Pensieri Sparsi

come un girasole


E’ da questa mattina che ho in mente una sola immagine. Nelle sue innumerevoli versioni.

L’ho postata anche sulle mie stories Instagram e la gente ha pensato che fossi triste.
Eppure non è così.
Semplicemente trovo ipnoticamente affascinante la bellezza di questo girasole appassito: un qualcosa che un tempo era così spavaldamente imponente e colorato, così immenso da avvolgenti e inglobarti al suo interno. Così affascinante da illuderti che quel giallo vivido potesse essere bello quasi quanto il sole.

Pensieri Sparsi

Battuta da un pollo allo spiedo.


“Mi si raffredda il pollo!”

Ho immaginato mille volte come sarebbe stata la nostra ultima conversazione, ma ammetto che sono stata sempre forse troppo priva di fantasia. Letteralmente (visto che va tanto di moda, devo infilarci anche io questa parola) mai sarei riuscita ad elaborare una perla del genere. Evidentemente non sono così fantasiosa come scrittrice quanto credessi.
O forse a volte la realtà riesce ad essere più grottesca della fantasia.

E’ stato esattamente così che l’ennesima dimostrazione dell’imparità di sentimenti con cui mi sono ritrovata costretta, mio malgrado, a fare i conti in questo ultimo periodo, ha assunto una connotazione tragicomica: io che mi ero affannata per quelle ultime frasi rubate prima di cena battuta a mani bassa  da un pollo che rischiava di raffreddarsi. 

Avrei potuto sentire ancora una volta la mia dignità lacerarsi, invece ho sorriso. Esattamente come si fa quando non ti resta altro da fare. 

Ci sono delle Serie Tv che non hanno un finale; non lo avranno mai perché qualche produttore ha deciso che semplicemente non vanno più. Sono quelle serie che restano interrotte e non te ne dai pace, perché avresti tanto voluto sapere chi si nascondesse dietro quella porta la cui apertura aveva procurato un’espressione di tale sgomento.
E invece no: la serie non è stata rinnovata.
Non ci sarà una prossima stagione e quel finale, non finale, è tutto ciò di cui ti devi accontentare.

Certe storie d’amore sono esattamente così: hanno un finale rubato.
In questo caso da un polletto, che mi auguro almeno fosse buono.

Battuta da un pollo allo spiedo.

Potrebbe essere il titolo perfetto per un romanzo, se solo ricordassi come si raccontano storie. Se solo ogni tanto provassi a tornare la vecchia me, quella che sembrava poter avere tutte le possibilità del mondo ma che alla fine le ha bruciate tutte. Se solo riuscissi ad uscire da questo limbo da cui mi sto lasciando fagocitare pur di non sentire più dolore.

Sono passati  43 giorni da quando abbiamo smesso di parlarci. Anche se ci siamo scritti. Anche se ci siamo telefonati. Anche se ci siamo visti. Anche se come gli adolescenti abbiamo notato ogni singola storia su Instagram.
Anche se ho ancora sulle labbra il tuo sapore.
43 settimane di silenzio…o forse di fin troppo rumore.

Sarebbe l’incipit perfetto per il racconto della nostra storia, quella che avevo promesso di scrivere e che alla fine ho accantonato dopo qualche capitolo. 
Se solo avessi saputo fare lo stesso anche con te.

Eppure questo post ha l’ambizione di essere tutto, tranne che un’espressione di tristezza.
E’ una presa di coscienza. La realizzazione che la vita spesso supera la fantasia più becera.
E che a volte ad aprirti finalmente gli occhi, può essere un pollo allo spiedo.

Pensieri Sparsi

Addio.


Neanche te ne accorgi quando accade.
Fissi il telefono in attesa di una chiamata o di un messaggio.
Ad ogni notifica ci speri.
Neanche le guardi più le notifiche tanto sai che ne resti delusa.
Suona il telefono. Ma non hai più voglia di rispondere.
Suona il telefono, o forse no. Non te ne accorgi.
Non ti importa più.

