Pensieri Sparsi

l’ultimo messaggio


Prima o poi smetterò di vivere la mia vita come se stessi scrivendo quel romanzo che non ha mai visto luce; forse smetterò di sentirmi la protagonista di uno di quei Teen Drama che ho sempre amato e, forse ma dico forse, riuscirò a smettere di immaginare come dovrebbero andare le cose.
Probabilmente un giorno accadrà. Ma quel giorno non è assolutamente oggi.

A volte penso che nessuna persona dotata di tutte le rotelle al posto giusto si comporterebbe come sto facendo io nell’ultimo periodo della mia vita, eppure sembra proprio che io non riesca a fare diversamente.
Come se ne avessi avuto davvero bisogno, ieri ho nuovamente dato dimostrazione a me stessa di quanto i miei pensieri siano alla deriva e io non abbia più il controllo delle mie azioni: dopo aver passato il giorno precedente a tormentarmi le dita per non inviare quel messaggio che dalle prime luci del mattino ronzava nella mia testa ed essermi congratulata con me stessa per la mia determinazione e la mia coerenza, ieri appena ho aperto gli occhi ho deciso che la vita è una sola e la dignità ormai l’ho persa da tempo, quindi perché non ammettere che era stato tremendo affrontare quel giorno senza di lui?

Ecco, magari evitando di utilizzare proprio parole di disperazione così drastiche e cercando di scherzarci anche un po’ su alla fine ho digitato quel messaggio, sentendomi sbagliata l’istante dopo averlo inviato.
E’ così che ci si sente quando si è consapevoli di sbagliare…ma ci sono sbagli che davvero non si riescono ad evitare (leggasi: assenza di forza di volontà e incapacità di accettare la realtà). O almeno così ce la raccontiamo.

Una scusa banale: ieri tu non c’eri e io sono stata brava.
Se fossi stata davvero brava quel messaggio non lo avresti mai letto e forse tutta la mia malinconia l’avresti compresa proprio in questo posto, questo spazio in cui hanno sfogo i miei pensieri e che ti ho chiesto di promettere di non visitare più forse per avere diritto a soffrire ancora un po’.

Ho bisogno di un ultimo messaggio, uno di quelli su cui scrivere un post sul blog.
Uno di quelli per ricordarmi di te.
Ero certa non mi avresti assecondata, sicura che la freddezza con cui vivi la vita avrebbe avuto la meglio sulla richiesta di una frignona che non sa scrivere la parola fine a qualcosa che mai avrebbe dovuto iniziare. Eppure io quel messaggio ieri l’ho aspettato fino a quando le lacrime non hanno riempito i miei occhi. Ancora.

Le tue ultime parole sono arrivate questa mattina.

Ho passato gran parte del tempo a leggere il tuo blog. Se non avessi saputo che quella persona fossi io….. bheee…. avrei pensato…..che stronzo che è questo.
Ho sorriso. Mi fai sempre questo effetto (quando non piango per colpa tua).

Non ricordo quando ti ho parlato del mio blog e mai avrei pensato che proprio questo spazio pieno di deliri ti avrebbe spiegato, molto più di quanto fossi riuscita a fare io, cosa ho provato negli ultimi mesi. Eppure ancora faccio fatica a dirti addio.

E’ arrivato il momento di smettere di giocare…ad un gioco a cui non abbiamo saputo giocare.
Gli occhi diventano lucidi ancora una volta mentre prepotenti mi riaffiorano alla mente i ricordi della prima volta che ti ho visto, la scusa banale con cui abbiamo parlato, i fiorellini bianchi che mi avevi regalato.
Finalmente una gioia. 
Lo avevo scritto alle mie amiche il momento esatto in cui ti avevo visto da lontano.
Era il 15 Luglio di 5 anni fa. 

5 anni.
1803 giorni. 
43.272 ore. 
2.596.320 minuti. 
Un’infinità di istanti da quando mi hai spiegato come fare i nodi al nostro ultimo addio.

Mi sono concessa un’ultima passeggiata tra i ricordi, quelli che avevo messo nero su bianco quando ti avevo promesso che avrei scritto di noi, che avremmo vissuto per sempre tra le pagine di un mio libro…quel libro che non ho mai terminato, quella storia che adesso ha una fine.

