Pensieri Sparsi

Fino al 3 Maggio…


…è davvero tantissimo tempo ancora. E io vi giuro che sto provando a non pensarci, ma non è poi così semplice.
Ieri mi è stato chiesto con fare provocatorio cosa mi mancasse della mia vita in questi giorni, d’istinto ho risposto TUTTO e ho motivato la mia scelta con un messaggio chilometrico in cui raccontavo come ogni piccolo istante di una monotona giornata normale della mia vita mi mancasse. Ho spiegato di come provassi nostalgia anche per le mie solite lamentele per il traffico del mattino o per quelle incombenze noiose che mi mettevano di cattivo umore, di come mi manca l’aperitivo post lavoro con i colleghi per lagnarci della giornata e la sveglia all’alba per organizzare un servizio fotografico. Mi manca essere sempre di corsa, l’agenda sempre troppo piena, il telefono che squilla di continuo fino a farmi impazzire; mi manca vedere il mare distogliendo lo sguardo dal pc della mia scrivania, la telefonata con un’amica post lavoro, l’organizzazione dell’ennesimo viaggio incastrato tra un impegno improrogabile e l’altro.

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Mi manca la frenesia di quelle giornate che troppe volte ho definito impossibili, uscire di casa assonnata e tornare stanca e spesso tediata, mi manca ridere per una battuta idiota sol perché ormai al culmine dell’isterismo e della stanchezza. Mi manca preoccuparmi di come andare all’ennesimo concerto dall’altra parte del mondo cercando di incastrare consegne di barche e saloni nautici.

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Credo fosse questa una delle mie ultime preoccupazioni prima che il mondo fosse messo in pausa, questa e altre mille frivolezze di cui adesso faccio anche fatica ad averne memoria. Ero preoccupata di rivedere chi aveva fatto battere troppo velocemente il mio cuore, preoccupata di non essere capace di dimostrare una maturità che avevo promesso ma temevo di non avere, preoccupata per quel sorriso che sarebbe spuntato innaturalmente sul mio viso quando avrei incrociato quegli occhi azzurri che mi avevano confusa. Ero preoccupata di come sarebbe stata questa stagione estiva con le barche spostate dal solito posto, quanti giri in barca sarei riuscita a fare, quante pause da lavoro con il lavoro sarei riuscita a concedermi.

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Mi sembra tutto così lontano adesso, tutto così futile…tutto così diverso, quasi irraggiungibile.
Eppure dovremo tornare alla normalità…o quanto meno a quella nuova normalità che caratterizzerà le nostre vite per forse troppo tempo. E non riesco a non provare ansia. Non riesco a far smettere di rimbalzare quella sciocca domanda tra le pareti labili della mia mente:
Cosa ti manca della tua vecchia vita?

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Già a chiamarla vecchia vita mi manca il respiro, eppure se ci pensate un attimo è proprio così: sembra così lontana quella normalità da sembrare cosa vecchia. Ma cosa mi manca di tutto ciò? Cosa mi manca davvero da farmi bramare di uscire dalle mura sicure della mia casa…dalla comodità del terrazzo che ho bellamente attrezzato in questi giorni. E’ complicato.

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Perché la verità è che le prime due settimane questo stop forzato mi stava facendo impazzire, questa brusca decelerazione da 100 a 0 mi aveva sfasato totalmente, rendendo le mura di casa mia una fastidiosa prigione. I meeting su Skype erano la mia finestra sul mondo, le chiacchiere su Houseparty un’ancora di salvezza per non sprofondare nell’oblio della follia. Ma ci si abitua a tutto…anche ad una vita a metà.

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Ci si abitua a vivere in un tempo lento, sospesi in un lungo fuso orario: ci si alza più tardi, perché non c’è il traffico da affrontare e si accende il computer indossando ancora il pigiama; ci si sistema i capelli tra una telefonata ed una mail; le riunioni si svolgono fuori orario; si mangia un po’ prima…un po’ sempre…un po’ tanto.

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Ho iniziato a scrivere questo post una settimana fa, mancano ancora due settimane al 3 Maggio.
Restiamo sospesi in questo tempo a metà.

Pensieri Sparsi

Essere una donna con la minigonna.


Non è la prima volta che mi ritrovo a mettere nero su bianco considerazioni sul fatto di essere una donna in un mondo di uomini; ne avevo parlato dopo una calda giornata in cantiere, quando il peso delle parole mi aveva fatto porre delle domande, quando essere una donna mi era risultata una cosa difficile…e sono sicura che se avessi spulciato bene il blog avrei trovato ancora qualche altro post sull’argomento.

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Consapevole del fatto che Ogni donna che sa il fatto suo, sa che deve lavorare il doppio di un uomo per ottenere la metà del riconoscimento ma da sempre grande sostenitrice del fatto che una donna può fare le stesse cose di un uomo, meglio e indossando i tacchi, sono anni che in un modo o nell’altro mi ritrovo ad avere a che fare, dal punto di vista lavorativo, più con uomini che con donne.
Non me ne sono mai lamentata davvero, non è mai stato davvero un problema.

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Affrontiamo brutalmente la verità: gli uomini sono di base esseri semplici, elementari direi; una volta assimilato questo semplice concetto non risulta molto difficile averci a che fare, sfruttare le loro debolezze e, perché no, capire come manipolarli. Ops, forse questo non dovevo dirlo.

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Insomma a meno che non ti trovi dinanzi un vero stronzo (e ho collezionato anche quella categoria negli anni), il gioco resta molto semplice: basta essere gentili, educate e carine e dire le peggio cose con tono mieloso.
Sono bravissima a minacciare in maniera subdola, a sorridere carina mentre scrivo mail per mettere a sicuro me stessa, a rispondere in maniera gentile mentre progetto come rigirare la frittata a modo mio.