​Sono giorni ormai che riempio il telefono di note in cui ti dico addio, settimane che di notte immagino la nostra ultima conversazione, quella che dopo tutto questo tempo avrebbe messo un punto a tutto questo casino.
Sono mesi che cerco la persona che eri, che brancolo nel vuoto di tristi ricordi sbiaditi di quello che un tempo eravamo. Di come mi sentivo quando ero con te, quando sentivo la tua voce, quando mi perdevo in un tuo abbraccio.

Non parlo più di te. Non scrivo più di te. 
Non mi ricordo più i contorni del tuo viso, il tuo odore. Il tuo sapore.
Ti ho lasciato scolorire nella mia mente. 
Te l’ho lasciato fare mentre credevo alle tue bugie, mentre mi prendevo colpe che non erano davvero mie, mentre perdevo il filo nei meandri delle tue bugie. 
Mentre perdevo lentamente me stessa e i miei stessi contorni iniziavano a divenire sbiaditi.

Ho il cuore frantumato in mille milioni di pezzettini minuscoli, ma se resto ferma, se resto in silenzio, riesco a tenerlo ancora tutto insieme. Riesco a non perdermi in quei frammenti di anima in cui ho paura di specchiarmi.

Credo che noi dovremmo vederci! Dopo tutto dovrebbe essere il minimo.
Credo di si.

Mi sforzo di capirne il senso, ma non ci riesco. 

Pensieri Sparsi

Se oggi non chiama, domani non rispondo.


Sono giorni che combatto con i pensieri intrusivi che bombardano la mia testa: musica, colori, rumore, pensieri positivi. Le ho provate tutte per salvare me stessa dal buio. E’ stato estenuante: quando il nemico sei tu stessa in qualsiasi caso non puoi uscirne illesa. Ho funzionato per un po’, ho creato una sorta di limbo in cui ho galleggiato per qualche giorno ma poi la stanchezza ha avuto il sopravvento.

E quando ne hai bisogno, non c’è.

Pensieri Sparsi

Il miracolo di natale


Quest’anno i presupposti ci sono tutti. E, in fin dei conti, me lo merito davvero.

Me ne sono accorta stamattina mentre mi guardavo allo specchio cercando di trovare un senso alla mia faccia sconvolta dal sonno e dal mal di testa che non mi abbandona da giorni. Mi sono costretta a sorridere per ritrovare le guanciotte che tanti complimenti mi hanno assicurato da ragazzina, le ho colorate di rosa per dare un aspetto più sano al mio volto, ignorando le rughette che ormai adornano i miei occhi stanchi.

Dicembre è arrivato e le decorazioni natalizie che mi riempiono casa già dai primi di Novembre sembrano di colpo essere state legittimate: come se dovessimo per forza essere schiavi di un calendario per esternare quello che sentiamo dentro. Quello di cui abbiamo bisogno. Perché è di questo che in realtà stiamo parlando: aver bisogno di credere nella magia. E quale migliore magia di quella del Natale?

Quando il cuore diviene pensante e i pensieri nuvole nere che affollano la mente bisogna trovare la scintilla per non soccombere alle tenebre. 

Era una di quelle mattine in cui di alzarmi dal letto​ proprio non avevo la forza; la prima domenica, dopo mesi, che non fossi costretta a fingere gentilezza e andare a lavoro. Avevo aperto gli occhi e passato quel lento momento di torpore ponendomi una semplice domanda: cosa farò oggi?

Tuta, patatine, letto e Netflix – urlava la vocina che da anni tormenta i miei pensieri – era l’ennesimo giorno brutto pieno di nuvole nere fuori e dentro la testa.

