Avete presente quella fase della vita in cui sei solamente una bambina e, come fosse la cosa più ovvia del mondo, ti viene posta la più sciocca delle domande:
cosa vuoi fare da grande?

Ecco, tralasciando il fatto che ho 30 anni e non credo di aver ancora realmente capito cosa voglio fare da grande, da bambina avevo capito tutto!

Oh no, niente ballerina, principessa o attrice per me; io da bambina volevo essere l’omino che attacca i manifesti. L’attacchino. Mi immaginavo con la mia salopette di jeans e il cappello creato con i fogli di giornale mentre canticchiavo sulla mia bella scala con il secchio pieno di colla e lo spazzolone extra large per stenderla per benino.

Non ho idea del perché avessi questa visione di me stessa; mi immaginavo serena e senza preoccupazioni, allegra e senza responsabilità. Il mio unico problema sarebbe stato quello di non creare fastidiose grinze sui miei bellissimi manifesti. Avrei fatto un lavoro fighissimo, avrei appeso solo manifesti allegri e colorati, il mondo sarebbe stato un posto migliore.

Poi sono cresciuta, a quella stessa stupida domanda ho iniziato a rispondere che sarei diventata un ingegnere; la ballerina evidentemente mi faceva proprio schifo. Mentre le altre bimbe giocavano a far la spesa, io vendevo travi e pilastri perché la casa va comprata a pezzi no? Beata ingenuità.

Sono cresciuta ancora e ho iniziato a rispondere con delle domande a quello stupido quesito.
Cosa vuoi fare da grande?
In cosa sono realmente brava? Cosa mi piace fare? Cosa mi farà trovare lavoro? Cosa mi aiuterà a trovare il mio posto nel mondo?

A 18 anni ho scelto quello che sarebbe stato il mio percorso universitario, non quello che sarei stata da grande. Volevo rendere il mondo bello e mi piacevano le case. Non avevo idea di quale sarebbe stato il mio posto nel mondo, ma a 18 anni ero piena di quella sicurezza e di quell’ambizione che mi donavano la certezza che qualunque fosse stato il mio posto, sarebbe stato bellissimo; a 18 anni ero ebbra della convinzione che il mio posto nel mondo non era stato ancora creato, lo avrei creato io a misura di me stessa.

La verità è che in una giornata come oggi, in una settimana come quella trascorsa, non riesco a non pensare che da bambina avevo capito tutto. L’attacchina dovevo fare. L’attacchina.

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