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Leggevo l’altro giorno delle donne vittime di mansplaining e mi veniva da sorridere: tendenzialmente adoro quando mi spiegano le cose e gli dimostro di saperle fare meglio.
Ammetto che capita molto poco spesso, che lavoro in un ambiente in cui mi rispettano e spesso dimenticano che io sia donna…ed è esattamente quando mi viene chiesto qualcosa che non mi va di fare che sono io stessa a ricordarlo trovando qualcuno che faccia quella cosa per me.

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Nel tempo ho trovato un compromesso, un buon equilibrio, e davvero di norma non avrei da lamentarmi, eppure…

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…eppure è un po’ di tempo che questa condizione mi snerva il sistema nervoso.

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La premessa è che so che per un breve lasso di tempo ho lasciato che mi vedessero più umana, e forse ho sbagliato. Ma porca miseria, non schifare tutti a prescindere può essere considerato un peccato? Probabilmente si.

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Ed è questo che poi forse inizia a renderti paranoica, inizia a farti vedere tante piccole sfumature come campanelli d’allarme che ti spostano il sistema nervoso e ti rendono davvero irritata, irritabile e nevrotica.

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E’ quando la tua voce è poco melodiosa che ti senti rispondere:
Cosa hai oggi? Come mai sei irascibile? – Niente, semplicemente non ho voglia di fare la simpatica.
Oh certo, vuoi questo preventivo perché qui c’è la corsia preferenziale. – No, perché è il mio lavoro e tu mi stai facendo perdere tempo.
Oh ragazzi, ma così non si può lavorare. – Certo, perché sei tu che non fai bene il tuo lavoro.

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E’ quando mandi un messaggio per chiedere informazioni di lavoro che ogni risposta sembra forzatamente simpatica e lievemente allusiva anche se ti domandi quale tuo atteggiamento possa aver scaturito una tale confidenza.

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E’ quando ricevi una telefonata post-lavoro e decidi di non rispondere perché devi iniziare a pesare la confidenza che dai alle persone; quando ti senti costretta ad alzare muri per mantenere il rispetto che ti è dovuto, quando le parole degli altri iniziano a intrufolarti nei tuoi pensieri rendendoti paranoica.

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E’ quando decidi di tornare ad essere quella di un tempo, quella che saliva le scale senza accorgersi della persona che ha di fronte, quella che vive in un mondo tutto suo e non concede a nessuno il permesso di entrare…quella che tiene le distanze per poter continuare silenziosamente a comandare.

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Troppe domande…troppe elucubrazioni mentali.
Tutto ciò che odio.

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Vi odio tutti.

Pensieri Sparsi

✨Aᥣᥣ ყoᥙ ᥒᥱᥱd ιs ᥲ ρᥲssρort | L.A. 3.0✨


“Sogna, ragazzina. Sogna in grande. Sempre.”

Se potessi, anche solo per un momento, parlare con la me 14enne credo che non mi direi molto altro. Nessun grande spoiler sul futuro insomma, la sola consapevolezza che nessun sogno possa essere troppo grande per essere realizzato.

Quando nel 2011 ho messo per la prima volta piede sul suolo americano ricordo a pieno la sensazione di euforia mista ad un velo di malinconia: chissà se e quando avrei mai più rifatto un viaggio del genere. La me appena ventiseienne non avrebbe mai potuto immaginare quanto l’America sarebbe diventata vicina di li a pochi anni. Perché diciamocela tutta partire per la California per starci appena 4 giorni e mezzo così normale non credo possa essere [Si, sono consapevole del fatto che sono stata a Las Vegas il tempo di due concerti].

Insomma a sto giro avevo una scusa inattaccabile per apporre un altro timbro sul passaporto: il matrimonio di un’amica. Avrei potuto mai mancare?

Dopo aver passato metà anno a raccontare a Raimondo e tutto il mondo che ero stata invitata ad un matrimonio a Los Angeles insieme ad almeno un Backstreet Boys e a mentire all’altra metà del mondo affermando che ma figurati se ci saranno i Backstreet Boys anche se hanno un concerto proprio a Los Angeles il giorno dopo…avevo davvero possibilità di non salire su quell’altro?

La verità è che io quel rapporto l’ho visto nascere dall’inizio, lo avevo intuito anche quando le parole negavano l’evidenza, lo avevo osservato e capito anche quando avevo finto di ignorarlo; ero dall’altra parte del telefono quando l’ansia della proposta più importante della vita aveva sconvolto i piani della persona che meno al mondo avrei immaginato di scoprire così fragile. Potevo davvero non tenere fede all’affermazione il volo lo prendo a qualunque costo esso sia? {si ringrazia Alitalia per avermi messo veramente all prova}.

Vacanze, lavoro e vita si sono piegati al viaggio dell’anno: i 4 giorni in California.

Ok che poi in 4 giorni ci abbia infilato: 1 matrimonio, 2 concerti, 1 meet and greet ed un parco di divertimenti….si chiama capacità organizzative elevata.

Riuscire a partire a sto giro è stato ancor più complicato e problematico delle altre partenze di quest’anno, come se ogni volta staccare qualche giorno dalla quotidianità fosse una sfida contro l’intero universo; credo di aver lavorato fino a qualche istante prima di oltrepassare il gate e salire su quell’aereo che mi avrebbe imprigionata per oltre 13 ore {perché ovviamente è partito con oltre un’ora di ritardo}.

L’aperitivo easy sul terrazzino del favoloso appartamento di Hollywood in cui abbiamo soggiornato ha segnato il vero inizio della vacanza. Quando posso trasferirmi definitivamente in quel l’appartamento? Prima di subito, grazie.

