ᴅᴇᴠᴀsᴛᴀɴᴛᴇ
Che la vita fosse imprevedibile quest’anno avrei dovuto impararlo in diversi modi. Eppure anche questa volta mi sono scoperta impreparata al flusso di emozioni che mi hanno travolto.
Ci sono viaggi che semplicemente nascono storti; le quasi 9 ore di ritardo dell’aereo alla partenza avrebbero dovuto essere un buon segno. Beh anche la fenomena che, incapace di affrontare una discussione, ha tirato fuori dallo zaino il distintivo pensando che cambiassi i miei toni al suono della parola carabiniere come segno non era niente male a pensarci bene.

Storta va, diritta viene!
Ho iniziato a ripeterlo come un mantra per placare la mia ansia crescente e staccarmi quella sensazione negativa che mi si era appiccicata addosso da qualche giorno. L’ho ripetuto mentre imprecavo in duplice lingua contro Booking perché mi avevano annullato la prenotazione del taxi che ci avrebbe portato in albergo. L’ho ripetuto quando, nel bel mezzo di una turbolenza, l’aereo ha iniziato a sobbalzare violentemente e, per la prima volta dopo decine e decine di voli, ho dovuto chiudere gli occhi e respirare a fondo per combattere il panico che mi aveva iniziato a spezzare il respiro dal profondo della mia essenza. L’ho ripetuto anche quando, con sorriso stanco, ho notato che l’autista di Uber si stesse accertando che fosse tutto ok con l’albergo ed è andato via solo dopo essersi assicurati che il receptionist di turno alle 5 del mattino avesse aperto le porte per farci entrare.
L’ho ripetuto così tante volte da aver costretto la mia testa a crederci fino ad ignorare la doccia fin troppo tiepida del mattino seguente.
Ho iniziato ad immergermi nell’ultima città del piccolo tour di questo autunno, inseguendo spot Instagrammabili e foliage autunnale in palette con il mio outfit. Si dice che Londra sia sempre una buona idea (o forse era Parigi?) e, nonostante la fastidiosa pioggerella che sembrava mettersi in pausa giusto il tempo di scattare qualche foto, non avrei potuto assolutamente non essere d’accordo con questa affermazione. Nonostante continuassi a lottare silenziosamente contro quella fastidiosa sensazione che sembrava non volesse proprio abbandonarmi, la giornata è trascorsa piacevolmente.
Forse questa volta mi sbaglio: andrà tutto bene.
Ore 20:57
Una notifica di whatsapp: una foto. Uno screenshot, volendo essere precisi.
Non ci credo. Ma è vero?
Mi piacerebbe raccontare di aver avuto una reazione diversa, farebbe di me una persona migliore probabilmente. Ma sarebbe una stupida bugia mal raccontata: che la fine di Aaron Carter fosse tristemente già scritta lo sapevamo tutti, che quella fine dovesse arrivare in quel momento un pò meno. Seduta sul divano di casa mia probabilmente avrei provato d’impeto più empatia per la tragica fine di un uomo di appena 34 anni; immersa nelle luci di una città a me straniera ho provato, egoisticamente, solo tanta rabbia. Le mie sensazioni non sbagliano mai.
Il mio viaggio a Londra aveva mille e più significati per me: non rappresentava solo la fine di quel tour che mi aveva riavvicinato alla vita che il Covid mi aveva portato via, non era solo l’ultima possibilità di abbracciare il mio Ciacione prima che tornasse dalla parte opposta del mio mondo, non era solo un viaggio di famiglia, non era solo la sorpresa che dopo 24 anni avrei voluto fare a mia madre. Era la dimostrazione che per quanto la vita ci provi a buttarti giù, c’è sempre il sole dopo la pioggia. E Aaron Carter aveva portato la tempesta.
Sul mio telefono è iniziato un susseguirsi di messaggi, di fastidiose supposizioni su come si sarebbero svolti gli eventi, di ipotesi odiose in cui tutti sapevano cosa sarebbe accaduto, quale sarebbe stata la cosa migliore, ma nessuno sapeva un cavolo. Me compresa. Tutti soffrivano per una perdita che non gli apparteneva mentre io scorrevo con gli occhi quelle parole che asetticamente mi parlavano di rimborsi.
Quando una notizia ti colpisce in faccia come uno schiaffo a man rovescio ci metti un pò per assaporarne davvero l’essenza; razionalmente so cosa avrei dovuto provare, ma sfido chiunque a riuscire ad elaborare pensieri diversi da quelli che si sono affollati nella mia testa in quelle ore.
Tornata in albergo ci ha pensato l’assenza di acqua calda in tutto l’edificio a darmi il colpo di grazia: qualcuno me la stava palesemente tirando. E a sto giro gli stava riuscendo anche piuttosto bene. Sono andata a letto spegnendo totalmente i pensieri: non avrei potuto in alcun modo avere controllo sugli eventi del giorno dopo, ma sulla mia reazione ad essi si.