Mi ero lasciata sprofondare tra i cuscini nascondendomi tra le coperte per un po’, minuti che sono diventati ore, fino a quando, mandando all’aria tutti i pensieri che mi tenevano legata a quel letto, avevo preso la coraggiosa decisione di sgusciare fuori dalle coperte e rendere produttiva la giornata. Era arrivato il momento: il Natale doveva arrivare a casa mia e doveva farlo con un albero più grande di quello dall’altezza troppo simile alla mia che negli ultimi anni aveva trovato spazio in un angolo del mio soggiorno. In tuta e senza un filo di trucco, mi ero infilata in auto alla ricerca dell’albero perfetto. Chi mi conosce bene sa quanto questo momento possa essere complicato. L’albero perfetto, quello con il numero giusto di rami dalla giusta consistenza, quello pieno ma non goffo, alto ma non spennacchiato, imponente ma decorabile. Neanche stessi cercando l’uomo della mia vita forse avrei tutte queste pretese.

Quella domenica mattina ho trotterellato in almeno 3 negozi prima di portare a termine la mia missione e trovare l’albero giusto compromesso tra quello perfetto e quello non inutilmente costoso ma abbastanza alto e pieno da essere accettabile. A fine giornata il Natale era arrivato a casa mia e fissando quell’insieme di lucine festose, palline rosse e strambi oggetti caramellosi a poco a poco aveva iniziato a trovare uno spiraglio anche nella mia anima.

La magia del Natale: quest’anno me lo merito davvero.

La sera stessa ho iniziato a stilare sulle note del telefono i film che avrei guardato nella mia maratona natalizia. Ho iniziato con quelli su Santa Claus, perché, nonostante sia fin troppo vicina ai 40 anni, non ho mai smesso di credere a Babbo Natale. E’ stato poi il turno delle commedie in perfetto stile Hallmark Channel. Ammettiamolo: non c’è modo migliore per lasciarsi avvolgere dalla frivolezza magica e sentimentale del mese di Dicembre che sprecare due ore del proprio tempo ad osservare l’intraprendente donna in carriera che, per risolvere una crisi di quel lavoro perfetto per cui aveva lavorato sodo e i cui risultati proprio non riescono ad arrivare (o a causa della crisi di lavoro), scappa (o viene allontanata) dalla città per ritrovarsi nella perfetta cartolina di Natale: case in legno, luci colorate, alberi di Natale, cioccolata calda e tanti sorrisi calorosi. E’ proprio in questo posto incantato dove ricostruendo lo spirito del Natale perduto, finirà per innamorarsi dell’uomo perfetto dal sorriso perfetto, l’animo puro, lo spiccato spirito natalizio, uno straordinario talento che tiene nascosto al mondo per qualche ragione aulica. Un po’ di drama: lei che non sa se è disposta a cambiare vita, ha troppa paura delle sue emozioni dopo l’ultima storia finita male e il suo povero cuore ancora distrutto in mille pezzi. Lui che si stranisce per una frase male interpretata. Musica triste e malinconica a tempo con lo sbrilluccichio delle lucine che adornano quel presepe di città. La corsa a perdifiato in aeroporto per dichiararle il suo profondo amore esattamente nell’attimo prima che lei possa imbarcarsi per tornare alla sua vita mestamente vuota ed imperfetta senza gli addominali del perfetto uomo del villaggio che magicamente diventerà anche un principe, un imprenditore di successo…insomma uno con la grana.

Perché la vita senza amore dimmi tu che vita è?   
Lo cantava Orietta Berti (o forse Fedez) e chi sono io per contraddirla? Ma i soldi hanno sempre fatto la felicità.

Ed è proprio per questo che me lo merito. Merito di essere la protagonista di uno stupido film di Natale in perfetto stile Hallmark Channel. Lo merito. Me ne sono accorta scrutando i miei lineamenti allo specchio riconoscendo la perfetta protagonista. Merito che la mia vita diventi uno stupido film di Natale in cui tutto è possibile e per una volta tutto vada come deve andare. E io finalmente abbia il mio lieto fine.