Come in una sorta di pellegrinaggio {si, fa ridere anche a me questa cosa}, la prima tappa non poteva non essere la stella delle mie stelle. Nonostante non fosse la prima volta, è sempre divertente perdere tempo alla ricerca della nuova foto perfetta da condividere sui social.

E nonostante la stanchezza, dopo la cena prematrimoniale, potevamo non scattare qualche foto all’Urban Lamps del Lacma. Grazie Serena per averci fatto da fotografa.

Il giorno del matrimonio è stato un susseguirsi di ansie e frenesia; sia chiaro non siamo rinomate per la nostra puntualità e probabilmente anche le nostre capacità organizzative a sto giro erano proprio ai minimi storici perché altrimenti è difficile spiegare la folle decisione di iniziare a prepararci in sei all’una di pomeriggio dovendo essere fuori casa alle tre e mezza.

La verità è che nessuna di noi aveva voglia di rinunciare a scattare una foto instagrammabile della scritta Hollywood

…o a fare visita alla casa di Brenda e Brendon Walsh

…o ad accendere un lumino fuori la casa di Dylan McKay

…dovevamo pur celebrare il ritorno di Beverly Hills 90201 a modo nostro, o no?

Praticamente Mascia (salvando i nostri portafogli dall’unutile costosità della beauty americana) ha dovuto fare i salti mortali per renderci presentabili: ma che principesse spettacolari eravamo?

Tra il nostro tempismo alla Backstreet’s Time e il traffico di Los Angeles abbiamo rischiato di perdere la cerimonia; grazie al nostro essere fantasticamente italiane ce ne siamo fregate dal diniego dell’organizzatrice e abbiamo preso posto poco prima dell’ingresso degli sposi. Eravamo lì al loro ingresso, questo è quello che conta.

Assistere al matrimonio di un’amica è sempre un’esperienza estremamente emozionante; felicità mista ad una strana malinconia si fondono nell’anima al suono delle loro parole d’amore, il pensiero che quelle dolci promesse siano il preludio di un cambiamento a cui non sai se sei davvero abituata è difficile da tenere lontano. Eravamo salite su delle montagne russe emozionali ma nessuno di noi ancora ne aveva la consapevolezza, eppure l’uscita dei biglietti dall’afterparty che ci ha reso autistiche giusto alla fine della celebrazione doveva essere un buon indizio.

“Siamo le cugine delle sposo…”

“Uhmm…si, piacere…cazzo ma a voi è passata la carta?….oh si, i cugini…ma ci sarà Nick?…Silvia fai conversazione…oddio non ho letto quale Back ci sia…”

Il tempo di alleggerire le nostre carte di credito e siamo tornate ad essere le perfette invitate ad un matrimonio, nei nostri vestiti eleganti, i nostri bicchieri pieni e un sorriso in più. A differenza di quanto si possa pensare questo è stato il momento in cui il nostro stato di fans ha raggiunto il punto più altro del fansometro quella giornata; perché quanto te ne sbatti degli oltre 1000 euro del biglietto aereo per essere al matrimonio di una tua amica la presenza di uno dei Backstreet Boys alla cerimonia può solo accompagnare.

Abbiamo riso e abbiamo pianto, abbiamo brindato e cantato, ballato e brindato, fatto amicizia con gente improbabile che ci ha un po’ deriso quando i riflettori si sono accesi su di noi in quanto fans, ci siamo abbracciate e abbiamo brindato e lasciato che per una volta fosse lui a guardare noi (si ringrazia la madre della sposa per averci capito più di chiunque altro quella sera). Abbiamo celebrato la nostra amicizia vincendo l’imbarazzo di salire sul palco e, microfono alla mano, leggere il nostro discorso agli sposi; quel discorso che avevamo provato in strada mimando anche la gestualità ma che poi si è tramutato in pianto e parole biascicate (pessimo inglese per me).

Sfido chiunque a provare di evitare gli sguardi degli sposi per non piangere e trovarsi quello di un Backstreet Boys che ti fissa probabilmente cercando di capire in che lingua stai parlando, scegliere di guardare gli sposi e sentire il proprio sistema emozionale andare in crash. Una tragedia insomma.

Eppure ce l’abbiamo fatta…nonostante tutto.

Ed il giorno dopo eravamo pronte ad un altro giro di giostra per le nostre finanze: shopping, shopping e ancora shopping.

Inutile che fate quella faccia, non è mai abbastanza (e il tempo che mi viene concesso è sempre troppo poco).

Ora diciamoci la verità: sei a Los Angeles e di sera c’è un concerto dei Backstreet Boys, puoi non andarci? Ovviamente dopo aver fatto un giro all’inutile mostra a loro dedicata (se pensate che sia una pessima fan, non continuate a leggere il resto) ci siamo dirette allo Staples Center dove il momento più bello della serata è stato quello delle foto.

Perché tra l’afterparty cancellato a mezz’ora dal concerto e i posti fuori dal palazzetto la serata è stata un vero flop.

Ecco, qui devo fermarmi un attimo in questo mio racconto per una triste riflessione: i concerti dei Backstreet Boys visti dalla fanculonia delle tribune fanno schifo. Non mi sovviene un’altra espressione meno antipatica per descrivere le due ore di insofferenza vissute quella sera, meno male che almeno avevamo i Nachos…ma dico sul serio, sarà che eravamo davvero praticamente fuori dal palazzetto ma che roba terribile. Credo sia stata questa insofferenza e Uber che non riusciva a capire da quale lato della strada fossimo (si lo so eravamo noi a non capire lui) che, come se fossimo sotto effetto di qualche strana sostanza stupefacente, durante il tragitto verso casa non riuscivamo a smettere di ridere (siamo delle brutte persone).