Al mio risveglio, il mattino seguente, ho controllato in maniera ossessiva la casella mail e Twitter alla ricerca di ogni piccolo indizio che mi avesse suggerito come sarebbe stata la giornata: il nulla cosmico! Frasi inutili scorrevano l’una dietro l’altra: cordoglio, illazioni, lamentele, supposizioni, selfie con frasi struggenti per attirare l’attenzione, liti inutili sulle sensazioni da provare. Il nulla più assoluto. Gente che non sapeva se lasciare casa per recarsi al palazzetto, gente che, seduta sul divano di casa propria, inveiva contro chi si stesse domandando se il concerto sarebbe stato annullato. Chiacchiere vuote ed inutili.
Il problema di fondo è sempre lo stesso: tutto si riduce alla prospettiva da cui vedi le cose, quella prospettiva che ti regala solo una piccola visione dell’intera vicenda.
Un uomo di 34 anni era morto da poche ore. Il fratello dell’uomo che da anni mi regala sorrisi era morto da poche ore e io continuavo a pensare allo stipendio speso per vedere mia madre emozionarsi come avevo fatto io mille volte; al momento di felicità che quel destino infame mi stesse negando dopo un anno che tutto era stato fuorché facile. E no, non mi sentivo egoista neanche un po ‘.
Dovrebbero annullare le ultime date del tour.
Altisonante risuonava questa frase sui social ed io avevo iniziato ad accarezzare l’idea che con tutti i soldi che mi avrebbero dovuto rimborsare alla fine di questo viaggio avrei potuto tranquillamente andare dall’altra parte del mondo per riabbracciare il mio Ciacione e concedermi tanto shopping terapeutico. Non tutti i mali vengono per nuocere se affrontati con il giusto mood e io il giusto mood avevo intenzione di ricercarlo. Ho riposto in valigia il vestito fuxia che avrebbe dovuto accompagnare il caffè del pomeriggio e ho remixato uno degli outfit jeans e maglioncino: nessun vestito dovrebbe essere sprecato quando hai la possibilità di fare belle foto.
Ho trascorso la mattina ignorando il peso che sentivo sullo stomaco, incapace di smettere di controllare come un’ossessa se ci fossero aggiornamenti ho dissimulato una tranquillità che probabilmente mai avevo avuto in questo viaggio. Colazione, passeggiata, foto, shopping, foto e infine pranzo domenicale. Tutto sempre ricoperto da quella pioggia che, sempre più insistente, martellava nel mio cervello quasi più dell’assenza di notizie (o forse del ridicolo susseguirsi di ipotesi rincorrendo stories di un Dj a cui forse non era ben chiaro cosa si potesse o non potesse dire).
Indossare l’outfit per il Meet & Greet non è mai stato così mestamente ansiogeno: ho risistemato il trucco cercando di ricordarmi di sorridere e non rischiare di unire il broncio alle mie solite rughe di espressione. Venire bene in foto è un lavoro faticoso e il sarcasmo con cui affronto il tutto è la mia arma vincente. Il tragitto fino all’O2 Arena mi è sembrato infinito; un misto di emozioni contrastanti ha pian piano preso possesso della mia testa rendendomi impossibile anche solo lontanamente il restare lucida. La triste consapevolezza che non avrei ricevuto un suo abbraccio faceva a cazzotti con la paura di trovarmi di fronte i suoi occhi pieni di dolore: cosa avrei realmente affrontato al meglio?
Forse solo in quel momento me ne stavo rendendo davvero conto: a quale delle due ipotesi ero meno preparata? Lo avrei scoperto di lì a poco, in realtà.
Eravamo in fila, nella speranza che il gate fosse quello giusto, quando con un’espressione mestissima è comparso Eddie:
Nick non sarà presente al Meet & Greet. Dovrebbe esserci stasera al concerto. Se volete, potete chiedere il rimborso.
Sono convinta di non avere avuto reazioni, in fin dei conti sapevo che questa sarebbe stata la cosa più ovvia (e giusta) che sarebbe potuta succedere in quel momento eppure il sorriso sul mio viso deve essersi spento di colpo. Potete chiedere il rimborso. Vorrei poter ammettere di non aver neanche lontanamente accarezzato l’idea; mentirei consapevole di mentire. Quante volte ho ironizzato sul fatto che se non ci fosse stato il Ciacione non avrebbe avuto alcun senso un evento e avrei preteso il rimborso? Sarebbe stato un mio sacrosanto diritto. Questa volta però non si parlava solo di me! Fino a qualche istante prima con mia madre stavamo facendo la prova del sorriso, immaginando come avrebbero reagito le sue amiche nel vedere la sua foto con i Backstreet Boys e, nonostante lei continuasse a ripetere di accettare la restituzione dei soldi, non avrei mai potuto sottrarle questa esperienza. Non avrei potuto privarla di questa emozione.
Ho incontrato i 4 tizi che cantano con Nick Carter. Ehm ho incontrato i Backstreet Boys.
Ed è stato stranissimo!!!
La sequenza in cui era disposti era sempre la stessa. O quasi.
Varcato il pannello di separazione, i miei occhi non hanno trovato subito il Sole ed il suo sorriso ad accogliermi.
