Pensieri Sparsi

✨Aᥣᥣ ყoᥙ ᥒᥱᥱd ιs ᥲ ρᥲssρort | L.A. 3.0✨


“Sogna, ragazzina. Sogna in grande. Sempre.”

Se potessi, anche solo per un momento, parlare con la me 14enne credo che non mi direi molto altro. Nessun grande spoiler sul futuro insomma, la sola consapevolezza che nessun sogno possa essere troppo grande per essere realizzato.

Quando nel 2011 ho messo per la prima volta piede sul suolo americano ricordo a pieno la sensazione di euforia mista ad un velo di malinconia: chissà se e quando avrei mai più rifatto un viaggio del genere. La me appena ventiseienne non avrebbe mai potuto immaginare quanto l’America sarebbe diventata vicina di li a pochi anni. Perché diciamocela tutta partire per la California per starci appena 4 giorni e mezzo così normale non credo possa essere [Si, sono consapevole del fatto che sono stata a Las Vegas il tempo di due concerti].

Insomma a sto giro avevo una scusa inattaccabile per apporre un altro timbro sul passaporto: il matrimonio di un’amica. Avrei potuto mai mancare?

Dopo aver passato metà anno a raccontare a Raimondo e tutto il mondo che ero stata invitata ad un matrimonio a Los Angeles insieme ad almeno un Backstreet Boys e a mentire all’altra metà del mondo affermando che ma figurati se ci saranno i Backstreet Boys anche se hanno un concerto proprio a Los Angeles il giorno dopo…avevo davvero possibilità di non salire su quell’altro?

La verità è che io quel rapporto l’ho visto nascere dall’inizio, lo avevo intuito anche quando le parole negavano l’evidenza, lo avevo osservato e capito anche quando avevo finto di ignorarlo; ero dall’altra parte del telefono quando l’ansia della proposta più importante della vita aveva sconvolto i piani della persona che meno al mondo avrei immaginato di scoprire così fragile. Potevo davvero non tenere fede all’affermazione il volo lo prendo a qualunque costo esso sia? {si ringrazia Alitalia per avermi messo veramente all prova}.

Vacanze, lavoro e vita si sono piegati al viaggio dell’anno: i 4 giorni in California.

Ok che poi in 4 giorni ci abbia infilato: 1 matrimonio, 2 concerti, 1 meet and greet ed un parco di divertimenti….si chiama capacità organizzative elevata.

Riuscire a partire a sto giro è stato ancor più complicato e problematico delle altre partenze di quest’anno, come se ogni volta staccare qualche giorno dalla quotidianità fosse una sfida contro l’intero universo; credo di aver lavorato fino a qualche istante prima di oltrepassare il gate e salire su quell’aereo che mi avrebbe imprigionata per oltre 13 ore {perché ovviamente è partito con oltre un’ora di ritardo}.

L’aperitivo easy sul terrazzino del favoloso appartamento di Hollywood in cui abbiamo soggiornato ha segnato il vero inizio della vacanza. Quando posso trasferirmi definitivamente in quel l’appartamento? Prima di subito, grazie.

Come in una sorta di pellegrinaggio {si, fa ridere anche a me questa cosa}, la prima tappa non poteva non essere la stella delle mie stelle. Nonostante non fosse la prima volta, è sempre divertente perdere tempo alla ricerca della nuova foto perfetta da condividere sui social.

E nonostante la stanchezza, dopo la cena prematrimoniale, potevamo non scattare qualche foto all’Urban Lamps del Lacma. Grazie Serena per averci fatto da fotografa.

Il giorno del matrimonio è stato un susseguirsi di ansie e frenesia; sia chiaro non siamo rinomate per la nostra puntualità e probabilmente anche le nostre capacità organizzative a sto giro erano proprio ai minimi storici perché altrimenti è difficile spiegare la folle decisione di iniziare a prepararci in sei all’una di pomeriggio dovendo essere fuori casa alle tre e mezza.

La verità è che nessuna di noi aveva voglia di rinunciare a scattare una foto instagrammabile della scritta Hollywood

…o a fare visita alla casa di Brenda e Brendon Walsh

…o ad accendere un lumino fuori la casa di Dylan McKay

…dovevamo pur celebrare il ritorno di Beverly Hills 90201 a modo nostro, o no?

Praticamente Mascia (salvando i nostri portafogli dall’unutile costosità della beauty americana) ha dovuto fare i salti mortali per renderci presentabili: ma che principesse spettacolari eravamo?