La scelta di andare agli Universal Studios, anche se solo in tre, non è stata azzeccatissima per questo viaggio; tornare bambine anche solo per un giorno è stato terapeutico. Passeggiare per le strade di Springfield, abbracciare un Minion, visitare la scuola di Harry Potter e diventare dei teneri unicorni…tutto nella norma insomma.

Ho adorato ogni singolo momento, anche le file interminabili alla fine hanno avuto un loro perché tra pop corn e chiacchiere nessun minuto è andato sprecato.

Senza neanche accorgermene è arrivato il 5 Agosto: il giorno prima del ritorno a casa, il giorno dei primi saluti malinconici, il giorno delle grandi ansie…il giorno in cui finalmente Lo avrei davvero rivisto.

Se il tempo nuvoloso che ci ha accolto a Santa Monica ha rovinato le nostre favolose foto…

…il pranzo nuovamente tutte insieme da Bubba Gump ha riempito di sole i nostri animi.

Il di fondo però era quello di affrontare le nostre ansie, i nostri ritardi, il traffico maledetto di Los Angeles e la distanza da Anaheim. Un delirio. Scene di panico e paura che mi hanno fatto riscoprire una calma interiore che mai avrei immaginato di avere.

Senza neanche rendermene conto è arrivata l’ora X, quando il cuore batte così forte da sentirlo in gola e l’aria a fatica entra nei polmoni (secondo me era l’aria condizionata ad essere troppo forte ad attentare la mia salute).

Ogni volta è come se fosse la prima, la voce va via per qualche istante e alla solite domande di Josh arrivano sempre le solite risposte:

Come stai?

Non lo so.

Sei pronta.

Credo di no.

A sto giro era diverso; niente sorpresa dietro il paravento…semplicemente l’ansia di essere la prossima della fila.

Sbirciare per capire di che morte morire e incrociare il Tuo sguardo, la Tua espressione sorpresa, il Tuo affacciarti per guardare e capire meglio chi ci fosse dopo, le Tue smorfie da cretino. Non erano nella mia testa.

A sto giro erano invertiti, il primo ad accogliere il mio arrivo è stato Howie. Probabilmente è stata l’unica volta in cui l’ho davvero salutato in questo tour.

L’abbraccio di Kevin è stato volutamente lento, non ho idea di cosa mi abbia detto persa come ero a guardare le espressioni da idiota sul Tuo viso. Te la stavi preparando e non vedevi l’ora di fare il tuo show, possibile che fosse così palese sul tuo viso?

Italianoooooo!”

Lo hai urlato soddisfatto allargando le braccia per accogliermi in un abbraccio.

Ho riso come una cretina. Come non avevo mai fatto prima.

Bravoooo!!!”

La voce di Kevin mista a quella degli altri che mi facevano il verso era solo un brusio, il suono divertito della tua risata soddisfatta era melodia. Come quell’amico cretino a cui vuoi bene e non sai perché. A sto giro non ho dovuto chiedere come volessi la foto, hai fatto tutto TU. Non mi sono accorta di Justin che staccava perché hai deciso che il momento giusto per parlarmi all’orecchio fosse proprio quello.

Il sorriso che ho nella foto è la risposta migliore che potessi dare alle tue parole; sai sempre come ricordarmi che della ragazzina che aveva paura di essere invisibile al mondo adesso è rimasto ben poco. Mi hai guardato negli occhi e mi hai detto che rivedermi è sempre bello. Tu. A me. Il mondo funziona male, caro Carter.

E saranno frasi di circostanza, saranno i miei soldi che ti piace rivedere, sarà la mia espressione idiota che ti diverte, sarà che davvero ricordi cosa ci diciamo, sarà che sono il Tuo puntino tra la folla, sarà che ormai sai quanto mi fai bene…sarà che sei semplicemente perfetto e non potrei desiderare di più.

Il concerto è stato bellissimo. Non perfetto, non eravamo abbastanza vicine per esserlo, ma bellissimo. Sarà stato il vino che ho bevuto nella Lounge o le chiacchiere che hanno riempito l’attesa ma a sto giro la musica mi ha toccato l’anima. Ho pianto come se non ci fosse un domani, come non accadeva da tempo ad un loro concerto, come forse ne avevo bisogno.

Non so quanto avessi bisogno di aspettare oltre due ore che uscissero da quel palazzetto, maledetti!

Quando un viaggio giunge al termine è difficile non perdersi nei ricordi appena creati, è quasi impossibile non fermarsi e tirare le somme. Rendersi conto che è stato quasi tutto perfetto è la gioia più grande che ci possa raggiungere. Pensare che al pensiero della partenza non poche ansie avevano alloggiato nella tua testa.

È stata una folle corse fatta di troppe emozioni che neanche questo post chilometrico potrebbe mai contenere, è stato un riscoprirsi diverse e ritrovarsi unite sotto un cielo a stelle e strisce. È stato mettere a nudo i propri pensieri, condividere le proprie sensazioni più profonde di fronte ad una ipercalorica ciambella alle sei del mattino. Abbracciarsi e sentirsi vicine; riscoprirsi bambine e ritrovarsi donne.

“𝐷𝑜𝑣𝑒 𝑣𝑖 𝑠𝑖𝑒𝑡𝑒 𝑐𝑜𝑛𝑜𝑠𝑐𝑖𝑢𝑡𝑒?”

