nel giro di poche ore di fuso orario mi stava lacerando lentamente ma, per nessuna ragione al mondo, il sorriso sarebbe sparito dal mio viso; stavo lasciando il mio mondo, il mio regno, per affrontare una realtà a me totalmente sconosciuta, era arrivato il momento di mettere da parte la corona di reginetta del ballo e accettare il rischio di essere una ragazza anonima in un paese in cui non avrebbero capito neppure la mia lingua.
“Stella, non dire sciocchezze. Nessuno sano di mente potrebbe mai considerarti anonima; devi aver bevuto troppo ieri sera ed essere ancora sbronza per pensare un’eresia del genere. Non sai di cosa stai parlando, si accorgeranno ben presto di quanto tu sia unica e lo sai benissimo, tesoro, hai solo voglia di sentirtelo dire da noi. Sei tremenda.”
Le parole di Brenda riecheggiano ancora rumorose nella mia testa, quante volte le avrò sentita fare quel medesimo discorso? Probabilmente ogni qual volta, in un momento di debolezza, avevo messo a nudo le mie paure più recondite confessandole ad alta voce; ero così ossessionata dalla popolarità e dallo status sociale che avevo conquistato nel periodo del liceo che, il solo pensiero, di non poter più vivere beandomi di quei privilegi sociali mi distruggeva psicologicamente.

Come avrei fatto a vivere se ne nessuno mi avrebbe adorato semplicemente per il mio essere me stessa? Come avrei fatto a sopravvivere all’anonimato?
Non potevo assolutamente perdere la mia popolarità…e invece era andata esattamente così.
Appena messo piede in terra francese, avevo capito che molte cose nella mia vita sarebbero cambiate e io non avrei potuto farci nulla: non era più tempo per delle mega-feste in piscine di ville principesche, non era più tempo per lustrini e di pon-pon, non era più tempo di nascondermi dietro i miei occhialoni da sole e decidere, con aria annoiata, cosa fosse da considerare di moda quella settimana. Era il tempo di cambiare! Non potevo essere un’americana in eterna vacanza, dovevo ripartire da zero e ricostruirmi passo dopo passo, dimenticare chi ero stata e come girava il mondo quando la stella più luminosa del firmamento ero io. Era arrivato il momento di crescere.
Sto tornando a casa.
Non ho raccontato a nessuno del mio arrivo, nessuno a parte Brenda e Kelly, logicamente.
Erano le mie migliori amiche ai tempi del liceo, probabilmente le uniche vere amiche che mi ero concessa di avere, le uniche veramente sincere tra quella massa informe di ochette dalle voci stridule che avrebbero fatto di tutto pur di entrare nelle mie grazie e godere anche loro dei privilegi della popolarità, anche se solo riflessa. Ci sono persone che il destino mette sul tuo cammino per un motivo ben preciso, Brenda e Kelly rientrano in quella categoria: amiche sin dai tempi dell’asilo noi tre, siamo sempre state inseparabili, ed era bastato poco tempo affinché il liceo divenisse il nostro regno indiscusso.
Le mie labbra si inarcano leggermente per un sorriso colmo di nostalgia al ricordo di quei giorni passati, la mia mente mi riporta ancora una volta indietro nel tempo, in quei lunghi corridoi della scuola a cui noi tre riuscivamo a dare un tocco di colore; li attraversavamo indossando, con fierezza, le divise della squadra, camminavamo ondeggiando i fianchi con fare sinuoso facendo attenzione ad occuparne giusto il centro di essi intralciando il passaggio agli altri studenti e canalizzando su di noi tutte le attenzioni. Nessuno poteva ignorare il nostro passaggio, tutti, inservienti compresi, restavano incantati a fissarci cose se fossero vittima di chissà quale sortilegio. Sorridevamo soddisfatte incrociando i nostri sguardi, il leggere le emozioni impresse su quei visi imbambolati ci donava un senso di potere che aveva un non so che di afrodisiaco. Ammirazione, desiderio, soggezione, invidia, gelosia. Pochi istanti, centinaia di emozioni differenti. E ogni mattina una vittima diversa per il solo gusto di affermare la nostra indiscussa supremazia: noi eravamo il top, gli altri solo sciocchi effetti collaterali.
Storco il naso al pensiero di questa fetta del mio passato ora che ho imparato a guardare il mondo con gli occhi di un effetto collaterale, come sbiadite fotografie rivedo gli occhi lucidi di quelle ragazze che avrebbero fatto di tutto per compiacermi e che io, acidamente, mi divertivo a distruggere per il solo gusto di farlo. Un peso compare sul mio stomaco.