[…]
La verità è che mentre da un lato Alejandro rappresentava il belloccio imbranato di cui ridere in chat con le amiche, la foto simpatica per le mie stories di Instagram, l’infatuazione un po’ romanzata da raccontare ai miei colleghi, dall’altro la me quindicenne stava vivendo in segreto un altro film.
Per quanto non volessi ammetterlo, dalla serata Netflix avevo iniziato a notare ogni piccola sfumatura nei gesti di Marco. Avevo iniziato a guardarlo con occhi diversi, a cercarlo con lo sguardo quando era distante, a diventare picciosa per attirare la sua attenzione, ad apprezzare il calore delle sue dita quando sotto al tavolo sfioravano le mie. Non mi ero resa conto di aver comprato un biglietto per le montagne russe dalle quali scendere sarebbe stato ormai impossibile. La tenerezza che accompagna il ricordo di quei momenti in cui nulla era successo ma tutto poteva accadere mi pervade l’anima.  Mi sentivo di nuovo una ragazzina ed era una sensazione che non provavo da troppo tempo, sorridevo involontariamente sperando di essere brava a nascondere il contrasto dei miei pensieri: aspettavo con ansia che mi baciasse seppure una parte di me era sicura che non lo avrebbe mai fatto, desideravo quel bacio seppure mi voltassi dall’altra parte ogni volta che il suo viso sembrava troppo pericolosamente vicino al mio. I miei pensieri volteggiavano su un’altalena che oscillava tra la voglia di chiudere il mondo fuori e i sensi di colpa per i miei desideri; una parte di me pretendeva quella leggerezza che sentivo di meritare, l’altra mi ricordava che tipo di persona fossi. Le mie azioni rispecchiavano i miei pensieri: incoerenti.

Io e Marco abbiamo giocato al gatto col topo per un pò, annusandoci e tirandoci i capelli come fanno i ragazzini, lasciando che le nostre mani si cercassero di nascosto mentre con disinvoltura intavolavamo discorsi durante le cene con i colleghi. Un equilibrio perfettamente precario in cui avevamo trovato rifugio fino a quando, mentre ero seduta sul divano del nostro appartamento intenta a riempire il silenzio con la mia voce, la sua mano si era stretta intorno al mio viso e la sua bocca aveva sfiorato appena la mia. Un attimo rubato. Un solo istante prima che il suono stridente del citofono infrangesse di colpo la magia; ancora una volta erano stati i miei colleghi involontariamente ad intromettersi tra di noi. Avevo portato una mano sulle labbra quasi a voler trattenere la sensazione che quel lieve contatto aveva provocato, la voce nella mia testa aveva ripreso ad urlare chiedendomi se fossi impazzita di colpo riproponendo come un mantra tutti i motivi per cui quello che stessi facendo fosse dannatamente sbagliato. Le sue mani si erano posate sui miei fianchi per un tenero abbraccio, i nostri occhi si erano incrociati e, in pochi istanti, il mondo aveva ripreso a girare mentre il suono della nostra risata stupida aveva riempito lo spazio intorno a noi. È così che è iniziato tutto: un po’ per gioco, un po’ per leggerezza: nessuno dei due in quell’istante avrebbe immaginato tutto quello che sarebbe accaduto poi. Come avremmo mai potuto?

“Voglio un bacio!”

Chiusi in un ascensore minuscolo, forse ormai stanco di giocare, Marco aveva dato voce a quei pensieri che in alcuni momenti avrei pagato oro per conoscere. Nessuno mi aveva mai chiesto un bacio in quel modo così disarmante lasciandomi completamente spiazzata. Persa nel mio imbarazzo avevo iniziato a ridere come una ragazzina dandogli le spalle e poggiando la testa sulla parete che ci inscatolava. Incoerente con le mie emozioni, avevo lasciato che fosse la ragione a prendere il sopravvento.

“No, non posso.”              
“Non puoi, o non vuoi?”      

Le porte dell’ascensore si erano spalancate lasciando che la notte francese rubasse le nostre parole. Mentre camminavamo per raggiungere gli altri il suo braccio aveva avvolto le mie spalle facendomi sentire piccola e al sicuro, le sue labbra avevano cercato le mie schiudendole appena in un bacio fugace e profondo. Il nostro primo bacio.  Se avessi potuto scegliere uno scenario per quel momento, di sicuro avrei immaginato qualcosa di migliore di quella stretta strada francese; eppure la naturalezza del momento aveva completamente abbattuto le mie difese. Almeno per un po’. 
Come se ci fossimo baciati da sempre. Come se potessimo baciarci per sempre.

[…]

Ti ho amato tanto.
A modo mio. Profondamente e di nascosto. Senza ammetterlo neanche con me stessa.
Senza pronunciarlo mai.

7 pensieri riguardo “l’ultimo messaggio

  1. Mi spiace per tutto quello che stai attraversando… separarsi da qualcuno non è facile (forse è per questo le melodie napoletane si accordano al tuo cuore). Quello che posso dirti è che scrivere fa bene, fa tanto bene: si butta tutto fuori e (come dico sempre) lo si lascia lì, a infestare la carta invece della vita. Tra l’altro, immaginare “come sarebbe andata se” è il primo passo per trasfigurare la realtà e trasformarla in romanzo. Insomma: il dolore fa schifo, ma è anche un’opportunità per noi scrittori. ♥

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  2. scrivere mi ha sempre salvato l’anima ♥ credo di dover solo imparare ad essere altro rispetto al dolore che sto provando, esorcizzare il lutto per la perdita di una parte del mio cuore e ricordarmi, anche nelle parole, come si fa ad essere altro.

    ♥ grazie

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