𝑄𝑢𝑎𝑛𝑡𝑒 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑒 𝑎𝑏𝑏𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑠𝑒𝑛𝑡𝑖𝑡𝑜 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑎 𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑑𝑎? 𝑄𝑢𝑎𝑛𝑡𝑒 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑒 𝑠𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑟𝑖𝑢𝑠𝑐𝑖𝑡𝑒 𝑎 𝑛𝑜𝑛 𝑝𝑒𝑟𝑑𝑒𝑟𝑐𝑖 𝑛𝑒𝑙 𝑣𝑖𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑒𝑖 𝑟𝑖𝑐𝑜𝑟𝑑𝑖 𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑎 𝑐𝘩𝑒 𝑢𝑛𝑎 𝑑𝑖 𝑛𝑜𝑖 𝑝𝑟𝑜𝑛𝑢𝑛𝑐𝑖𝑎𝑣𝑎 𝑙𝑎 𝑓𝑎𝑡𝑖𝑑𝑖𝑐𝑎 𝑓𝑟𝑎𝑠𝑒: “𝐴𝑑 𝑢𝑛 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑟𝑡𝑜.”

𝐶𝑖 𝑠𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑐𝑜𝑛𝑜𝑠𝑐𝑖𝑢𝑡𝑒 𝑖𝑛 𝑔𝑖𝑟𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑖𝑙 𝑚𝑜𝑛𝑑𝑜 𝑐𝑜𝑛 𝑔𝑙𝑖 𝑜𝑐𝑐𝘩𝑖 𝑝𝑖𝑒𝑛𝑖 𝑑𝑖 𝑔𝑖𝑜𝑖𝑎 𝑒 𝑙’𝑎𝑛𝑖𝑚𝑎 𝑝𝑖𝑒𝑛𝑎 𝑑𝑖 𝑎𝑛𝑠𝑖𝑎, 𝑎𝑚𝑖𝑐𝘩𝑒 𝑑𝑖 𝑎𝑚𝑖𝑐𝘩𝑒…𝑛𝑒𝑚𝑖𝑐𝘩𝑒 𝑑𝑖 𝑛𝑒𝑚𝑖𝑐𝘩𝑒…𝑒 𝑔𝑢𝑎𝑟𝑑𝑎𝑐𝑖 𝑞𝑢𝑖 𝑎𝑑𝑒𝑠𝑠𝑜.

𝑆𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑖𝑛𝑐𝑖𝑎𝑚𝑝𝑎𝑡𝑒 𝑙’𝑢𝑛𝑎 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑎𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑐𝑎𝑠𝑜, 𝑐𝑖 𝑠𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑡𝑒𝑛𝑢𝑡𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑚𝑎𝑛𝑜 𝑒 𝑎𝑏𝑏𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑡𝑜 𝑎 𝑐𝑎𝑚𝑚𝑖𝑛𝑎𝑟𝑒 𝑖𝑛𝑠𝑖𝑒𝑚𝑒.

Piccole stelle, grazie per questi fantastici ricordi.

Vi voglio bene 💛

Pensieri Sparsi

… 31/365


Non ho già smesso questo giochino, ho postato per giorni altrove! Ma bisogna aggiornare anche qui.

𝟷𝟻/𝟹𝟼𝟻

𝙻𝚊 𝚏𝚘𝚝𝚘 𝚎𝚛𝚊 𝚜𝚝𝚊𝚝𝚊 𝚜𝚌𝚊𝚝𝚝𝚊𝚝𝚊, 𝚍𝚘𝚟𝚎𝚟𝚊 𝚜𝚘𝚕𝚘 𝚎𝚜𝚜𝚎𝚛𝚎 𝚌𝚊𝚛𝚒𝚌𝚊𝚝𝚊.

𝙳𝚒𝚝𝚎 𝚌𝚑𝚎 𝚟𝚊𝚕𝚎 𝚕𝚘 𝚜𝚝𝚎𝚜𝚜𝚘? 𝙾 𝚙𝚘𝚜𝚜𝚘 𝚐𝚒𝚊̀ 𝚍𝚒𝚌𝚑𝚒𝚊𝚛𝚊𝚝𝚘 𝚏𝚊𝚕𝚕𝚒𝚝𝚘 𝚚𝚞𝚎𝚜𝚝𝚘 𝚎𝚜𝚙𝚎𝚛𝚒𝚖𝚎𝚗𝚝𝚘?

𝙸𝚕 𝚙𝚊𝚗𝚘𝚛𝚊𝚖𝚊 𝚎̀ 𝚜𝚎𝚖𝚙𝚛𝚎 𝚕𝚘 𝚜𝚝𝚎𝚜𝚜𝚘…𝚒𝚗 𝚞𝚗𝚊 𝚐𝚒𝚘𝚛𝚗𝚊𝚝𝚊 𝚗𝚘𝚒𝚘𝚜𝚊, 𝚊𝚕𝚣𝚘 𝚕𝚘 𝚜𝚐𝚞𝚊𝚛𝚍𝚘 𝚎 𝚖𝚒 𝚙𝚎𝚛𝚍𝚘 𝚗𝚎𝚒 𝚌𝚘𝚕𝚘𝚛𝚒 𝚍𝚎𝚕𝚕’𝚒𝚗𝚏𝚒𝚗𝚒𝚝𝚘.

𝟷𝟼/𝟹𝟼𝟻

𝚂𝚝𝚊𝚗𝚌𝚑𝚒𝚝𝚊̀…

𝟷𝟽/𝟹𝟼𝟻

𝙳𝚒𝚌𝚘𝚗𝚘 𝚌𝚑𝚎 𝚘𝚐𝚐𝚒 𝚜𝚒𝚊 𝚒𝚕 𝙿𝚒𝚣𝚣𝚊 𝙳𝚊𝚢.

𝙲𝚎𝚕𝚎𝚋𝚛𝚒𝚊𝚖𝚘!

𝟷𝟾/𝟹𝟼𝟻

𝚄𝚗𝚊 𝚙𝚊𝚛𝚝𝚒𝚌𝚘𝚕𝚊𝚛𝚎 𝚟𝚎𝚛𝚜𝚒𝚘𝚗𝚎 𝚙𝚎𝚛 𝚕𝚊 𝚖𝚒𝚊 #𝟷𝟶𝚢𝚎𝚊𝚛𝚜𝚌𝚑𝚊𝚕𝚕𝚎𝚗𝚐𝚎.