Tra il nostro tempismo alla Backstreet’s Time e il traffico di Los Angeles abbiamo rischiato di perdere la cerimonia; grazie al nostro essere fantasticamente italiane ce ne siamo fregate dal diniego dell’organizzatrice e abbiamo preso posto poco prima dell’ingresso degli sposi. Eravamo lì al loro ingresso, questo è quello che conta.

Assistere al matrimonio di un’amica è sempre un’esperienza estremamente emozionante; felicità mista ad una strana malinconia si fondono nell’anima al suono delle loro parole d’amore, il pensiero che quelle dolci promesse siano il preludio di un cambiamento a cui non sai se sei davvero abituata è difficile da tenere lontano. Eravamo salite su delle montagne russe emozionali ma nessuno di noi ancora ne aveva la consapevolezza, eppure l’uscita dei biglietti dall’afterparty che ci ha reso autistiche giusto alla fine della celebrazione doveva essere un buon indizio.

“Siamo le cugine delle sposo…”

“Uhmm…si, piacere…cazzo ma a voi è passata la carta?….oh si, i cugini…ma ci sarà Nick?…Silvia fai conversazione…oddio non ho letto quale Back ci sia…”

Il tempo di alleggerire le nostre carte di credito e siamo tornate ad essere le perfette invitate ad un matrimonio, nei nostri vestiti eleganti, i nostri bicchieri pieni e un sorriso in più. A differenza di quanto si possa pensare questo è stato il momento in cui il nostro stato di fans ha raggiunto il punto più altro del fansometro quella giornata; perché quanto te ne sbatti degli oltre 1000 euro del biglietto aereo per essere al matrimonio di una tua amica la presenza di uno dei Backstreet Boys alla cerimonia può solo accompagnare.

Abbiamo riso e abbiamo pianto, abbiamo brindato e cantato, ballato e brindato, fatto amicizia con gente improbabile che ci ha un po’ deriso quando i riflettori si sono accesi su di noi in quanto fans, ci siamo abbracciate e abbiamo brindato e lasciato che per una volta fosse lui a guardare noi (si ringrazia la madre della sposa per averci capito più di chiunque altro quella sera). Abbiamo celebrato la nostra amicizia vincendo l’imbarazzo di salire sul palco e, microfono alla mano, leggere il nostro discorso agli sposi; quel discorso che avevamo provato in strada mimando anche la gestualità ma che poi si è tramutato in pianto e parole biascicate (pessimo inglese per me).

Sfido chiunque a provare di evitare gli sguardi degli sposi per non piangere e trovarsi quello di un Backstreet Boys che ti fissa probabilmente cercando di capire in che lingua stai parlando, scegliere di guardare gli sposi e sentire il proprio sistema emozionale andare in crash. Una tragedia insomma.

Eppure ce l’abbiamo fatta…nonostante tutto.

Ed il giorno dopo eravamo pronte ad un altro giro di giostra per le nostre finanze: shopping, shopping e ancora shopping.

Inutile che fate quella faccia, non è mai abbastanza (e il tempo che mi viene concesso è sempre troppo poco).

Ora diciamoci la verità: sei a Los Angeles e di sera c’è un concerto dei Backstreet Boys, puoi non andarci? Ovviamente dopo aver fatto un giro all’inutile mostra a loro dedicata (se pensate che sia una pessima fan, non continuate a leggere il resto) ci siamo dirette allo Staples Center dove il momento più bello della serata è stato quello delle foto.

Perché tra l’afterparty cancellato a mezz’ora dal concerto e i posti fuori dal palazzetto la serata è stata un vero flop.

Ecco, qui devo fermarmi un attimo in questo mio racconto per una triste riflessione: i concerti dei Backstreet Boys visti dalla fanculonia delle tribune fanno schifo. Non mi sovviene un’altra espressione meno antipatica per descrivere le due ore di insofferenza vissute quella sera, meno male che almeno avevamo i Nachos…ma dico sul serio, sarà che eravamo davvero praticamente fuori dal palazzetto ma che roba terribile. Credo sia stata questa insofferenza e Uber che non riusciva a capire da quale lato della strada fossimo (si lo so eravamo noi a non capire lui) che, come se fossimo sotto effetto di qualche strana sostanza stupefacente, durante il tragitto verso casa non riuscivamo a smettere di ridere (siamo delle brutte persone).