Sono la protagonista perfetta e come fate a non vederlo da lassù (non ho ben chiaro neanche io chi dovrebbe vederlo).
​La mia vita lavorativa è un disastro: sto perdendo tempo dietro quel lavoro che sembrava perfetto, ma nonostante io stia lavorando sodo e i cui risultati proprio non riescono ad arrivare. Mi sveglio ogni mattina per andare in ufficio controvoglia e priva di stimoli, per passare il tempo in un posto che ormai odio, circondata da gente che detesto per un lavoro sottopagato che mi ha distrutto ogni stimolo e fantasia.    Un curriculum pronto e troppa paura per rimettermi in gioco di nuovo e capire che non posso ambire a più dello schifo che ho.

La mia vita amorosa è un disastro: sto perdendo tempo in una storia che storia non è. Un giocattolino incastrato su delle montagne russe il cui percorso da tempo non è deciso più da me. Bloccata nei ricordi di quello che era un tempo, reclamando attenzioni. Sentendomi una bambina picciosa per aver chiesto un bacio negato e ritrovarmi a donarne 100 quando sono richiesti a me. Mi accontento delle briciole rendendole speciali (brutti giochi fa la testa a volte, eh?) anche se so di meritare la torta intera: di quelle a più piani con le decorazioni in pasta da zucchero che il diabete lo fanno schizzare alle stelle anche solo al primo sguardo.

La mia vita è un disastro: mi sono persa e non so più come ritrovarmi. Ho perso le coordinate, la strada è diventata complicata e scura. Sto perdendo tempo nella ricerca della mia felicità, quando lascio che il mio umore sia condizionato da qualsiasi cosa diversa da me, dalle parole che feriscono o le chiamate che non arrivano, dai gesti che confondono e le attenzioni che divengono effimere. Quando sento che non voglio proferire parola ma il mondo non me lo consente, non mi capisce. Nessuno lo comprende.

Eppure, è arrivato il Natale. Sorrido alle lucine che addobbano le case o i centri commerciali; continuo a comprare oggetti strani di dubbio gusto e dal rosso colorito. Ho addobbato 2 alberi di Natale (manca poco al terzo) e creo video di Babbo Natale per i bambini che conosco perché, almeno per loro, la magia deve restare autentica il più possibile. Indosso un pigiama nataloso e costringo la mia mente a disperdersi in paesaggi innevati non appena chiudo gli occhi poggiando la testa sul cuscino.

Sono la protagonista perfetta: malinconicamente triste e disastrata al punto giusto affinché avvenga il miracolo di Natale. Un miracolo tutto mio: di quelli con gli addominali (e non la pancetta da buttare giù), gli occhi color mare e il sorriso perfetto; dolce e premuroso ma non troppo mieloso, divertente e avventuroso con cui girare il mondo, sensuale e intraprendente ma per nulla al mondo petulante. Uno di quelli che ti scombussola la vita e con un solo bacio cancella tutta la tossicità dalla mia vita.

Lo so: anche meno ma, almeno nel mio miracolo, lasciatemi sognare in pace.

Pensieri Sparsi

Sto perdendo tempo


Sto perdendo tempo nel lavoro, svegliandomi ogni mattina per andare in ufficio controvoglia e priva di stimoli, per passare il tempo in un posto che ormai odio circondata da gente che detesto per un lavoro sottopagato che mi ha distrutto ogni stimolo e fantasia.

Sto perdendo tempo in una storia che storia non è, incastrata su montagne russe il cui percorso da tempo non è deciso da me, accontentandomi delle briciole quando so di meritare la torta intera, di quelle a più piani con le decorazioni in pasta da zucchero che il diabete te lo fanno salire solo con uno sguardo.

Sto perdendo tempo nella ricerca della mia felicità, quando lascio che il mio umore sia condizionato da qualsiasi cosa diversa da me, dalle parole che feriscono o le chiamate che non arrivano, dai gesti che confondono e le attenzioni che divengono effimere.