Sto tornando a casa.
Ormai ci siamo. Guardo fuori dal finestrino, le luci della città si fanno sempre più vicine, sento il mio stomaco stringersi come se un pugno mi avesse colpito in pieno, non saprei dire se è il vuoto d’aria causato dall’atterraggio o l’emozione che si schiude dentro me. L’aereo traballa un po’ prima di fermarsi del tutto.  Guardo un’ultima volta fuori dal finestrino le luci ormai nitide dell’aeroporto, mi concedo un lungo sospiro prima di slacciare la cintura di sicurezza e lasciare il mio posto.
“Sono tornata!”

In realtà, non credo ci metterò davvero mano;
ma mi piace l’idea di averci pensato.

Parole e Storie

Insieme.


Il crepitio del camino riempiva l’enorme salone ben arredato dai toni caldi, tutto in quella stanza suggeriva che il Natale era ormai alle porta, fiori e ghirlande ornavano fieri i mobili in noce che lei stessa aveva scelto, candele dorate illuminavano il focolare in marmo che lui aveva fortemente voluto, dolci melodie di voci bianche riempivano l’aria. Tutto era in festa, come il suo cuore che scoppiava della gioia riflessa delle risate del suo piccolo angelo. Risate e urla riempivano la stanza, coloravano di sorrisi i loro volti, stretti nella morsa di quell’amore che li teneva al sicuro da tutto e da tutti. Non era stato facile affrontare le conseguenze della loro scelta d’amore, ma insieme ci erano riusciti. Insieme. Esattamente come si erano ripromessi quel giorno tra le lacrime mentre disperata lei cercava di allontanarlo dalla sua vita. Insieme. Come nelle più belle favole mai scritte. Osservava il suo piccolo diavoletto biondo correre per la stanza cantando a squarciagola canzoni natalizie, utilizzando gli addobbi natalizi come palline di baseball per colpire il suo papà, le risate divertite di Chris per ogni vaso salvato per miracolo sotto il suo sguardo fintamente severo. L’enorme albero di natale dominava l’intero spazio pronto ad accogliere la moltitudine di pacchettini regalo che, come ogni anno come tradizione, lo avrebbero invaso; le lucine colorate illuminavano a festa la stanza risplendendo nella lucentezza dei loro occhi innamorati.
“Manca solo l’angioletto in cima.”
Chris aveva baciato con dolcezza le sue labbra carezzandole il viso, il volto soddisfatto della sua opera, la stessa espressione di suo figlio. Identici. Christian aveva ridacchiato come ogni volta che vedeva i suoi genitori scambiarsi teneri gesti d’amore, si era stretto alle sue gambe, forte, quasi fino a farle perdere l’equilibrio e l’aveva fissata con i suoi occhi profondi. I suoi occhi.
“Posso mettere io l’angioletto quest’anno?”
Si era morso le labbra speranzoso mentre aveva visto spuntarle un sorriso materno sul viso.
“Che dici, papà, è stato abbastanza bravo ad aiutarti?”
Chris aveva intrecciato le braccia pensieroso, un espressione seria sul viso, la mano ad accarezzare il mento con fare meditabondo.
“Ti prego, papà, dai. Dai. Dai.”
Aveva visto il suo bambino volare tra le braccia del suo compagno. Suo marito. Le loro risate argentee si erano fuse nell’aria creando una dolce armonia per le sue orecchie, il cuore le scoppiava di gioia. Era quello il più bel regalo di Natale che avesse mai potuto desiderare.
“Certo, campione. L’angioletto è tutto tuo.”
Osservava gli uomini della sua vita intenti a sistemare l’angioletto dorato in cima a quell’albero davvero forse troppo grande anche per casa loro, le gambe del piccolo Christian penzoloni sul petto di Chris mentre, seduto sulle sue spalle, si allungava quanto più poteva verso la cima ancora troppo distante.
“ Mamma, non restare imbambolata, vieni ad aiutarci.”
Christian l’aveva tirata di scatto stringendola forte a se. Avevano sistemato l’angioletto rompendo qualche pallina di troppo, ma non importava a nessuno. Erano felici. Erano insieme.

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Gli oltre 30 gradi che ci sono in questo momento mi hanno fatto venir voglia di tirar fuori una storia natalizia, una scena…un momento rubato alle vite di Christian e Desy.
Se volete leggere di più di loro [e vi consiglio di farlo] dovreste darmi fiducia,
spendere 2,99 euro [che non sono poi così tanti] ed acquistare il mio ebook su Amazon: Eclisse.
In fondo tutti abbiamo bisogno di qualcuno che inizi a credere in noi.