𝚂𝚘𝚗𝚘 𝚌𝚊𝚖𝚋𝚒𝚊𝚝𝚎 𝚌𝚘𝚜𝚒̀ 𝚝𝚊𝚗𝚝𝚎 𝚌𝚘𝚜𝚎 𝚒𝚗 𝚚𝚞𝚎𝚜𝚝𝚒 𝟷𝟶 𝚊𝚗𝚗𝚒: 𝚒𝚕 𝚌𝚘𝚕𝚘𝚛𝚎 𝚍𝚎𝚒 𝚖𝚒𝚎𝚒 𝚌𝚊𝚙𝚎𝚕𝚕𝚒 𝚑𝚊 𝚏𝚒𝚗𝚊𝚕𝚖𝚎𝚗𝚝𝚎 𝚝𝚛𝚘𝚟𝚊𝚝𝚘 𝚙𝚊𝚌𝚎, 𝚖𝚘𝚕𝚝𝚎 𝚊𝚖𝚒𝚌𝚒𝚣𝚒𝚎 𝚜𝚘𝚗𝚘 𝚜𝚝𝚊𝚝𝚎 𝚌𝚊𝚖𝚋𝚒𝚊𝚝𝚎, 𝚖𝚒 𝚜𝚘𝚗𝚘 𝚕𝚊𝚞𝚛𝚎𝚊𝚝𝚊, 𝚑𝚘 𝚌𝚊𝚖𝚋𝚒𝚊𝚝𝚘 𝚞𝚗 𝚙𝚘’ 𝚍𝚒 𝚕𝚊𝚟𝚘𝚛𝚒, 𝚜𝚘𝚗𝚘 𝚊𝚙𝚙𝚛𝚘𝚍𝚊𝚝𝚊 𝚕𝚊𝚍𝚍𝚘𝚟𝚎 𝚏𝚘𝚛𝚜𝚎 𝟷𝟶 𝚊𝚗𝚗𝚒 𝚏𝚊 𝚊𝚟𝚎𝚟𝚘 𝚜𝚘𝚕𝚘 𝚒𝚗𝚒𝚣𝚒𝚊𝚝𝚘 𝚊 𝚙𝚎𝚗𝚜𝚊𝚛𝚎, 𝚑𝚘 𝚟𝚒𝚊𝚐𝚐𝚒𝚊𝚝𝚘 𝚒𝚗 𝚕𝚞𝚗𝚐𝚘 𝚎 𝚒𝚗 𝚕𝚊𝚛𝚐𝚘 𝚙𝚎𝚛 𝚚𝚞𝚎𝚜𝚝𝚘 𝚖𝚘𝚗𝚍𝚘, 𝚑𝚘 𝚌𝚘𝚗𝚘𝚜𝚌𝚒𝚞𝚝𝚘 𝚖𝚎𝚐𝚕𝚒𝚘 𝚖𝚎 𝚜𝚝𝚎𝚜𝚜𝚊…𝚖𝚊 𝚞𝚗𝚊 𝚌𝚘𝚜𝚊 𝚜𝚘𝚕𝚊 𝚗𝚘𝚗 𝚎̀ 𝚌𝚊𝚖𝚋𝚒𝚊𝚝𝚊: 𝚒𝚕 𝚖𝚒𝚘 𝚊𝚖𝚘𝚛𝚎 𝚙𝚎𝚛 𝚚𝚞𝚎𝚜𝚝𝚒 𝟻 𝚍𝚎𝚏𝚒𝚌𝚒𝚎𝚗𝚝𝚒…𝚚𝚞𝚎𝚕𝚕𝚘 𝚗𝚘𝚗 𝚌𝚊𝚖𝚋𝚒𝚎𝚛𝚊̀ 𝚖𝚊𝚒 𝚎 𝚙𝚘𝚒 𝚖𝚊𝚒.

𝙰𝚕𝚠𝚊𝚢𝚜 𝚊𝚗𝚍 𝚏𝚘𝚛𝚎𝚟𝚎𝚛.

𝟸𝟺/𝟹𝟼𝟻

𝙽𝚘𝚗 𝚜𝚘𝚗𝚘 𝚖𝚊𝚒 𝚛𝚒𝚞𝚜𝚌𝚒𝚝𝚊 𝚊 𝚋𝚞𝚝𝚝𝚊𝚛𝚕𝚒 𝚒 𝚖𝚒𝚎𝚒 𝚌𝚎𝚛𝚌𝚑𝚒𝚎𝚝𝚝𝚒. 🥰

𝟸𝟶/𝟹𝟼𝟻

𝙳𝚘𝚙𝚘 𝚞𝚗𝚊 𝚟𝚒𝚝𝚊, 𝚞𝚗𝚊 𝚜𝚝𝚘𝚛𝚒𝚊 𝚑𝚊 𝚙𝚛𝚎𝚜𝚘 𝚟𝚒𝚝𝚊.

𝟸𝟸/𝟹𝟼𝟻

𝙱𝚊𝚜𝚝𝚊 𝚙𝚒𝚘𝚐𝚐𝚒𝚊. 𝙶𝚛𝚊𝚣𝚒𝚎.

𝟸𝟻/𝟹𝟼𝟻

𝚃𝚑𝚎𝚢’𝚛𝚎 𝚋𝚊𝚌𝚔!

𝟸𝟽/𝟹𝟼𝟻

𝙻𝚊 𝙿𝚊𝚗 𝚍𝚒 𝚂𝚝𝚎𝚕𝚕𝚎 𝚍𝚎𝚝𝚛𝚘𝚗𝚒𝚣𝚣𝚎𝚛𝚊̀ 𝚕𝚊 𝙽𝚞𝚝𝚎𝚕𝚕𝚊?