Il primo al mio cospetto è stato Howie. Questa volta l’ho guardato davvero e, forse per la prima volta, non mi ha fatto tanto simpatia il suo atteggiamento quasi distaccato. Alex mi ha abbracciato con delicata gentilezza e, davvero, per la prima volta mi sono concentrata sulla carineria dei suoi gesti. Poi un colpo al cuore, quel vuoto così grande da togliere il fiato. La percezione che quel momento non avrebbe mai avuto lo stesso magico sapore. È stata frazione di secondo, quella che serve per cambiare una consolidata routine e farmi ritrovare di fronte a Kevin con il suo solito abbraccio stritolante. E infine un raggio di luna: Brian. Ma è sempre stato così bello? Mi ha abbracciato forte (e con quei braccioni è davvero tutto un dire) e mi ha sorriso; ha preso in mano le redini della questione trascinandomi al centro per avere una foto ben centrata. Ho percepito la tenerezza nei suoi gesti e questo mi ha confuso parecchio. Perché non avevo mai notato tutti questi dettagli? Sono stati l’amore, dovrei essere fulminata se solo pensassi il contrario eppure non è stata la stessa cosa. Mancava lui: la sua assenza era la maggior presenza che potessi percepire.
Solo chi sa di cosa io stia parlando può comprendere il mio delirio e capire la malinconia di una giornata grigia senza Sole.
Poi è entrata la mia mamma e tutto ha cambiato colore.
La hanno accolta come si fa con una persona a cui tieni tantissimo, circondandola di attenzioni e gentilezza; continuavano a chiamarla mamma e a ringraziarla per l’aver condiviso quel momento con me, rendendo quegli istanti un ricordo speciale che conserverà per sempre nel suo cuore. Non l’ho mai vista sorridere ed emozionarsi in quel modo. Ha percepito un poco di quell’amore che mi porto sempre via ogni qualvolta che li vedo, ha capito i miei piccoli istanti di felicità, ha capito che i sogni si realizzano e la vita può essere piena di piccoli istanti di magia.
Sono troppo belli. Quando sei li, non vuoi più andare via. Quando possiamo vederli di nuovo?
Non era stato proprio come lo avessi immaginato, eppure era stato bellissimo. Un’emozione che difficilmente trova voce in delle semplici parole. La magia aveva avuto effetto anche su di lei, seppure senza Sole.
Un unico interrogativo ha turbato le successive ore fatte di un giro al centro commerciale, una pizza che poi non era così da schifo, messaggi vocali alle amiche di sempre per condividere le emozioni e chiacchiere con sconosciute in fila per il bagno:
Lui ci sarebbe stato su quel palco?
La risposta è arrivata poco dopo quando, con il cuore che batteva sempre più forte man mano che le stesse immagini ormai imparate a memoria scorrevano sul maxischermo, sono comparsi sul palco: tutti e cinque. L’arena è esplosa. Mai come in quella frazione di secondo ho sentito le urla raggiungere una potenza del genere: era un abbraccio rumoroso, un chiassoso ringraziamento verso chi, nonostante il dolore, aveva scelto di essere sul quel palco e metterci anima e corpo. Questo lo avremmo visto solo poco dopo, ma la sua presenza era bastata per innescare una bomba di energia a cui mai avevo assistito prima di quella serata.
Era il mio nono concerto di questo tour iniziato nel 2019: Milano, Zurigo. Praga, Los Angeles, Anaheim, Amsterdam, Bologna, Cracovia e infine Londra. Ogni tappa ha lasciato un ricordo particolare dentro di me, ma mai nella vita potrò dimenticare le emozioni devastanti provate quella sera del 6 Novembre.
La piccola crepa che la sua presenza sul palco ha creato nella mia essenza è diventata uno squarcio nota dopo nota, canzone dopo canzone; i miei occhi si sono riempiti di lacrime che non sono riuscita a controllare per tutta la durata dello spettacolo. Ancora oggi, scrivendo questo resoconto, sento quella sensazione di pugno allo stomaco che mi ha colpito con violenza quella sera: nell’aria c’era rabbia e dolore, amore e compassione, cordoglio e gioia di vivere. Il tutto e il niente. Essere con mia madre, percepire l’importanza della famiglia, ha moltiplicato quelle emozioni che da tempo avevo iniziato a temere di aver perso per sempre. Quando per l’emozione gli si è strozzata la voce ho sentito un pezzo del mio cuore frantumarsi in mille frammenti che si sono conficcati violentemente nella mia anima. Il suo dolore era il mio, la sua sofferenza era la mia, la sua rabbia la percepivo fino al centro del mio midollo. La forza delle emozioni che mi hanno travolto come una valanga mi ha devastata.
Potrei spendere migliaia di parole per spiegare come si possa condividere il dolore di un perfetto sconosciuto al punto tale di percepire un concerto quasi come se fosse un funerale, ma sarebbero parole sprecate. Solo chi sa davvero di cosa io stia parlando può capire questo amore profondo ed innaturale che mi porto dentro da praticamente tutta la vita; un amore che confonde la mia essenza e manda a puttane la mia razionalità. Sono passati dieci giorni e ancora sto elaborando le emozioni di quella sera.
You think you know, but you have no idea.