La scelta di andare agli Universal Studios, anche se solo in tre, non è stata azzeccatissima per questo viaggio; tornare bambine anche solo per un giorno è stato terapeutico. Passeggiare per le strade di Springfield, abbracciare un Minion, visitare la scuola di Harry Potter e diventare dei teneri unicorni…tutto nella norma insomma.

Ho adorato ogni singolo momento, anche le file interminabili alla fine hanno avuto un loro perché tra pop corn e chiacchiere nessun minuto è andato sprecato.

Senza neanche accorgermene è arrivato il 5 Agosto: il giorno prima del ritorno a casa, il giorno dei primi saluti malinconici, il giorno delle grandi ansie…il giorno in cui finalmente Lo avrei davvero rivisto.

Se il tempo nuvoloso che ci ha accolto a Santa Monica ha rovinato le nostre favolose foto…

…il pranzo nuovamente tutte insieme da Bubba Gump ha riempito di sole i nostri animi.

Il di fondo però era quello di affrontare le nostre ansie, i nostri ritardi, il traffico maledetto di Los Angeles e la distanza da Anaheim. Un delirio. Scene di panico e paura che mi hanno fatto riscoprire una calma interiore che mai avrei immaginato di avere.

Senza neanche rendermene conto è arrivata l’ora X, quando il cuore batte così forte da sentirlo in gola e l’aria a fatica entra nei polmoni (secondo me era l’aria condizionata ad essere troppo forte ad attentare la mia salute).

Ogni volta è come se fosse la prima, la voce va via per qualche istante e alla solite domande di Josh arrivano sempre le solite risposte:

Come stai?

Non lo so.

Sei pronta.

Credo di no.

A sto giro era diverso; niente sorpresa dietro il paravento…semplicemente l’ansia di essere la prossima della fila.

Sbirciare per capire di che morte morire e incrociare il Tuo sguardo, la Tua espressione sorpresa, il Tuo affacciarti per guardare e capire meglio chi ci fosse dopo, le Tue smorfie da cretino. Non erano nella mia testa.

A sto giro erano invertiti, il primo ad accogliere il mio arrivo è stato Howie. Probabilmente è stata l’unica volta in cui l’ho davvero salutato in questo tour.

L’abbraccio di Kevin è stato volutamente lento, non ho idea di cosa mi abbia detto persa come ero a guardare le espressioni da idiota sul Tuo viso. Te la stavi preparando e non vedevi l’ora di fare il tuo show, possibile che fosse così palese sul tuo viso?

Italianoooooo!”

Lo hai urlato soddisfatto allargando le braccia per accogliermi in un abbraccio.

Ho riso come una cretina. Come non avevo mai fatto prima.

Bravoooo!!!”

La voce di Kevin mista a quella degli altri che mi facevano il verso era solo un brusio, il suono divertito della tua risata soddisfatta era melodia. Come quell’amico cretino a cui vuoi bene e non sai perché. A sto giro non ho dovuto chiedere come volessi la foto, hai fatto tutto TU. Non mi sono accorta di Justin che staccava perché hai deciso che il momento giusto per parlarmi all’orecchio fosse proprio quello.

Il sorriso che ho nella foto è la risposta migliore che potessi dare alle tue parole; sai sempre come ricordarmi che della ragazzina che aveva paura di essere invisibile al mondo adesso è rimasto ben poco. Mi hai guardato negli occhi e mi hai detto che rivedermi è sempre bello. Tu. A me. Il mondo funziona male, caro Carter.

E saranno frasi di circostanza, saranno i miei soldi che ti piace rivedere, sarà la mia espressione idiota che ti diverte, sarà che davvero ricordi cosa ci diciamo, sarà che sono il Tuo puntino tra la folla, sarà che ormai sai quanto mi fai bene…sarà che sei semplicemente perfetto e non potrei desiderare di più.

Il concerto è stato bellissimo. Non perfetto, non eravamo abbastanza vicine per esserlo, ma bellissimo. Sarà stato il vino che ho bevuto nella Lounge o le chiacchiere che hanno riempito l’attesa ma a sto giro la musica mi ha toccato l’anima. Ho pianto come se non ci fosse un domani, come non accadeva da tempo ad un loro concerto, come forse ne avevo bisogno.

Non so quanto avessi bisogno di aspettare oltre due ore che uscissero da quel palazzetto, maledetti!