Sto perdendo tempo.

Pensieri Sparsi

Caro Babbo natale…


Quando sono da parrucchiere mi annoio, ma questa non è una novità per nessuno. Questa volta ho ingannato il tempo facendo un tuffo nel passato, correva l’anno 2015 quando questo pezzo vedeva la luce. Avevo il tocco magico una volta, ma lascio a voi la valutazione.

Nel pieno rispetto della teoria secondo cui gli ultimi saranno i primi, direi che è giunto il momento di farci una bella chiacchieratina, mio caro Babbo Natale. Per quanto mi riguarda, e sono convinta di trovarti pienamente d’accordo con il mio pensiero, salterei a piè pari la parte in cui tu ingenuamente mi domandi “Sei stata una brava bambina?”.
E’ una questione di onestà intellettuale, caro Babbuccio, per quanto mi riguarda ho già bella pronta una risposta diplomatica degna da talk show televisivo, ma davvero vuoi essere raggirato dalle mie parole?
Insomma: hai presente quanto è lungo un anno e quanti rompiscatole si rischia di incontrare in 365 giorni? Non ho ben presente come funzioni li da te al Polo Nord, ma essere il grande capo della baracca sicuramente ti agevola il compito; qui, mio caro, funziona leggermente in maniera diversa e forse dovresti aggiornarti un pochino prima di essere così severo con quelle liste che hai appeso sul camino.

o ammetto: provare a corrompere con dei bastoncini di zucchero uno dei tuoi elfi spioni non è stata propriamente una genialità, ma in tempi di crisi, si finisce per provarle davvero tutte e visto che per contratto a te tocca essere buono, mettiti bello comodo sulla tua poltrona di velluto rosso, sistema gli occhialini e sorseggiando una bella cioccolata calda leggi per benino le mie richieste.

Tralasciando a malincuore lo spiacevole fatto che io stia ancora aspettando la Barbie Magia delle Feste richiesta anni addietro e mai giunta a destinazione, dimostrazione che neanche tu, mio caro Babbo, sei proprio tutta questa perfezione e ignorando la presenza di quella fastidiosa clausola per la quale ti rifiuti ogni anno di rapire un componente di una boyband per me; parliamo di cosa voglio vorrei trovare sotto il mio bellissimo albero quest’anno.

La verità è che come ogni anno mi ritrovo qui, dinanzi a questo foglio bianco ad interrogarmi su cosa sia davvero sensato chiederti, caro babbuccio; insomma reclamare un nuovo lavoro che non mi costringa a sentirmi tediata dal mondo intero ogni qual volta metto piede fuori casa al mattino, forse, sarebbe un pelino esagerato; farti presente che il mio principe azzurro deve aver distrutto il suo navigatore finendo a vagare a Timbuktu alla mia disperata ricerca potrebbe annoiarti; raccontarti che da queste parti i soldi non sono mai abbastanza e che io credo fermamente alla teoria che chi afferma che i soldi non fanno la felicità non conosce i negozi giusti in cui spendere, probabilmente non sarebbe il massimo dell’originalità e spedirebbe la mia letterina in fondo al mucchio insieme a quella sporca di moccio di quel bambino fastidioso che ama tirare il naso delle tue amate renne.

Oh mio caro Babbo Natale, quello che davvero vorrei trovare sotto il mio alberello quest’anno è:
–  un sacco carico di pazienza, quella che mi servirebbe per sopportare tutte le cose che proprio non riesco a farmi andare giù, quella che mi aiuterebbe a non finire incastrata in pessime situazioni da cui diventa estremamente fastidioso uscirne;
–  un barattolo colmo di tempo da dedicare a me stessa e alle persone che amo, tempo per coltivare i miei interessi e le mie passioni, per leggere e per scrivere, per correre da un posto all’altro del mondo e per poltrire in casa, nel mio lettuccio, come se non ci fosse un domani;
– una valigia vuota da riempire, nei prossimi 365 giorni, con risate e ricordi, emozioni e follie, foto di tramonti e di sorrisi, urla di gioia e lacrime di tristezza perché non voglio rischiare di perdere neanche uno dei momenti che vivrò in questo nuovo anno;
– uno specchio per osservare i cambiamenti che tempo ed emozioni apporteranno al mio viso, per sorridermi ed incoraggiarmi quando ne avrò bisogno, per rimproverarmi quando avrò superato il limite ed accarezzarmi con lo sguardo per consolarmi dopo una giornata storta.