𝟸𝟾/𝟹𝟼𝟻

𝙱𝚒𝚜𝚘𝚐𝚗𝚊 𝚌𝚘𝚖𝚋𝚊𝚝𝚝𝚎𝚛𝚎 𝚒𝚕 𝚏𝚛𝚎𝚍𝚍𝚘 𝚌𝚘𝚗 𝚝𝚞𝚝𝚝𝚒 𝚒 𝚖𝚎𝚣𝚣𝚒 𝚊 𝚍𝚒𝚜𝚙𝚘𝚜𝚒𝚣𝚒𝚘𝚗𝚎.

𝟸𝟿/𝟹𝟼𝟻

𝚄𝚗 𝚗𝚞𝚘𝚟𝚘 𝚌𝚘𝚕𝚕𝚎𝚐𝚊 𝚒𝚗 𝚞𝚏𝚏𝚒𝚌𝚒𝚘.

𝙲𝚘𝚌𝚌𝚘𝚕𝚘𝚜𝚘.

𝟹𝟶/𝟹𝟼𝟻

𝙽𝚘𝚗 𝚌𝚒 𝚜𝚊𝚛𝚊̀ 𝚝𝚛𝚊𝚏𝚏𝚒𝚌𝚘 𝚖𝚊 𝚒𝚘 𝚙𝚛𝚎𝚏𝚎𝚛𝚒𝚜𝚌𝚘 𝚕𝚊 𝚖𝚒𝚊 𝚜𝚌𝚛𝚒𝚟𝚊𝚗𝚒𝚊 𝚟𝚒𝚜𝚝𝚊 𝚖𝚊𝚛𝚎.

𝟹𝟷/𝟹𝟼𝟻

𝙵𝚒𝚗𝚊𝚕𝚖𝚎𝚗𝚝𝚎 𝚕’𝚒𝚗𝚏𝚒𝚗𝚒𝚝𝚊̀ 𝚍𝚒 𝙶𝚎𝚗𝚗𝚊𝚒𝚘 𝚎̀ 𝚊𝚛𝚛𝚒𝚟𝚊𝚝𝚊 𝚊𝚕 𝚝𝚎𝚛𝚖𝚒𝚗𝚎.

𝙰𝚋𝚋𝚒𝚊𝚖𝚘 𝚋𝚒𝚜𝚘𝚐𝚗𝚘 𝚍𝚒 𝚌𝚘𝚌𝚌𝚘𝚕𝚎 𝚍𝚊 𝚚𝚞𝚎𝚜𝚝𝚎 𝚙𝚊𝚛𝚝𝚒.

Non ci credo che sono riuscita a metterle tutte.

Pensieri Sparsi · Weird World ❤

Quando sei arrivata qui non ti sopportavo proprio!


"Quando sei arrivata qui non ti sopportavo proprio!"

Non è che avessi qualche dubbio a riguardo, eppure sentirlo ammettere candidamente dalla sua voce oggi mi ha provocato un effetto strano; una sorta di ammissione di colpa che ha dato un senso a tutte quelle volte che sentivo che il problema era null’altro che la mia presenza nella stanza.

E’ complicato da spiegare. Non so neanche quanto senso abbia farlo. Probabilmente se avessi avuto un paio di pon pon al suono delle sue parole avrei iniziato ad agitarli urlando: Lo sapevooo!!!


Ma dai! Non se ne era accorto nessuno.
Ho sorriso arricciando il naso e ho continuato a lavorare come se nulla fosse ignorando i commenti ironici sui giorni dei miei inizi, su quanto non rispecchiassi quanto si aspettava di trovare in ufficio e su come era stata una piacevole scoperta capire che sulla gestione del cantiere, sull’organizzazione degli eventi e sulla comuncazione sei davvero brava…anche se soffri di cali di attenzione eh.

Lo sguardo sarcastico dei miei colleghi ho solo finto di non averlo notato. Porelli. Li ho lasciati ironizzare su quanto e come io lavori, su quanto tutti si fossero accorti che non mi sopportava. Li ho osservati ridere mentre facevo notare loro il tempo al passato del verbo utilizzato.

Non possono sapere che una settimana fa sono stata convocata prima in ufficio ed ad aspettare proprio me c’era una busta di Micheal Kors. Non possono sapere che avevo gli occhi pieni di lacrime quando ho capito che si trattava di un regalo per me, quando ho sentito la motivazione di quel regalo e di come, trattenendo a stento l’emozione, ho capito di essere riuscita a fargli cambiare idea sul mio conto. Non possono sapere di quanto tempo sia stato impiegato per trovare quel regalo per me, di quante volte mi sia stato chiesto se era stato gradito.

L’ho fatto con piacere. Lo meriti !
Un abbraccio e grazie di tutto.

Ci sono dei grazie che valgono molto di più. Dei grazie che hanno il sapore della rivalsa. Dei grazie che semplicemente ti ricordano che alla fine ce la puoi sempre fare.

Devi solo volerlo. Ma volerlo per davvero.

Pensieri Sparsi

Mi salvi chi può.


Come fate a capire cosa scrivere quando avete la testa piena zeppa di cose che vogliono trovare posto sul foglio vuoto dinanzi a voi?
Sembra quasi che solo adesso che, finalmente, dopo un’eternità io abbia trovato voglia e tempo di sedermi di fronte a questo spazio bianco i pensieri nella mia testa abbiano deciso di mettersi a ballare una rumba rendendomi complicato il tentativo di metterli in ordine.