Quando un viaggio giunge al termine è difficile non perdersi nei ricordi appena creati, è quasi impossibile non fermarsi e tirare le somme. Rendersi conto che è stato quasi tutto perfetto è la gioia più grande che ci possa raggiungere. Pensare che al pensiero della partenza non poche ansie avevano alloggiato nella tua testa.

È stata una folle corse fatta di troppe emozioni che neanche questo post chilometrico potrebbe mai contenere, è stato un riscoprirsi diverse e ritrovarsi unite sotto un cielo a stelle e strisce. È stato mettere a nudo i propri pensieri, condividere le proprie sensazioni più profonde di fronte ad una ipercalorica ciambella alle sei del mattino. Abbracciarsi e sentirsi vicine; riscoprirsi bambine e ritrovarsi donne.

“𝐷𝑜𝑣𝑒 𝑣𝑖 𝑠𝑖𝑒𝑡𝑒 𝑐𝑜𝑛𝑜𝑠𝑐𝑖𝑢𝑡𝑒?”

𝑄𝑢𝑎𝑛𝑡𝑒 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑒 𝑎𝑏𝑏𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑠𝑒𝑛𝑡𝑖𝑡𝑜 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑎 𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑑𝑎? 𝑄𝑢𝑎𝑛𝑡𝑒 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑒 𝑠𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑟𝑖𝑢𝑠𝑐𝑖𝑡𝑒 𝑎 𝑛𝑜𝑛 𝑝𝑒𝑟𝑑𝑒𝑟𝑐𝑖 𝑛𝑒𝑙 𝑣𝑖𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑒𝑖 𝑟𝑖𝑐𝑜𝑟𝑑𝑖 𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑎 𝑐𝘩𝑒 𝑢𝑛𝑎 𝑑𝑖 𝑛𝑜𝑖 𝑝𝑟𝑜𝑛𝑢𝑛𝑐𝑖𝑎𝑣𝑎 𝑙𝑎 𝑓𝑎𝑡𝑖𝑑𝑖𝑐𝑎 𝑓𝑟𝑎𝑠𝑒: “𝐴𝑑 𝑢𝑛 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑟𝑡𝑜.”

𝐶𝑖 𝑠𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑐𝑜𝑛𝑜𝑠𝑐𝑖𝑢𝑡𝑒 𝑖𝑛 𝑔𝑖𝑟𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑖𝑙 𝑚𝑜𝑛𝑑𝑜 𝑐𝑜𝑛 𝑔𝑙𝑖 𝑜𝑐𝑐𝘩𝑖 𝑝𝑖𝑒𝑛𝑖 𝑑𝑖 𝑔𝑖𝑜𝑖𝑎 𝑒 𝑙’𝑎𝑛𝑖𝑚𝑎 𝑝𝑖𝑒𝑛𝑎 𝑑𝑖 𝑎𝑛𝑠𝑖𝑎, 𝑎𝑚𝑖𝑐𝘩𝑒 𝑑𝑖 𝑎𝑚𝑖𝑐𝘩𝑒…𝑛𝑒𝑚𝑖𝑐𝘩𝑒 𝑑𝑖 𝑛𝑒𝑚𝑖𝑐𝘩𝑒…𝑒 𝑔𝑢𝑎𝑟𝑑𝑎𝑐𝑖 𝑞𝑢𝑖 𝑎𝑑𝑒𝑠𝑠𝑜.

𝑆𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑖𝑛𝑐𝑖𝑎𝑚𝑝𝑎𝑡𝑒 𝑙’𝑢𝑛𝑎 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑎𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑐𝑎𝑠𝑜, 𝑐𝑖 𝑠𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑡𝑒𝑛𝑢𝑡𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑚𝑎𝑛𝑜 𝑒 𝑎𝑏𝑏𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑡𝑜 𝑎 𝑐𝑎𝑚𝑚𝑖𝑛𝑎𝑟𝑒 𝑖𝑛𝑠𝑖𝑒𝑚𝑒.

Piccole stelle, grazie per questi fantastici ricordi.

Vi voglio bene 💛

4 pensieri riguardo “✨Aᥣᥣ ყoᥙ ᥒᥱᥱd ιs ᥲ ρᥲssρort | L.A. 3.0✨

  1. È stato qualcosa di cui ancora forse non mi rendo bene conto…tante, tantissime emozioni che si sono trasformate in una valle di lacrime, uno stress accumulato e tanto altre rogne che tu sai amica mia di cui finalmente (spero) mi sono liberata, e tutto ciò grazie a voi (e a loro)! Ti voglio bene patatozza!😘💕

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