Non ti chiedo la felicità assoluta, caro Babbuccio, ma la capacità di saper cogliere ogni piccolo frammento di gioia che troverò nel mio percorso e renderlo incastro perfetto di quel magnifico puzzle che è la mia vita.

Xoxo A.

Pensieri Sparsi

La bellezza delle sfumature


Di sfumature ne è piena la mia testa. Solitamente sono quelle scure, quelle che incupiscono anche i momenti più rosei donando loro uno un retrogusto amaro pregno di paranoie e pensieri intrusivi. Sono quelle che arrivano dopo un momento di gioia a sbiadire i confini, una sbavatura di matita che sporca la perfezione del dipinto nella mia testa.

Impercettibili sfumature
Così difficili da dimenticare
Così decise da trasformare
Sorrisi in lacrime

Sono le intonazioni delle parole, l’inclinazione di un sorriso. Il calore della pelle quando due mani si sfiorano di nascosto, l’universo nascosto in due occhi che si cercano ed in silenzio si parlano. Sono quei dettagli che sfuggono a chi vive serenamente distratto e vede il mondo in bianco e nero. 

Impercettibili sfumature
così decise da trasformare
cieli grigi in giornate di sole
il coraggio in mille paure

Di sfumature si riempiono le parole semplici quando, nella confusione della quotidianità, cercano nascondiglio in quelle frasi banali pronunciate con leggerezza e si tramutano in una leggera carezza. Di quelle che forse non ci si scambia più.

“Sto facendo la pasta, ma a te non piace come la mangio io. A te piace più brodosa.”

Sfumature. In fondo, non sono sempre dai colori scuri.

Pensieri Sparsi

Non forte quanto racconti. 


Quando ieri mi è stato detto che non sono così forte come racconto di essere, mi sono un po’ arrabbiata. Ehi stiamo parlando di me, insomma. Piango, mi lamento, mi dispero ma non mi sono mai fatta fermare da niente; come si può pensare che io non sia una persona forte?

Non forte quanto racconti. 
Del significato ne ho preso coscienza questa mattina mentre mi preparavo per l’ennesima giornata inutile a lavoro, metabolizzando di quanto tempo io abbia sprecato anche ieri nonostante le promesse fatte al mattino. Ne ho preso coscienza mentre mi truccavo cercando di coprire i segni della notte costellata di incubi appena trascorsa sforzandomi di far nascere un sorriso sul  mio volto. Ne ho preso coscienza mettendomi in auto mentre fissavo il display dell’Apple car riscoprendomi ansiosa per la telefonata che di lì a poco avrei ricevuto , quella telefonata che mi avrebbe brutalmente messo di fronte alla cruda verità: ancora una volta non stai facendo nulla per cambiare le cose che non vanno bene nella tua vita.

​Ho preso coscienza che quelle parole non stessero raccontando qualcosa di diverso dalla realtà, quando le ho sentite bruciare dentro dapprima flebilmente e poi incendiando la mia essenza. 
Non sono forte quanto racconto di essere. O forse non lo sono semplicemente più, e davvero non so neanche io come possa essere accaduto. Provo a giustificarmi, nascondendomi nelle mie parole, facendo nascondino con le mie paure, forse perché ammettere di essermi persa mi paralizza.

Non sono forte quanto racconto di essere.
Possiamo fingere ancora per un pò che non sia cosi?