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Avrei così tanto da raccontare…ma non so da dove iniziare. Oh, sai che novità.
La verità è che è un mese che succedono cose per cui mi ritrovo a pensare questa cosa qui devo assolutamente raccontarla sul blog e poi semplicemente di sera arrivo così stanca e infastidita dal rumore dei tasti sulla tastiera del mio pc che aggiornare il blog diviene l’ultimo dei miei pensieri. Arrivo così stanca che non riesco neanche più a trovare forza e voglia di andare in palestra (regaliamoli i soldi di questo abbonamento eh), così stanca che non riesco più a seguire decentemente una serie televisiva (ci credereste se vi dicessi che prima ne seguissi almeno 15 diverse a settimana?), così stanca che troppo spesso le parole di chi mi circonda non trovano spazio nella mia testa.

tumblr_inline_nafspk2cuu1slto11Il punto è che da quando ho cambiato mansione a lavoro sono decisamente più stanca, più esaurita (io ancora mi domando perché le barche non si spostino da sole eh), più ansiosa rispetto alle cose da fare il giorno dopo, più maniaca del controllo con i miei post-it, i miei evidenziatori, la mia agenda e i miei mille quaderni, spesso più confusa (devo decisamente migliorare il mio switch italiano/inglese)…eppure sono decisamente più soddisfatta.

tenor_zpskulamuq6Ed è strano sapete? Perché, per quanto io sia consapevole di aver studiato per essere un architetto da grande, nell’ultimo mese credo di aver assunto le mansioni più svariate: sono stata un pò avvocato, un pò facchino, un pò agente di viaggi, un pò assicuratore, un pò segretaria, un pò ragazza del caffè, un pò la nuova tizia dell’ufficio marketing e comunicazione, un pò social media manager, un pò controllore, un pò l’assistente del capo,  un pò trasportatrice di brochure e cassette degli attrezzi vari…si ok, a tratti brevi, sono stata anche un poco architetto.

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Lo sto facendo di nuovo, anche qui: quando smetto di lavorare…parlo di lavoro. 
AIUTATEMI!!!
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Mi rendo conto che dopo tutto questo delirio vi sarà complicato credere che ho delle distrazioni inquietante questo periodo, che avrei mille e trecento cose a cui pensare quando finalmente lascio l’ufficio/il cantiere/la barca/l’ennesimo posto in cui sono dovuta andare. 
Ma se vi dicessi che le distrazioni attualmente mi mettono più ansia cosa mi rispondereste?

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Questo post è un delirio ma è il frutto della consapevolezza che i prossimi 19 giorni saranno un’unica ed infinita corsa, perché mi sono resa conto solo oggi che mancano appena 19 giorni e ho ancora fin troppe cose per pensare anche solo lontanamente di essere pronta ad affrontare tutto questo.

Rachel-AHHHHHHHH

Mi salvi chi può!

 

Pensieri Sparsi

Non è facile essere donna!


E non serviva un mio post per ricordarlo al mondo in questo 2017 giunto ormai oltre la sua metà; ma se mi togliete anche la libertà di lagnarmi in questo mio spazio è la fine eh.

Si dice che una donna per ricevere lo stesso riconoscimento di un uomo debba lavorare almeno il doppio…io aggiungo che deve dimostrare di poterlo fare anche indossando una gonna e dei sandali: perché quando esci di casa per andare in ufficio e ti ritrovi costretta ad andare in cantiere a rilevare il mondo, bisogna imparare a fare di necessità virtù.

Da domani, però, girerò con un ricambio in auto. #fanculo

Pensieri Sparsi

Come lo chiami un martedì dal sapore di lunedì? Merdadi!!!


Che per come si prospetta questa settimana potrebbe essere tranquillamente il nome anche dei giorni a venire!

Gli sbalzi d'umore di Miranda condizionano non poco il mio già labile equilibrio e di certo queste alitate di Lucifero che buttano la mia pressione sotto un livello umanamente accettabile non aiutano.

Le vacanze sono lontane, troppo lontane, porca di quella %|+~*{^+{+]*|^+|+~*|+ 🙊

Spero a voi sia andata meglio la giornata.

Pensieri Sparsi

Non sono scappata!


Vi starete chiedendo che fine abbia fatto, o almeno spero visto che è qualche giorno che non posto nulla dopo avervi abituati anche a più post al giorno. [Se non ve lo state chiedendo sappiate che probabilmente siete già sulla mia lista nera e, onestamente, non vorrei assolutamente essere al posto vostro]

Vi avevo accennato che questo per me sarebbe stato un periodo di cambiamenti: la fine di qualcosa, l’inizio di un’altra, una grande opportunità, una nuova possibilità di crescita, una nuova sfida. Posso farcela eh.

Venerdì è stato il mio ultimo giorno di lavoro in quell’ufficio, un giorno che ormai bramavo da tempo eppure non avrei mai creduto di ritrovarmi a versare delle lacrime nel dover dire addio alle mie colleghe, a guardare con un mix di tristezza e malinconia quel corridoio che non avrei più percorso per raccattare stampe e fotocopie, nel fare le ultime telefonate per far partire per l’ultima volta quei cantieri di cui per un anno mi sono occupata. Mi sono emozionata nello scartare il regalo delle mie colleghe e nel leggere le parole scritte direttamente dal cuore per salutare la loro piccola Cappuccetto Rosso.


Cosa mi aspetta adesso?

Per adesso due settimane a casa per coccolarmi, fare shopping, recuperare serie TV, dominare l’ansia, andare al mare, riposare, scrivere, rimettere in linea pensieri ed idee, studiare un nuovo programma di modellazione, godermi del buon tempo con me stessa.

E poi nuovo lavoro, nuovo ufficio, nuovi colleghi…nuovo panorama. 


Vi terrò aggiornati, promesso.